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Sabato, 27 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

L'esonero di Allegri è inevitabile (e alla Juventus conviene fare in fretta)

La Juventus affonda, Massimiliano Allegri per adesso resta aggrappato al relitto. Nessun allenatore nei 125 anni di storia della "Vecchia Signora" è sopravvissuto a sconfitte e partite così vuote come le ultime del livornese. Il match di ieri al Brianteo di Monza è il punto più basso degli ultimi quindici anni di storia bianconera. Bisogna forse riandare alla mitologica partita di Rimini, nell'anno di serie B, per trovare un ambiente così depresso. 

Se Allegri resta in sella solo perché guadagna come un petroliere, il futuro è buio, come andar di notte. Quanto hanno fatto "male" ad Allegri i due anni di stop 2019-21 prima di tornare alla Juventus: se ne parla, mi sembra, troppo poco. In un'intervista a GQ Italia disse: "Alla fine mi servivano: ne ho fatti diciotto da giocatore e sedici da allenatore senza mai fermarmi". C'è stato il Covid, ok. Tutto fermo per mesi. Ma poi il calcio è tornato. E Allegri? “Quando ero fermo, più che altro andavo a vedere ogni tanto i miei amici che allenano a livello dilettantistico, mi divertivo così. Poi ovviamente guardavo un po’ di partite quando mi capitava, non ero ossessionato". E ancora: “Mi sono dedicato un po’ al tennis, ho letto, fatto cose mie". Questo è quanto. Ovviamente avrà fatto anche altro. Ma non sembra il profilo di un allenatore che ritenesse necessario aggiornare i suoi metodi di lavoro e studiare i colleghi di altissimo livello. Se ti fermi sei fottuto, vale per tante professioni, nel calcio di élite più che altrove. Segue il calcio, Allegri, lo guarda in tv? Manco quello! "Più che altro ci sono delle partite che mi appassionano. A marzo ho guardato Real Madrid-Paris Saint-Germain e l’ho trovata una partita fantastica; mi sono veramente emozionato a vederla. Perché ci sono state delle giocate tecniche di giocatori di assoluto valore, è stata la dimostrazione che i campioni la differenza la fanno nel carattere, nell’orgoglio, vedi Modric e Benzema. Sono stati meravigliosi”.

Questo è l'Allegri pensiero, prendere o lasciare. Sulla capacità di gestire squadre rodate, è senza rivali o quasi. Ma se devi costruirla, la squadra, vade retro. A un allenatore che, comunque la si pensi, ha vinto 5 scudetti a Torino e ti ha portato due volte in finale di Champions, nella situazione attuale dici “grazie e arrivederci”, se sei la Juventus. Punto. Tutto il resto è folklore. Quando Marcello Lippi, l'allenatore che rifece grande la Signora dopo gli anni neri a cavallo tra gli '80 e i '90, si rese conto di non avere più la situazione sotto controllo, si fece da parte, con dimissioni accettate in fretta dalla società. Era un gelido 7 febbraio 1999. Al termine di una imbarazzante sconfitta in casa con il Parma, Lippi, davanti ai microfoni, nella "pancia" del vecchio stadio Delle Alpi, fu lapidario: "Se il problema di questa squadra sono io, allora me ne vado". Anche all'epoca gli alibi non mancavano, la squadra era senza Del Piero, gravemente infortunato e out per tutta la stagione, e con altri elementi importanti indisponibili (proprio come oggi). Ma appariva chiaro che ci si era infilati in un vicolo cieco e si poteva ripartire solo con un'altra guida tecnica. Toccò a Carletto Ancelotti. Anche stavolta l'addio all'allenatore appare inevitabile: se non sarà lui a dimettersi presto, tanto vale che sia il club a muoversi in fretta. Anche perché uno o due anni senza Champions League rischiano di costare più cari alle casse degli Agnelli che lo stipendio da 7 milioni annui fino al 2025 dovuto al tecnico livornese.

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P.S. Ma davvero qualcuno pensava che Angel Di Maria a 35 anni con l’ultimo mondiale della carriera (e ultimo di Leo Messi) in mezzo alla stagione avesse scelto Torino perché affascinato dal progetto tecnico? Una manciata di partite vere a ottobre per trovare ritmo partita, vuole quello e lo avrà. Cercasi Juventus disperatamente, in campo e fuori.

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