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Martedì, 19 Marzo 2024
Antibiotico-resistenza

La nuova pandemia dei super batteri, Pregliasco: "Rischiamo 10 milioni di morti"

Nuove terapie e un sistema di sorveglianza potenziato. Questa la ricetta del virologo dell'Università di Milano Fabrizio Pregliasco che a Today.it spiega: "Priorità a strategie e piani di One health". L'intervista

Entro il 2050 i batteri super-resistenti agli antibiotici potrebbero causare oltre 10 milioni decessi ogni anno, divenendo la prima causa di morte nel mondo, prima di infarto e ictus. È lo scenario che ci attende, secondo gli esperti, se non si metteranno in campo politiche e interventi efficaci. L'antibiotico-resistenza è la conseguenza di un’eccessiva e ingiustificata prescrizione di antibiotici - il miglior metodo disponibile a partire dagli anni '50 per sconfiggere infezioni batteriche potenzialmente letali - che ha favorito la capacità dei batteri di mutare per sopravvivere all’interno dell’organismo umano, sviluppando meccanismi di difesa. Una pandemia silente che preoccupa in particolar modo l’Italia dove colpisce ogni anno 200.000 pazienti, causando circa 11.000 decessi, un terzo del totale europeo.

"L’antibiotico-resistenza - spiega a Today Fabrizio Pregliasco, Professore di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano - è un fatto naturale legato all’evoluzione dei batteri che, se esposti di frequente agli antibiotici, selezionano ceppi ad esso resistenti. L’antibiotico è come una lama che ogni volta che si usa perde un pò il filo. Nei primi 50 anni di utilizzo sono stati usati male ed in eccesso su vari fronti: dagli allevamenti alle prescrizioni incongrue (ancora oggi l’AIFA ritiene che una prescrizione su 5 sia inappropriata), passando per l’uso sbagliato dei pazienti". 

Professore Pregliasco, perché proprio l’Italia è maglia nera per antibiotico-resistenza?

"Nel 2021, in Italia, l’utilizzo di antibiotici è stato pari a 17,1 dosi ogni mille abitanti al giorno. Un dato in flessione del 3,3% rispetto al 2020. Tuttavia, nel nostro Paese, i consumi complessivi sono ancora superiori a quelli di molti Paesi europei. La risposta è nelle pieghe di questi dati: facciamo un uso eccessivo di antibiotici e una parte sostanziale di questo abuso, e quindi della antibiotico-resistenza, deriva da prescrizioni inappropriate effettuate nell'ambito delle cure primarie a adulti e bambini con sintomi di infezioni del tratto respiratorio. È importante preservare l’efficacia degli antibiotici per garantire la salute a tutta la popolazione ma, perché ne permanga l’efficacia è necessario ridurne l’uso inappropriato".

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In che modo il Covid e il riscaldamento climatico hanno favorito questo fenomeno?

"Tutte le patologie virali, storicamente le forme di influenza, e ora il Covid, portano a prescrizioni inutili. Nel Covid c’è stata l’idea, non scientificamente confermata, che l’azitromicina potesse avere un effetto antinfiammatorio utile per ridurre la progressione di malattia. Inoltre dei medici hanno prescritto antibiotici per prevenzione di possibili complicanze, un errore terapeutico grossolano. L’incremento della temperatura, dal canto suo, ha invece aumentato la velocità di replicazione e la possibilità di errori nella replicazione che facilitano l’insorgenza di varianti resistenti".

Quali sono i meccanismi di resistenza batterica agli antibiotici?

"I microorganismi hanno la possibilità di modificare il proprio patrimonio genetico sia attraverso mutazioni spontanee, sia attraverso lo scambio di materiale genetico. Le loro possibilità di adattamento sono dunque praticamente illimitate se si considera il numero dei geni che i batteri hanno a disposizione per ritrovare la combinazione più opportuna per sopravvivere in diverse circostanze e la possibilità di scambio di materiale genetico tra specie diverse. Nel caso specifico dell'antibiotico-resistenza,  questa è dovuta a una resistenza acquisita dal microorganismo in seguito a mutazioni cromosomiche (resistenza cromosomica) o ad acquisizione di materiale genetico derivante da popolazioni batteriche correlate o meno a quella ricevente (resistenza trasferibile)".

Quali sono i patogeni sotto osservazione in questo momento?

"Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter species".

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Secondo uno studio del Lancet, i batteri super-resistenti agli antibiotici diventeranno entro il 2050 la prima causa di morte nel mondo. A quali strategie si sta lavorando per arginare questa emergenza?

