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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'accusa

"Riciclare non è una soluzione" e l'industria della plastica lo sa da decenni

L'accusa in un rapporto del Center for Climate Integrity: per quasi 40 anni l'industria petrolchimica ha promosso il riciclo come soluzione al problema dei rifiuti di plastica, anche se le aziende sapevano che non è conveniente né efficace

La plastica ormai è ovunque. Nel suolo, nell’acqua di mari e oceani, e persino nel nostro corpo: secondo alcune stime recenti, mangiamo e respiriamo microplastiche che equivalgono per peso e dimensione a una carta di credito ogni settimana. L’alternativa è chiara, per chi si interessa di ambiente e sostenibilità: bandire le plastiche monouso, e puntare su contenitori, oggetti e imballaggi riutilizzabili, o biodegradabili. Questo perché anche con le migliori intenzioni, riciclare la plastica è un processo complesso, costoso, inefficiente, e assolutamente non circolare: in nessun caso, infatti, i prodotti in plastica possono essere riciclati più di una manciata di volte, prima di degradare al punto da risultare inutilizzabili. 

A oggi, la plastica che viene effettivamente riciclata in Europa è appena il 30% di quella che viene gettata via. Eppure da decenni compriamo prodotti di ogni tipo che ci vengono venduti come riciclabili. Ci impegniamo a buttare contenitori e oggetti di plastica negli appositi cassonetti. E veniamo bombardati da pubblicità e campagne di sensibilizzazione sull’importanza del riciclo della plastica. Come mai? Stando a un report dell’organizzazione ambientalista Center for Climate Integrity, la spiegazione è semplice: da circa 40 anni, scientemente, i big dell’industria petrolchimica utilizzano il tema del riciclo per fare green washing sui prodotti in plastica usa e getta. 

I problemi del riciclo

È chiaro che riciclare è sempre meglio rispetto a produrre qualcosa da zero. Ma per considerarla una strategia sostenibile sul lungo periodo, deve avere alcune caratteristiche: essere conveniente sul piano economico, non inquinante, e ripetibile più o meno all’infinito. Se d’altronde nessuno utilizza le materie prime riciclate, perché poco convenienti sul piano dei costi, la fatica è inutile. Idem se il processo di riciclo inquina più di quello di produzione ex-novo. O se si può ripetere un numero ridotto di volte: in questo caso è meglio di niente, ma il risultato è comunque quello di produrre dei rifiuti da smaltire in discarica dopo un certo numero di cicli di riciclo. Nel caso della plastica, riciclare non è un processo particolarmente inquinante (anche se richiede comunque energia e/o l’utilizzo di agenti chimici potenzialmente dannosi), ma ha problemi sul piano dei costi e della ripetibilità. 

Per iniziare, esistono decine di materie plastiche differenti nei prodotti che gettiamo ogni giorno. Non tutte sono riciclabili, ognuna va processata separatamente e con risultati molto diversi. Praticamente solo due materiali, polietilene tereftalato (Pet) e polietilene ad alta densità (Hdpe), hanno un mercato reale nel campo della plastica riciclata, perché si trasformano in materiali con proprietà paragonabili a quelle dell’originale. Ma anche in questo caso, il processo di riciclo (che solitamente prevede la fusione dei rifiuti e la produzione di pellet con cui costruire nuovi oggetti) degrada la plastica impedendo di riprodurle all’infinito. Difficilmente – insomma – riciclare la plastica può creare un mercato circolare, come quello del vetro o della carta: quel che può fare, al più, è prolungare il ciclo vitale di questi prodotti, prima dell’inevitabile finale, in discarica o negli inceneritori. 

Europa

Guardando al mercato europeo, ad esempio, secondo le stime di Zero Waste Europe nel 2022 il tasso di riciclo delle bottiglie in Pet (il comparto in cui il riciclo della plastica è più maturo e efficace) è pari al 50%, ma di questa plastica riciclata solo il 31% finisce per essere riutilizzata nella produzione di bottiglie, mentre il rimanente finisce all’interno di altre filiere (vassoi, imballaggi, ecc…) che hanno un tasso di riciclo molto più contenuto, ed è quindi destinato a finire quasi certamente in discarica. In assoluto, le probabilità che una bottiglia di plastica finisca per essere riciclata per diventare una nuova bottiglia sono circa del 30%. E parliamo, come dicevamo, del comparto più sviluppato. 

