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Lunedì, 29 Aprile 2024
Risparmio green

"Così abbiamo quasi azzerato le bollette": la rivoluzione verde che (finora) la politica ha frenato

C'è luce verde da Bruxelles al decreto italiano sulle comunità energetiche, ma la burocrazia frena ancora la corsa alla transizione. Eppure sindaci coraggiosi, nonostante i ritardi, sono riusciti a fare risparmiare i propri cittadini puntando sull'energia pulita

Silvano Arru ha 57 anni e da 12 è il sindaco di Borutta, uno dei tanti paesi dell'entroterra sardo a rischio spopolamento. Ha scelto di tornare a vivere in un borgo abitato da più di 200 abitanti con un compito: proiettare il paese dei suoi genitori nel futuro. "La maggior parte della nostra terra è destinata a spopolarsi in 60 anni se non si inverte il trend - racconta a Today.it - noi abbiamo cercato di creare qualcosa che potesse frenare questa tendenza. Lo abbiamo individuato in un vantaggio di tipo economico per le coppie che vogliono spostarsi nel nostro comune e per gli attuali residenti". L'idea è quella di non fare pagare la bolletta a chi abita nel paese e di rendere Borutta un paese "green". Ma la storia del piccolo paese è anche un simbolo del ritardo che l'Italia sta accumulando nella transizione ecologica e nel risparmio energetico.

L'obiettivo dello zero in bolletta contro lo spopolamento 

La prima idea è stata quella di costruire una pala eolica: "Volevamo produrre energia verde da vendere all’Enel e utilizzare i proventi per azzerare le bollette dei cittadini, ma le autorizzazioni hanno tardato così tanto che l’incentivo si è abbassato e non è stato più conveniente" ci spiega il sindaco. La seconda idea è invece quella vincente. L'amministrazione decide di puntare sul fotovoltaico. L'investimento per comprare e installare i pannelli è pubblico, ma aderiscono anche investitori privati: Borutta diventa un paese attraente sui cui alcune aziende puntano i riflettori.

"Sulle comunità energetiche siamo in ritardo: la vera sperimentazione deve ancora partire"

La scommessa riesce: i pannelli installati riescono a garantire l'autosufficienza energetica per tutte le strutture pubbliche attraverso una smart grid, una rete elettrica dotata di sensori intelligenti che raccolgono le informazioni e ottimizzano la distribuzione dell'energia. L'elettricità prodotta, ad esempio, viene convogliata e distribuita dove serve: dalla biblioteca al campo di calcetto. La bolletta del comune è praticamente quasi azzerata e i risparmi sono notevoli. Il tesoretto viene tutto reinvestito in energia pulita e "opere green". 

BORUTTA_social

Ora si vorrebbe estendere questi vantaggi ai cittadini, ma la volontà si scontra, ancora una volta, con ritardi della politica che rendono inevitabile l'attesa: "Il secondo asse del nostro progetto è quello della creazione di una comunità energetica vera e propria con la quale estendere il risparmio anche ai cittadini. Un progetto che va purtroppo a rilento: stiamo aspettando che venga emanato il decreto attuativo che dovrebbe determinare i nuovi incentivi" ammette il sindaco. 

E il paese sardo non è l'unico ad aspettarlo. Il decreto ministeriale che dovrebbe mettere un punto alla fase sperimentale e permettere la creazione di comunità energetiche più estese ha ottenuto il via libera da Bruxelles lo scorso mercoledì 22 novembre. Ad oggi è una premessa essenziale per permetterci di risparmiare sulle bollette e avvicinarci a una transizione ecologica ormai inevitabile. Comunità e imprese lo attendono da quasi un anno e mezzo. Ma ad oggi, malgrado gli annunci, non esiste ancora nessun decreto attuativo. 

