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Lunedì, 29 Aprile 2024
Vaccini del futuro

Il futuro della medicina è nei vaccini ad acidi nucleici

Tumori, infezioni croniche come l'Hiv, rare malattie genetiche: dopo il successo ottenuto contro Covid, moltissimi i campi della medicina potrebbero presto essere rivoluzionati dall'arrivo dei nuovi vaccini ad acidi nucleici

Ci hanno traghettato attraverso le fasi più intense della pandemia. Ma in futuro i vaccini a mRna sono destinati a fare molto di più: sconfiggere virus sfuggenti come l'Hiv, rivoluzionare la lotta contro il cancro, fornire un'opzione terapeutica per rare malattie genetiche attualmente incurabili. L'utilizzo preventivo e terapeutico degli acidi nucleici, d'altronde, è in fase di studio da quasi tre decenni, e ora – lo hanno dimostrato i successi ottenuti contro Covid – le ricerche sembrano finalmente pronte a dare i frutti sperati. Ecco in che modo questi vaccini del futuro potrebbero potrebbero rivoluzionare nei prossimi anni il mondo della medicina. 

Acidi nucleici

L'idea di base tutto sommato è semplice. Il Dna è la molecola in cui sono codificate le informazioni con cui il nostro organismo sintetizza le proteine di cui ha bisogno, e l'Rna messaggero (o mRna) quella che le trasmette alle centrali di produzione delle cellule, dove vengono assemblate. Utilizzando a nostro vantaggio questi due acidi nucleici, quindi, è possibile far produrre qualunque proteina direttamente dalle cellule del nostro organismo. “Le proteine sono strumenti molto utili in medicina – ricorda Antonio Clavenna, farmacologo dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – Possono essere utilizzate per fornire agli anticorpi i bersagli che ci interessano, come nel caso dei vaccini sviluppati contro Covid, o per dotare le cellule di proteine che non sanno produrre, a causa magari di una grave malattia genetica. I primi tentativi in questo senso risalgono più o meno agli anni '90, ma si sono scontrati con diversi problemi che hanno richiesto decenni per essere risolti”. 

Inizialmente – spiega l'esperto – le ricerche in campo vaccinale si sono concentrate principalmente sul Dna. Una molecola piuttosto stabile, che può essere introdotta con facilità all'interno delle cellule umane. L'efficacia però non si è rivelata quella sperata, e nonostante decenni di sforzi da parte della comunità scientifica, attualmente nessun vaccino di questo tipo è stato ancora autorizzato per uso umano. Ne esistono comunque moltissimi in fase avanzata di sviluppo, che potrebbero vedere la luce già nei prossimi anni. 

Nel caso dell'Rna, invece, le ricerche sono iniziate in qualche modo in sordina: si tratta di una molecola che viene degradata molto velocemente all'interno del nostro corpo, e non era facile immaginare come portarla nelle cellule e poi fino all'interno dei ribosomi (gli organelli nei quali l'Rna messaggero, o mRna, viene tradotto per assemblare le proteine). “L'mRna sembrava meno promettente del Dna in campo vaccinale, ma negli anni sono state sviluppate nanoparticelle lipidiche che permettono di veicolarlo con successo all'interno delle cellule, e nuove tecniche per rendere la molecola più stabile, ottenere una produzione significativa di proteine e limitare le reazioni avverse – spiega Clavenna – e così negli ultimi 10 anni questa tecnologia ha iniziato a decollare, fino ad arrivare alle prime approvazioni di vaccini a mRna che abbiamo visto durante la pandemia di Covid 19. E con il successo che hanno avuto questi vaccini, ora è considerata un po' da tutti una tecnologia estremamente promettente”. 

Linfociti T

I vantaggi dei vaccini basati su acidi nucleici sono molteplici. Una volta identificato un antigene (una proteina del patogeno contro cui indirizzare la risposta del sistema immunitario) da utilizzare come target per la vaccinazione, produrre l'mRna o il Dna corrispondente è un processo semplice e veloce. Inoltre, visto che gli antigeni sono prodotti direttamente dal nostro organismo – e non introdotti dall'esterno in modo artificiale, come capita come i vaccini tradizionali – con i vaccini ad acidi nucleici è più facile indurre una risposta immunitaria che non si basa unicamente sulla produzione di anticorpi, ma capace di attivare anche con forza i linfociti T, un gruppo di cellule del nostro sistema immunitario che snidano, ed eliminano, le cellule infette o mal funzionanti. Per questo motivo, sono considerati particolarmente promettenti in due campi: la lotta alle infezioni croniche, e l'immunoterapia contro i tumori. 

