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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La rabbia di una figlia dopo la morte della madre: "Per 48 ore legata alla barella con dolori atroci"

Il racconto a PalermoToday: "Era una malata oncologica non terminale. L'hanno messa nella shock room, senza assistenza. Quando mi ha visto, ha gridato 'Aiutami, ti prego'. Si è spenta poche ore dopo a casa". Dall'ospedale replicano: "Accudita con massimo scrupolo"

Legata alle sponde della barella del pronto soccorso con delle garze ai polsi perché urlava e si dimenava dal dolore. Dopo neppure 48 ore nella shock room dell'ospedale palermitano Villa Sofia è stata rispedita a casa, dove è morta poco dopo. Nel racconto dell'orrore di Angela Lanfranca, c'è l'odissea vissuta dalla madre, 75 anni, malata oncologica ma non in fase terminale. "Il suo cuore ha cessato di battere dopo un presunto edema polmonare non controllato. Intanto le sue braccia erano tumefatte e insanguinate perché ha provato a liberarsi con tutte le sue forze", racconta la figlia a PalermoToday

La donna, deceduta lo scorso 27 marzo (anche se la famiglia rende nota la storia soltanto adesso) ha raggiunto il pronto soccorso con il 118. "Era allettata per via di una tromboembolia. Aveva un tumore - spiega la figlia - ma tenuto a bada dalle terapie. Abbiamo così attivato l'assistenza domiciliare con la Samot. Faceva addirittura fisioterapia, proprio perché non era terminale. Nel fine settimana però, quando ha avuto questo peggioramento, il servizio non è attivo. Siamo quindi andati in ospedale. Tutto potevamo immaginare tranne che venisse trattata così". 

Dopo il triage, la donna viene lasciata in una barella posizionata in un angolo della shock room. "Starà lì da sola per due giorni - precisa - urlando come una disperata. Urla disumane. Era legata alle sbarre del letto. Aveva la bocca e la lingua nera. Addosso era piena di feci e urine. Nessuno le ha dato da bere, nessuno l'ha pulita. Quando mi ha visto mi ha gridato 'Aiutami, aiutami ti prego'. Aveva le braccia scarnificate, perché strattonava i polsi dalla barella. C'erano le sbarre di contenimento, voleva liberarsi, ma provava dei dolori fuori dal mondo che neppure si è resa conto che si è auto lesionata. Da quel momento ha iniziato a perdere l'uso della ragione". 

Con le lacrime agli occhi, Angela Lanfranca ripercorre quei momenti. "Si strappava i capelli, era in condizioni pietose. Però - continua - era lucida, perché mi guardava e mi implorava di aiutarla. Era troppo tardi, era ormai in agonia. Non mi hanno permesso di assisterla. Mi hanno invitata a uscire dalla shock room. Cosa che ho fatto e avrei fatto rispettando le regole se solo qualcuno l'avesse aiutata al posto mio. Da quel momento nessuna notizia, tranne riceverne alcune senza alcun titolo da una guardia giurata. Mia madre stava male, si è persino tirata via il catetere. Voleva andare via. Ho chiesto perché l'avessero legata. Mi hanno risposto 'Perché è fuori di sé e si fa del male'. Per reagire così fino al punto di auto lesionarsi era evidentemente cosciente".

Quando i medici hanno detto che per la madre non c'era più nulla da fare, la famiglia l'ha portata a casa dove è morta qualche ora dopo. "Non le hanno dato la morfina - conclude - per accompagnarla alla morte o per attenuarle quei dolori. L'hanno abbandonata. È affogata nei suoi stessi liquidi. È ingiusto trattare così gli esseri umani. Mia madre mi appartiene e, oltre allo choc per la perdita di un genitore, il dolore più grande è per la totale insensibilità dei medici. Ha sofferto atrocemente ed è stata maltrattata come nessuno merita. Tutto questo è inumano. Incompatibile con la vita". 

La famiglia ha deciso di non denunciare l'ospedale, ma di rendere pubblica questa storia raccontandola. "Ci avrebbero dovuto chiedere il permesso prima di legarla - conclude - perché mia madre non era un soggetto psichiatrico. Avrebbero dovuto prestarle assistenza, per accompagnarla alla morte con dignità. Invece è stata lasciata in balia di se stessa, da sola. Io volevo solo tenerle la mano per dirle di calmarsi. Ma chi vuole vedere soffrire così una persona a cui si vuole bene? Avrei firmato qualsiasi cosa per non vederla stare male. Ai medici che non hanno né pazienza né passione né umanità dico solo: passatevi una mano sulla coscienza".  

Dal canto suo, l'azienda ospedaliera ospedali riuniti Villa Sofia Cervello precisa che "la paziente già terminale, è stata accudita con massimo scrupolo durante la sua permanenza al pronto soccorso. Peraltro proprio nella stanza suddetta, la shock room, sussiste un’attenzione particolare e continua. Il fatto poi che siano state adottate misure di contenzione - in linea con il protocollo previsto per questi casi - è stato motivato dalla necessità di mettere la paziente in sicurezza da sé medesima perché le sue condizioni la rendevano pericolosa per se stessa”. 

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