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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il prezzo dell'inquinamento

Perché lo smog è una minaccia per la nostra salute e potrebbe non esistere una "soglia sicura"

Mentre gran parte della Penisola è alle prese con l'allarme smog, due studi americani lanciano un ulteriore allarme sui rischi per la salute in caso di esposizione prolungata

Sono giorni di smog record nelle città italiane. A soffrire maggiormente sono soprattutto le città della Val Padana, con un gruppo di cittadini milanesi che ha addirittura prospettato l'idea di una class action per i danni derivanti dall'esposizione prolungata. Secondo recenti studi le polveri sottili sono responsabili di 80mila morti l'anno in Italia. Una strage silenziosa di cui pochi si rendono conto.

L'aria inquinata che respiriamo è responsabile di disturbi cardiovascolari, patologie polmonari e tumori, in particolare ai polmoni, ma non solo. Può inoltre peggiorare il diabete e influire su molte patologie nervose come, ad esempio, la demenza senile. Ed è dannosa anche per i feti e per l'apparato riproduttivo maschile.

Oggi arrivano anche due nuovi studi americani, pubblicati sul British Medical Journal che lanciano un nuovo allarme: non esiste una soglia di esposizione nella quale sentirsi al sicuro. 

Cosa sono le particelle inquinanti e quali sono le sostanze a rischio 

La premessa è che dobbiamo familiarizzare con un’unità di misura che a molti di noi parrà aliena: il micrometro o micron. Il suo simbolo (µm) non è consueto per i non addetti ai lavori e, per essere scientificamente precisi, dobbiamo dire che un micron corrisponde a un milionesimo di metro. Per fare però esempi più concreti, basati sulla nostra esperienza di tutti i giorni, basta pensare che un nostro capello ha mediamente uno spessore che va dai 50 ai 70 µm, mentre quello di un granello di sabbia è all'incirca di 90.

Questa unità di misura è essenziale per capire cosa si intende per “particolato atmosferico”. Quando parliamo di polveri sottili o "particolato atmosferico" ci riferiamo a un pulviscolo invisibile composto da particelle solide e liquide così leggere da rimanere disseminate nell’atmosfera per tempi ragionevolmente lunghi. Più sono grandi, più tendono a depositarsi verso terra. Più sono piccole (e leggere) più tenderanno a rimanere sospese in aria.

L'acronimo Pm sta per “particulate matter” e il numero che segue indica la grandezza del loro diametro in micron. Le Pm10 hanno quindi un diametro pari o inferiore a dieci micron, un settimo dello spessore di un nostro capello. Nel caso delle Pm2.5 sarà invece pari o inferiore a 2.5 micron, quindi parliamo di particelle di 36 volte più di fini di un granello di sabbia. Sono le più pericolose perché possono penetrare agevolmente all'interno dei nostri alveoli polmonari, essere immesse nel nostro flusso sanguigno e dare problemi a più organi del nostro corpo. 

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Il pulviscolo atmosferico può essere originato da vari fattori, ma quello originato da attività umane è sicuramente prevalente all'interno dei nostri centri urbani. 

Nel particolato troviamo materiali come: solfati, nitrati ammoniaca, carbonio e metalli come zinco, piombo, cadmio, arsenico, mercurio e molti altri la cui esposizione eccessiva è ritenuta dannosa per la salute umana.

Ma esistono anche due gas, in particolare, da tenere sotto osservazione: il biossido di azoto (NO2)  e l'ozono (O3). Sono entrambi inquinanti secondari, si formano cioè per specifiche reazioni chimiche a partire da altri elementi. Il biossido di azoto, in particolare, viene prodotto essenzialmente dalle emissioni delle nostre autovetture alimentate a diesel e benzina.

Danni a cuore e polmoni: cosa dicono i nuovi studi americani

La buona notizia è che abbiamo dei limiti. La cattiva è che spesso vengono superati. L'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità, ha raccomandato che i livelli medi annuali di particolato Pm2,5 non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (μg/m3). Nell'arco delle 24 ore invece non dovrebbero essere superiori ai 15 μg/m3 per più di 3-4 giorni all'anno.

Nel corso di uno studio, pubblicato sul British Medical Journal, un gruppo di ricercatori americani ha collegato l'esposizione alle polveri sottili di 60 milioni di americani over 65 nel corso di 16 anni e i loro ricoveri ospedalieri. In particolare sono stati trovati maggiori rischi per sette tipi di patologie cardiovascolari: cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, aritmia, cardiopatia valvolare, aneurismi dell'aorta toracica e dell'aorta addominale. 

I ricoveri aumentavano alla soglia di esposizioni alle polveri sottili e si assottigliavano una volta rientrati all'interno dei limiti raccomandati dall'Oms. Ma gli scienziati hanno ammesso che l'effetto dell'esposizione perdura nel tempo e che le polveri sottili hanno un'influenza cronica sulla salute cardiovascolare. In particolare gli effetti di quanto inalato può persistere per ben tre anni nell'organismo, anche se si è cambiato luogo di residenza. 

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Un secondo studio, sempre proveniente da oltreoceano, lancia ulteriori ombre sull'esposizione a polveri sottili dal punto di vista polmonare. In particolare i ricercatori si sono concentrati sugli accessi al pronto soccorso di 50 milioni di adulti americani over-18 dal 2000 al 2016. In questo caso i ricercatori hanno notato che le esposizioni a polveri sottili, anche inferiori ai limiti indicati dall'Oms, provocava un aumento significativo dei ricoveri per patologie cardiache o polmonari. Numeri che, concludono i ricercatori, possono forse fornire uno spunto per aprire un dibattito sulla soglia attualmente stabilita di diffusione del particolato atmosferico. Una soglia che, a oggi, viene superata giornalmente da molte delle nostre città. 

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