Nel primo caso parliamo di malattie come l'Hiv, l'epatite B e C, o anche un più banale herpes, infezioni persistenti che si possono tenere a bada con terapie farmacologiche, ma che ad oggi è impossibile eliminare completamente dall'organismo dei pazienti. Attivando i linfociti T, i vaccini ad acidi nucleici potrebbero dare al nostro sistema immunitario quella marcia in più necessaria per identificare anche i più remoti reservoir virali, cioè le zone dell'organismo dove i virus si nascondono per sfuggire all'azione dei farmaci e del sistema immunitario, in attesa che le condizioni tornino favorevoli per riprendere la loro avanzata. In questo modo, potrebbero risultare più efficaci dei vaccini tradizionali nei confronti dei virus che tendono a produrre infezioni croniche. In effetti, i  vaccini a Dna e a mRna sono in fase avanzata di studio sia per l'immunizzazione contro l'Hiv, sia come strumenti immunoterapici per liberare definitivamente i pazienti dall'infezione

Lotta al cancro e terapia genica

Anche nel caso dei tumori la capacità di attivare i linfociti T dimostrata dai vaccini ad acidi nucleici potrebbe rivelarsi estremamente importante. Un tumore nasce infatti da una cellula del nostro organismo che muta, e inizia a replicarsi in modo anomalo. Solitamente, il sistema immunitario identifica immediatamente queste cellule neoplastiche, e i linfociti T provvedono ad eliminare il problema sul nascere. Se la cellula tumorale riesce invece a nascondere la propria presenza abbastanza a lungo, la situazione diventa velocemente incontrollabile e ha origine un tumore vero e proprio. Ripristinando la capacità dei linfociti T di riconoscere e attaccare le cellule tumorali, però, è possibile ribaltare la situazione, aiutando l'organismo a debellare l'invasore. 

“L'approccio è simile a quello utilizzato nei vaccini – spiega Clavenna – cioè far produrre alle cellule dell'organismo gli antigeni contro cui vogliamo indirizzare l'azione del sistema immunitario: in questo caso, quelli che identificano le cellule tumorali. In questo modo, è possibile potenziare la risposta immunitaria nei confronti della neoplasia, e migliorare l'efficacia delle terapie tradizionali. L'idea non è nuova, e negli ultimi 10 anni sono stati effettuati diversi studi clinici promettenti, soprattutto contro il melanoma e la leucemia”. I trial clinici in corso sono moltissimi, e visto che l'approvazione dei due vaccini a mRna contro Covid 19 ha spianato la strada all'utilizzo di queste nuove tecnologie, gli esperti si aspettano presto potrebbero vedere la luce anche le prime applicazioni oncologiche. Non a caso, una delle aziende più vicine all'obbiettivo è Moderna, che sta sperimentando le sue tecnologie a mRna contro il linfoma e i tumori solidi, con risultati che la farmaceutica definisce estremamente incoraggianti.

Un ultimo aspetto che vale citare è quello della cura delle malattie genetiche. Patologie che nascono da un difetto nel patrimonio genetico del malato, che impedisce alle sue cellule di produrre una o più proteine necessarie per rimanere in salute. Ripristinando la produzione delle proteine mancanti è possibile risolvere i sintomi di cui soffrono i pazienti, ed è proprio quello che permettono di fare i vaccini ad acidi nucleici. Nel caso dei vaccini a Dna, parliamo a ben vedere di terapia genica a tutti gli effetti: si reintroduce nel genoma delle cellule il gene mancante, e queste riprendono a funzionare normalmente. Diverse terapie di questo tipo sono già state approvate, e molte altre sono in dirittura d'arrivo nei prossimi anni. Utilizzando l'mRna non si modifica invece il patrimonio genetico delle cellule dei malati, e non si tratta quindi di una terapia genica in senso tradizionale. “Il limite dell'mRna nella cura delle malattie genetiche è che la sintesi proteica è temporanea – ricorda Clavenna – e quindi gli effetti del farmaco si hanno solo per un breve periodo dopo la somministrazione. Ma si tratta comunque di una strada interessante, che sta venendo studiata, ad esempio, per la cura della fibrosi cistica”.

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