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Domenica, 28 Aprile 2024

Donatella Polito

Giornalista

(Es)senza Raffaella Carrà

Senza Raffaella. Da oggi senza la Carrà. O forse no, forse è proprio da oggi che Raffaella è davvero per sempre. Mito, icona, è tornata nella dimensione leggendaria propria degli eterni da cui era arrivata 78 anni fa, nello spazio ideale riservato ai pochi davvero capaci di vivere una vita intera destinata alla storia collettiva.

Ma ora? Ma ora, qui, che si fa? Come lei nessuno mai, come lei nessuno più, dannazione. E valla a spiegare Raffaella Carrà, vai a raccontarla l’essenza di un’esistenza che ha reso arte l’allegria, il sorriso mezzo di comunicazione, il mondo della tv spettacolo vero, alle generazioni che oggi ballano la versione remix di ‘A far l’amore comincia tu’ ignorando la potenza di un testo che, nel 1976, era avanguardia.

"Se lui ti porta su un letto vuoto
Il vuoto daglielo indietro a lui
Fagli vedere che non è un gioco
Fagli capire quello che vuoi"

“Scoppia scoppia… mi scoppia il cuor”, cantava allora la Raffa, magari ignorando quanto 45 anni dopo sarebbe stata lei stessa causa del deflagrare di quei cuori allietati dal suo buonumore e all’improvviso sperduti, privati di un riferimento. Cos’è stata Raffaella Carrà è un’impresa dirlo, ma è doveroso almeno tentare, per omaggiare la grandezza di una donna che, poi in fondo, non è morta mica.

Chi ha vissuto così, resta. Eccome se resta.

L’ombelico d’Italia e la rivoluzione del costume

Era il 1970 quando la pancia scoperta da Raffaella Carrà a Canzonissima fece strabuzzare gli occhi dei moralisti terrorizzati dalla sfacciata ostentazione. Anche il Vaticano si mosse creando accessi dibattiti sull’inopportunità di tanta ‘insolenza’ e delle toccatine ‘Tuca Tuca’ portate sotto gli occhi di una Nazione così poco abituata alla possibilità di una nuova rivoluzionaria femminilità. Subito il suo divenne l’ombelico d’Italia, di una nuova Italia, e quegli abiti mai banali, studiatissimi fino all’ultima paillette, si fecero breccia di un’emancipazione che mai si sarebbe arrestata.

“Indossavo costumi impensabili, con umorismo direi. Erano anche comodi, per poter ballare” raccontò in un intervista a S Moda, nel 2017. Già, l’umorismo: era quella la chiave. Perché nonostante quegli scandalosi centimetri di pelle gioiosamente esibiti, mai fu volgare Raffaella, mai provocante, mai tendente a una malizia che rendesse l’uomo preda e lei cacciatrice. Donna semplicemente soggetto, insomma, individuo pensante in una società ancora maschiocentrica, parte attiva di una relazione a due e, come tale, capace anche di decidere se e dove toccare il corpo maschile, se permettergli di farsi accarezzare allo stesso modo.

I designer che l’hanno accompagnata durante tutta la sua carriera disegnando per lei gli abiti di scena sono stati Corrado Colabucci durante la presentazione di Milleluci, il sarto Gabriele Mayer e il costumista Luca Sabatelli. “Come una star internazionale ha mantenuto fedelmente la sua immagine fuori dalla moda” si legge nel sito di quest’ultimo: “Cosa potrei dire di più? La Carrà è la Carrà”.

Raffaella Carrà, addio all'icona della tv

Il senso di genitorialità che va oltre l’evento biologico

Raffaella Carrà non aveva potuto avere figli, eppure era madre lo stesso di centinaia di bambini adottati a distanza in diverse parti del mondo. "Se non sono venuti cosa devo fare? Non mi sono mai accanita e ho accettato quello che madre natura ha scelto per me. La dimensione genitoriale, in fondo, si può vivere in tanti modi" disse affrontando il delicato argomento che lasciava emergere un prezioso concetto di maternità non limitato a un evento biologico che passa necessariamente attraverso gravidanza e parto. "Io, per esempio, non ho mai smesso di adottare bimbi a distanza. Ogni anno mi arrivano le loro foto e vederli crescere mi rende felice. E poi ho due nipoti dei quali mi occupo e ai quali faccio da ‘babbo’ visto che mio fratello non c’è più". Mamma si sentiva anche per le figlie di Gianni Boncompagni, suo storico ex compagno con cui era rimasta in ottimi rapporti anche dopo la fine della loro relazione, proprio come con Sergio Japino: che si può restare amici dei propri ex compagni, anche questo ci ha insegnato Raffaella.

Giovane dentro e fuori

E anche, soprattutto, che si può restare giovani per sempre, se solo si fa in modo che la gioia sia il filo conduttore di ogni giorno della propria vita: anche a questo ci ha educato Raffaella Carrà. La sua partecipazione al Festival di Sanremo nel 2014 resta una delle pietre miliari di una carriera immensa: aveva 70 anni e sul palco, ancora una volta, salì per far capire cosa significasse essere la Carrà.

“Che cosa ti vorresti sentir dire?” le chiese una volta Mara Venier in un’intervista. “Guarda tu ‘sta Carrà… È riuscita a emozionarmi un’altra volta….” rispose lei.

Ancora Raffaella, ancora.

Grazie.

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