Questo non vuol dire ovviamente che riciclare le bottiglie sia sbagliato, o che non si possano migliorare i processi di raccolta e le filiere della plastica europea (come si sta effettivamente facendo) per ottimizzare il tasso di riciclo. Ma allo stesso tempo, i dati dimostrano che la plastica riciclata sia ancora ben lontana dal rappresentare un’alternativa realistica alla produzione di plastica vergine, almeno nell’attuale modello di produzione e consumo di plastica usa e getta. Ed è importante ricordare, a questo proposito, che senza cambiamenti nel 2050 la produzione di plastica, che ha continuato a crescere costantemente negli ultimi 50 anni e supera ormai i 400 milioni di tonnellate annue, potrebbe produrre tra il 15 e il 30% delle emissioni compatibili con il mantenimento del riscaldamento globale entro il grado mezzo sopra i livelli pre-industriali.

Il rapporto

Il mercato della plastica, insomma, è più vitale che mai, nonostante sia sotto scrutinio ormai da decenni per gli impatti ambientali che hanno i rifiuti plastici e le emissioni di CO2 causate dalla loro produzione. L’accusa contenuta nel rapporto del Center for Climate Integrity è che le grandi aziende petrolchimiche, come Exxon Mobil (primo produttore di polimeri al mondo) hanno sfruttato e promosso l’idea che riciclare la plastica potesse rappresentare una soluzione al problema, pur consapevoli che nella realtà le cose fossero ben diverse. Il rapporto ripercorre la storia della plastica commerciale utilizzando documenti riservati delle aziende e altre fonti privilegiate portate alla luce negli ultimi anni. A partire dal 1950, quando sarebbe nata l’idea di produrre oggetti di plastica usa e getta per ampliare il mercato, agli anni ‘70 e ‘80 quando i rifiuti di plastica nelle discariche iniziarono a rappresentare un problema, e iniziò a farsi strada l’idea del riciclo. Un’idea che venne promossa dalle aziende pretrolchimiche americane, riunite in quella che oggi si chiama Plastic Industry Association, come soluzione al problema dell’accumulo di rifiuti solidi, ma che non convinceva gli stessi membri dell’associazione. 

Nel 1986, ad esempio, un rapporto interno del Vynil Institute (organizzazione che riunisce i produttori di vinile) asseriva che “Il riciclo non può essere considerata una soluzione permanente al problema dei rifiuti solidi, perché non fa che prolungare il tempo che passa prima che un oggetto debba essere smaltito”. Dello stesso tenore, un intervento del direttore dell’istituto nel corso di una conferenza, citato nel rapporto del Center for Climate Integrity: “Riciclare non può essere fatto indefinitamente – avrebbe asserito – e non risolve il problema dei rifiuti solidi”. 

Ancora nel 1994, un rappresentate dell’azienda americana Eastma Chemical intervenendo a una conferenza riguardo alla necessità di migliori infrastrutture per il riciclo della plastica, asseriva: “Forse un giorno tutto questo potrebbe diventare realtà, ma è più probabile che ci sveglieremo e capiremo che non sarà il riciclo a portarci fuori dal problema dei rifiuti solidi”. Attraverso queste, e molte altre, testimonianze, il rapporto segue quella che i suoi autori definiscono un’autentica truffa fino ai giorni nostri, concludendo che per oltre 30 anni le aziende produttrici di materiali plastici hanno sfruttato l’idea del riciclo della plastica per allontanare le critiche crescenti della società civile, proponendo una falsa soluzione che loro – in primis – sapevano non essere definitiva. 

Chiamata in causa da un articolo del quotidiano britannico The Guardian, la Plastic Industry Association ha rimandato le accuse al mittente, asserendo che si tratta di messaggi ingannevoli lanciati da attivisti che utilizzano informazioni false e datate. Che si trattasse o meno di una cortina di fumo – comunque – è innegabile che in più di 40 anni i progressi fatti nel campo del riciclo della plastica non sono stati certamente quelli sperati, e che il mercato della plastica riciclata – se pur in crescita – non ha intaccato la produzione di nuova plastica vergine, né arginato in alcun modo il problema dei rifiuti. E che quindi – probabilmente – è tempo di puntare con più forza alla riduzione dei consumi di plastica usa e getta, come sta facendo in questi anni l’Unione Europea. 

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