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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Taranto

Ilva, condannata l'Italia: "A Taranto non ha protetto i cittadini dalle emissioni tossiche"

La Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo ha deciso all'unanimità di condannare l'Italia sul caso Ilva per non avere "protetto i cittadini che vivono nelle aree toccate dalle emissioni tossiche" della grande acciaieria. I promotori: "La città ha ottenuto giustizia"

La Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo ha deciso all'unanimità di condannare l'Italia sul caso Ilva per non avere "protetto i cittadini che vivono nelle aree toccate dalle emissioni tossiche emesse dall'impianto" di Taranto. La sentenza emessa oggi evidenzia da parte del nostro paese la violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo) della Convenzione.

Ad avviare il caso erano stati 180 richiedenti che hanno lamentato effetti delle emissioni tossiche delle acciaierie di Ilva a Taranto sull'ambiente e sulla loro salute e l'inefficacia dei rimedi adottati. Il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo era stato presentato nel 2013 e nel 2015 dalle 180 persone, che vivono o sono vissute a Taranto o nelle zone limitrafe alla grande acciaieria.

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La Corte ha rilevato, in particolare, "che la persistenza di una situazione di inquinamento ambientale mette in pericolo la salute dei richiedenti e, più in generale, quella dell'intera popolazione che vive nelle aree a rischio". Nella sentenza si sancisce inoltre "che le autorità nazionali non hanno adottato tutte le misure necessarie per garantire una protezione efficace del diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata".

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La Corte specifica che le misure per assicurare la protezione della salute e dell'ambiente devono essere messe in atto il più rapidamente possibile. L’iniziativa era stata promossa, nel 2013, dalla dott.ssa Daniela Spera per conto di 52 tarantini, avvalendosi della difesa dell’avvocato Sandro Maggio e, in seguito anche dell’avvocato Leonardo La Porta, entrambi del Foro di Taranto. Successivamente, nel 2015, analogo ricorso è stato presentato da altri 130 tarantini. Poi si decise di accorpare la trattazione delle due istanze.

I ricorrenti hanno accusato lo Stato italiano di non aver adottato tutti gli strumenti giuridici e normativi necessari per garantire la protezione dell’ambiente e della salute dei tarantini ma, al contrario, le leggi emanate e susseguitesi nel tempo, hanno avuto il preciso scopo di tutelare, esclusivamente, gli interessi dell’Ilva, così le disposizioni della Convenzione Europea dei Diritti Umani di cui agli articoli n. 2 (nella parte in cui dispone che “il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena”), n. 8 (nella parte in cui dispone che “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio”), e n. 13 (nella parte in cui dispone che “ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale”).

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"La città ha ottenuto giustizia" commentano i promotori del ricorso. Quasi tutti – 19 sono stati esclusi – avevano quindi secondo la Corte diritto di far causa: saranno risarciti con 5mila euro a testa per le spese legali.

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