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Venerdì, 26 Aprile 2024
Al 41 bis / L'Aquila

Il boss Matteo Messina Denaro in ospedale per accertamenti

Il capomafia è detenuto al 41 bis, ma è anche un paziente oncologico e oltre alle cure nel penitenziario deve essere sottoposto ad altri controlli. Emergono novità sulla sua lunga latitanza

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio scorso a Palermo e adesso detenuto al 41 bis a L'Aquila, ha lasciato il penitenziario per alcune ore. Martedì pomeriggio, per la prima volta da quando è stato tradotto in cella, è stato condotto all'ospedale San Salvatore per alcuni esami clinici. Il boss, che è riuscito a fare perdere le proprie tracce per 30 lunghi anni, è malato: ha un tumore al colon. In carcere esegue delle terapie ma sono necessari periodici accertamenti in una struttura con attrezzature adeguate.

Matteo Messina Denaro è stato sottoposto a una tac e a un ecocardiogramma nel nosocomio realizzato dopo il terremoto del 2009. La scorsa settimana Matteo Messina Denaro ha avuto la terza somministrazione di chemioterapia, per la durata di quattro ore, assistito da un oncologo, un anestesista e un'infermiera. Secondo quanto si è appreso, il boss è apparso in buone condizioni e non ha problemi legati agli effetti collaterali.

Proseguono intanto le indagini sulla latitanza e gli affari di Messina Denaro. Un filmato ripreso dalle videocamere del Comune di Campobello di Mazara -  il paese in cui si è nascosto almeno negli ultimi due anni - smentirebbe Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha "prestato" l'identità al boss, da qualche settimana in carcere per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena.

I pm Gianluca de Leo e Piero Padova lo hanno depositato al tribunale del Riesame, al quale Bonafede aveva fatto ricorso contro l'ordinanza di custodia cautelare. Nel video si vede il capomafia di Castelvetrano entrare nella sua Giulietta. Bonafede, impiegato del Municipio, arriva in senso opposto con un'altra auto. Quando incrocia il capomafia, arresta la marcia e i due si scambiano qualche battuta. Per l'accusa è la prova che Bonafede, che ha sempre negato di conoscere il padrino di Castelvetrano, mente. Secondo i pm avrebbe fatto la spola tra lo studio del medico Alfonso Tumbarello, anche lui in carcere, per prendere le ricette che il dottore compilava e intestava al cugino e omonimo del dipendente comunale, alias del boss. Entrambi, sia Bonafede che il medico, secondo la procura, sapevano benissimo chi fosse il vero paziente.

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