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Sabato, 27 Aprile 2024
trapianti / Roma

Trapiantato il primo "cuore in scatola"

Il dispositivo permette di conservare il cuore vivo, e battente, all’interno di una scatola sterile, in modo da percorrere distanze più lunghe di quelle possibili con i metodi tradizionali

È una prima volta per il Lazio e tutto il Centro-Sud della penisola: all'ospedale San Camillo Forlanini di Roma è stato eseguito con successo un trapianto effettuato con un “cuore in scatola”. O meglio, utilizzando un sistema di trasporto associato a perfusione noto come OCS (Organ Care System), che permette di conservare il cuore vivo e battente in una scatola sterile, consentendo di percorrere tragitti lunghi anche oltre le 6 ore, tempo massimo di conservazione extracorporea del cuore con le tecniche tradizionali a freddo.

In questo modo l’equipe di Cardiochirurgia guidata da Federico Ranocchi ha potuto utilizzare un organo donato a Lecce, impiantandolo con successo nella struttura romana. E ora l’obiettivo, possibile grazie all’uso della tecnica OCS, è quello di aumentare circa del 20, 30% il numero di trapianti effettuati ogni anno, avendo a disposizione una platea più ampia di possibili donatori. 

L’ OCS – Organ Care System – è una tecnica, nata negli Stati Uniti, che permette all’organo destinato al trapianto di sopportare, senza deperimento, tempi di trasporto più lunghi di quelli possibili con i metodi tradizionali, in cui gli organi vengono conservati in piccoli frigoriferi portatili per un periodo non superiore alle 4-6 ore. 

Il sistema OCS è composto da una piccola scatola sterile, a temperatura controllata, al cui interno viene posizionato il cuore dopo essere stato espiantato. L’organo viene quindi collegato a un sistema di perfusione e ossigenazione e ad alcuni elettrodi, che permettono al “cuore in scatola” di tornare a battere come farebbe all’interno del corpo umano. Il cuore battente all’interno dell’OCS può quindi essere valutato dal punto di vista strumentale e biochimico, attraverso esami come ecocardiogramma e coronarografia. 

Grazie a questa tecnica, non solo si rende possibile il prelievo di organi in luoghi lontani e poco collegati dalla rete di trasporto: la riperfusione permette una vera e propria rigenerazione dell’organo e una valutazione della sua efficienza prima del trapianto, e così amplia quindi anche la quantità di organi idonei all’impianto. 

“Il San Camillo ha una importante tradizione nell’ambito della Cardiochirurgia, e anche in questo la professionalità e la competenza dei nostri medici e di tutto il personale sanitario ha permesso di raggiungere un risultato straordinario, sperimentando una tecnica articolata e difficile”, ha commentato il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Narciso Mostarda. “Dall’inizio del 2023 l’equipe di Cardiochirurgia San Camillo ha eseguito 12 trapianti di cuore, confermando un trend in costante crescita”.

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