Perché per avviare la rivoluzione serve un decreto attuativo

La prima parola da ricordare è "comunità". Le comunità energetiche rinnovabili sono un insieme di persone che vivono sullo stesso territorio e decidono di condividere energia rinnovabile e pulita. La seconda è più difficile: "cabina". L'ossatura elettrica nazionale è costituita da elettrodotti e da due diversi punti di connessione e smistamento dell'energia: le cabine primarie e quelle secondarie. La cabina primaria è un nodo che riceve elettricità dalle linee in alta tensione della rete di trasmissione nazionale. Funge da trasformatore: l'energia viene portata a media tensione e poi viene nuovamente trasformata in bassa tensione dalle cabine secondarie. A questo punto può entrare nelle nostre case. L'insieme di cabine secondarie sono quindi sotto-insiemi della rete originata dalla singola cabina primaria. 

Comunità energetiche contro il caro bollette: quanto si risparmia

Secondo la normativa sperimentale, in vigore fino a oggi, una comunità energetica può svilupparsi solo nel perimetro definito dalla cabina secondaria. Per estendere la sua estensione bisogna utilizzare invece l'area coperta dalle cabine primarie: è l'oggetto del decreto approvato da Bruxelles che aziende e comuni attendono ormai da mesi. È il punto di partenza essenziale per trasformare le tante esperienze pionieristiche diffuse sul territorio in realtà vere e proprie. Nella bozza di decreto si prevedono anche incentivi (fino al 40%) per la costruzione di impianti a energia rinnovabile e altri per la condivisione di energia (già presenti anche nella normativa sperimentale adottata fino ad oggi). 

Il governo parla di passo storico e di Italia all'avanguardia sulle rinnovabili. "In realtà siamo stati i primi nel recepimento della sperimentazione, ma paesi come Spagna, Germania o Inghilterra ci hanno superato da tempo. Alle parole gli altri hanno fatto seguire azioni concrete, noi aspettiamo questa norma da mesi - osserva Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, che aggiunge - adesso aspettiamo il decreto attuativo che, a oggi, ancora non è pubblicato. E vediamo se la bozza sarà confermata". 

Ma, mentre si aspetta la burocrazia, società civile e imprese sono andate avanti. Con risultati che, anche in termine di risparmio, fanno scuola.

Dove l'abbattimento del costo della bolletta è già realtà 

Più che di comunità energetica, a Pinerolo preferiscono parlare di "autoconsumo collettivo". Eppure qui, nel 2021, è partita una piccola rivoluzione. È stato inaugurata quella che si può metaforicamente definire la prima comunità energetica condominiale italiana. Un intero condominio è stato reso autosufficiente rispetto ai consumi energetici. Grazie a quanto prodotto dall'installazione di pannelli fotovoltaici e impianti solari termici si è arrivato a produrre il 90% dell'energia consumata, con un risparmio in bolletta che arriva fino al 70%. 

Il progetto è stato realizzato dall'Acea Pinerolese, società pubblica piemontese che ha di fatto installato i panelli, reso efficienti gli edifici dal punto di vista energetico e utilizzato delle pompe di calore che sfruttano l'energia termica per riscaldare l'acqua e le abitazioni. L'energia prodotta viene "scambiata" tra tutti gli inquilini e questa condivisione è premiata con un incentivo che va, nuovamente, ad alleggerire il peso della bolletta. 

L'EDIFICIO DI PINEROLO, PRIMO AUCONSUMATORE COLLETTIVO CONDOMINIALE D'ITALIA (1)

Ed è già un modello: quest'anno la società piemontese ha già realizzato altri progetti simili in 30 condomini del torinese. E punta, appena uscirà il decreto attuativo, ad avviare la comunità energetica della Val Pellice, costituitasi nel giugno di quest'anno. La Cer (acronimo che sta per comunità energetica rinnovabile) coprirà un territorio di 11 comuni, abitato da oltre 37.000 abitanti e una superficie complessiva molto vasta. Un esempio di cosa potranno assomigliare le comunità energetiche propriamente dette, appena verrà sbloccato il decreto.

"È un progetto interessante perché unirà due comunità religiose, la cattolica e la valdese - spiega Daniele Bessone, responsabile relazioni esterne di Acea Pinerolese - Inoltre verrà realizzata in un'area industriale dismessa che oltre a essere un polo energetico mira a diventare un vero e proprio centro di aggregazione. Abbiamo in progetto di costruire un campo di padel indoor, ma è solo l'inizio". E i vantaggi saranno tangibili per tutti, soprattutto in termini di abbattimento del costo delle bollette. 