"Per arginare questo problema è necessario giocare di sponda con le Istituzioni internazionali, quelle nazionali e con le aziende farmaceutiche per dare la priorità a strategie e piani di One health, rafforzando la sinergia tra i settori umano, animale, ambientale e costruendo team che abbiano le competenze e le capacità di prevenire, rilevare, controllare le minacce per la salute, rispondendo in modo tempestivo ed efficace. È necessario che le Istituzioni nazionali e internazionali promuovano la collaborazione tra enti pubblici e aziende private; che incrementino gli investimenti per supportare lo sviluppo di nuovi antibiotici e terapie (un sistema di incentivi paragonabile a quello di cui beneficiano gli impianti per le energie rinnovabili) e sostengano i sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo, più deboli e sottofinanziati e rafforzare la sorveglianza epidemiologica nazionale, ma anche regionale e locale".

Quale deve essere il ruolo dei medici e delle aziende farmaceutiche?

"Le aziende farmaceutiche devono garantire sicurezza, efficacia, qualità degli antibiotici prodotti, ma soprattutto impegnarsi nella ricerca, dando priorità allo sviluppo di alternative agli antibiotici, vaccini, test diagnostici rapidi e accessibili. I medici devono limitare la prescrizione degli antibiotici ai casi in cui sono veramente necessari, attenendosi alle linee guida basate sull’evidenza e quando è possibile, prescrivere antibiotici specifici contro l’infezione e non ad ampio spettro, spiegando bene al paziente dosaggio, durata del trattamento e possibili effetti indesiderati del farmaco. Ovviamente uno degli aspetti fondamentali che va portato avanti a tutti i livelli è quello di sostenere l’uso responsabile e prudente degli antibiotici anche attraverso l’organizzazione di campagne di formazione, informazione, sensibilizzazione che raggiungano gli allevatori ma tutti i cittadini in generale”.

A proposito di uso corretto dei farmaci: cosa sono i test PCR rapidi e in che modo possono orientare per una prescrizione più appropriata?

“Secondo la recente Consensus Conference Enaspoc (European Network for Antibiotic Stewardship at the Point of Care) che ha messo insieme a Bruxelles clinici specializzati in malattie infettive e antibiotico-resistenza e stakeholder della sanità pubblica provenienti da tutta Europa, Italia compresa, i test diagnostici rapidi per la determinazione quantitativa della proteina C-reattiva (PCR) nel sangue, sono utili per ridurre il margine di incertezza diagnostica e per guidare il processo decisionale sulla terapia antibiotica. Rappresentano uno strumento consolidato che ha dimostrato di ridurre in modo efficace e sicuro la prescrizione eccessiva di antibiotici per le infezioni delle vie respiratorie inferiori negli adulti nell'ambito dell'assistenza sanitaria di base".

Cos'è la proteina C-reattiva (PCR)?

"La PCR è un biomarcatore utilizzato per valutare la gravità dell'infiammazione e per prevedere la gravità di un'infezione. Le infezioni autolimitanti (sia virali che batteriche) sono quelle che tendono a risolversi da sole senza ulteriori trattamenti. Nelle cure primarie, circa il 74% dei pazienti adulti che presentano sintomi di infezioni respiratorie ha valori di PRC <20 mg/L, il che indica infezioni autolimitanti per le quali il trattamento antibiotico non ha alcun beneficio aggiuntivo. Ovviamente per affrontare l'antibiotico-resistenza, è necessaria un'azione collettiva su più fronti: dobbiamo mettere a disposizione delle aggregazioni funzionali territoriali (AFT) o delle farmacie collegate agli studi medici, i dispositivi per eseguire il test della PCR, come è stato fatto con successo in altri Paesi europei, e supportare gli operatori sanitari con una formazione specifica. A livello di sistema inoltre, dobbiamo garantire un flusso costante di informazioni tra i prescrittori e le autorità sanitarie preposte alla sorveglianza. Attualmente, si sta discutendo del possibile ruolo del farmacista nella gestione di questi test perché la possibilità di effettuare vaccini e tamponi e usare il pungi-dito per il prelievo di sangue capillare sono pietre miliari che hanno permesso di reinventare il ruolo del farmacista, a cui si potrebbe aggiungere, la possibilità di fare il PCR test proprio per promuovere un uso più appropriato dell'antibiotico”.

Fabrizio Pregliasco, Professore di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano

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