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Whatever it takes: quando Draghi salvò l'Europa e l'Italia

Il 26 luglio 2012 l'uomo alla guida della Banca centrale europea pronunciò una frase e un discorso a loro modo storici. Nel gennaio 2015 lanciò l'atteso Quantitative easing. Le parole e le decisioni del banchiere arrivano sempre in frangenti delicatissimi per il destino della moneta unica e delle economie del "vecchio continente"

Sono passati 8 anni e mezzo da quel 26 luglio 2012. Quel giorno Mario Draghi, alla guida della Banca centrale europea da un anno, pronunciò una frase e un discorso a loro modo storici, con l'ormai celebre frase "whatever it takes", ovvero "ad ogni costo", "costi quel che costi". Il riferimento era agli sforzi che la Bce avrebbe compiuto per difendere la moneta unica europea dalla grave crisi economica che stava colpendo l’eurozona.

L'iconica frase di Mario Draghi: "Whatever it takes"

Era al timone dal primo novembre 2011 della Banca centrale europea. A un mese dal suo insediamento a Francoforte, nell'intervento davanti all'Europarlamento chiede ai Paesi dell'UE di recuperare in affidabilità, dichiarando che serve un segnale forte per i mercati.

Poi arrivo quel giorno di luglio 2012. Da Londra, con tono glaciale, in un intervento da Londra, annunciò che la Banca centrale europea avrebbbe fatto tutto il possibile ("Whatever it takes") per salvare l'Euro. "E credetemi, sarà abbastanza". Parole che avranno un peso specifico decisivo nella gestione della crisi del debito sovrano europeo in un momento molto delicato. Le parole di Draghi arrivarono in un frangente delicatissimo. Infatti nell'estate di quell'anno la crisi finanziaria stava per contagiare grandi economie, come quella spagnola e soprattutto quella italiana. L’Europa dell’euro era in grande difficoltà. Lo spread saliva. La crisi economica greca e l’euroscetticismo inglese causavano altri grattacapi alla Bce.

"Whatever it takes": che cosa cambiò con quelle parole

Quel "Whatever it takes" è diventato così iconico da meritarsi un posto persino nella versione digitale della Treccani. Draghi aveva sempre sostenuto nel corso della sua ascendente carriera nel settore pubblico che la priorità per l’Italia fosse la crescita e l’occupazione, che la spesa pubblica dovesse essere a ciò finalizzata. La sua integrità di giudizio permise a Draghi "di modificare l’orientamento della politica monetaria della Bce: dalle lettere di Trichet ai governi con le severe condizioni da rispettare per meritare l’accesso ai programmi di acquisto dei loro titoli pubblici Draghi pilotò la Banca centrale europea verso l’impegno incondizionato di sostegno dell’euro" si legge sull'enciclopedia. .

"Whatever it takes" diede il là a una nuova fase. un altro orizzonte. Per i contenuti e per i toni. Senza troppi preamboli, alla conferenza di Londra, dopo una manciata di minuti di introduzione, disse: "Entro il suo mandato la Bce preserverà l’euro, costi quel che costi. E, credetemi, sarà abbastanza". Whatever it takes. Non è esagerato dire che da quel momento l'Europa diventa (anche) l'Europa di Mario Draghi. Lo riconosceranno estimatori e voci critiche.

Quantitative easing: l'altro passo decisivo di Mario Draghi nel 2015

Due anni e mezzo dopo, altro passaggio cruciale. Nel gennaio 2015 Mario Draghi lanciò l'atteso Quantitative easing, con cui la Banca centrale europea acquistò titoli di stato dei paesi dell'Eurozona per 60 miliardi di euro fino al settembre 2016.  Uno strumenti innovativo nella politica economica europea: quantitative easing (allentamento quantitativo) significa la creazione e iniezione di liquidità nel sistema da parte delle banche centrali, mediante l’acquisto sul mercato di attività finanziarie come azioni, obbligazioni e titoli di Stato con il duplice fine di sopperire al pericoloso calo per numero e consistenza di prestiti concessi a famiglie e imprese e di eliminare dal mercato i titoli tossici.

Il mercato dei titoli pubblici europei si è sostenuto grazie a SuperMario: quel Whatever it takes può essere considerato oggi un modo di dire emblematico della salvezza dell’Europa dell’euro. Il 31 ottobre 2019, con il tradizionale rito di passaggio di consegne a Christine Lagarde, finì ufficialmente il suo mandato di presidente della Bce. Otto anni nei quali ha lasciato la sua impronta sull'economia europea (e italiana, di conseguenza).

Ma di Whatever it takes si è tornato a parlare anche di recente, in tempi di pandemia, per indicare il ruolo dovrebbe assumere l’Unione europea per aiutare gli stati del vecchio continente più colpiti dalla crisi del Covid-19. Il messaggio di fondo è sostanzialmente lo stesso, con le dovute differenze di epoche storiche: "Le banche - disse Draghi al Financial Times a marzo 2020, quando l'epidemia si era manifestata in tutta la sua gravità - devono rapidamente prestare fondi a costo zero alle aziende preparate a salvare posti di lavoro. Poiché in tal modo esse diventano veicoli di politica pubblica, il capitale di cui necessitano per eseguire questo compito deve essere fornito dallo Stato sotto forma di garanzie pubbliche su tutti gli sconfinamenti aggiuntivi di conto o sui prestiti".

Whatever it takes, quindi. "Credetemi, sarà abbastanza", aggiunse Draghi nel 2012. Oggi i suoi metodi e i suoi contenuti saranno "abbastanza" anche per formare un governo nel caos politico italiano?

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