"Siamo i Robin Hood dell'energia: così abbiamo creato la prima Cer solidale" 

Dell'abbassamento del costo delle bollette a favore dei più fragili, il comune calabrese di San Nicola da Crissa ne ha fatto quasi una bandiera. "Ci sentiamo dei Robin Hood dell’energia, erodiamo un po' di profitti alle multinazionali dell'energia e cerchiamo di distribuirli ai più poveri e creare comunità" spiega a Today.it, il sindaco Giuseppe Condello. Un borgo di mille abitanti nel cuore dell'entroterra calabrese: qui è nato uno dei primi progetti di comunità energetica solidale del nostro paese. Viene realizzato installando un impianto fotovoltaico sui tetti della scuola materna del paese: così ne viene garantita l'autosufficienza energetica. L'energia in eccesso prodotta dall'impianto viene invece condivisa con 34 famiglie che vivono nelle case popolari vicine. 

SAN_NICOLA_DA_CRISSA

"A fine anno riusciremo a garantire tra i 100 e 150 euro a famiglia: sono gli incentivi per la condivisione che noi doniamo interamente a loro - spiega Condello -. Abbiamo realizzato una smart grid per capire quando l’impianto sta producendo in eccesso e l’energia viene messa in rete, il beneficio è maggiore di quello di vendere l’energia direttamente all’Enel. Per il comune è un risparmio totale, per i cittadini parziale e c’è anche un bonus che viene redistribuito". Un modello ispirato direttamente a quanto già realizzato a Napoli: dove una comunità energetica solidale sostenuta da Fondazione per il Sud e creata grazie alla Legambiente e alla fondazione "Famiglia di Maria" garantisce un risparmio in bolletta del 25% per almeno 40 famiglie.

Se la burocrazia e la politica frena il cambiamento 

Esperienze che indicano come la società civile e i piccoli comuni abbiamo saputo attivarsi nonostante le difficoltà amministrative. Ma la corsa alle rinnovabili in Italia è (quasi) ferma da più di 10 anni. Si passa da quasi 11 giga watt di nuove installazioni per rinnovabili del 2011 fino a un numero decisamente esiguo di quelle degli ultimi anni. Da paese all'avanguardia rischiamo ora di diventare un vero e proprio fanalino di coda, nonostante l'inversione del trend di questi ultimi due anni. Le ragioni le riassume Katiuscia Eroe: "Non c’è nessuna volontà di orientarsi verso le rinnovabili, con il Governo Meloni questo trend è diventato palesemente evidente. Stiamo facendo una corsa al gas visto come unica risorsa per dare al paese stabilità" spiega la responsabile energia di Legambiente. 

Ma i problemi sono anche (e soprattutto) normativi e burocratici: "Non c’è nessuna normativa che favorisce la partecipazione dei territori, né una strategia per semplificare i processi autorizzativi, oggi ce ne sono tredici. Di questi, undici sono in capo alle regioni che fanno fatica per mancanza di personale e spesso ostacolano le nuove installazioni per ragioni ideologiche - aggiunge Eroe - Penso, ad esempio, alla campagna mediatica che si sta facendo in Sardegna contro l’eolico. O penso alle norme che, in alcune regioni dovrebbero sostenere la costruzione di impianti agri-voltaici, ma magari 30 o 40 paragrafi diversi del provvedimento rendono impossibile la costruzione dell’impianto. Ora è molto sentito il dibattito sulle aree idonee: la verità che per arrivare agli obiettivi europei dovremo per forza cambiare il paesaggio, ma l'alternativa è la sua distruzione a causa del cambiamento climatico". 

Ma per capire che manca la volontà  di cambiare forse basta un paradosso. Per realizzare il rigassificatore di Piombino sono serviti pochi mesi, per finire l'impianto eolico nearshore di Taranto si sono impiegati 14 anni. E, come ci conferma Legambiente, la media italiana è di sei anni per l'installazione di un parco eolico e cinque per un parco fotovoltaico. Con buona pace della transizione ecologica e dell'emergenza climatica. 

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