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Domenica, 28 Aprile 2024
Titoli di coda / L'Aquila

Matteo Messina Denaro è in coma irreversibile

Il boss mafioso è ricoverato nel reparto detenuti dell'ospedale dell'Aquila. I medici devono decidere se interrompere l'alimentazione artificiale

Il boss Matteo Messina Denaro, ricoverato nel reparto detenuti dell'ospedale dell'Aquila, è in coma irreversibile, ma per ora i medici non hanno ancora sospeso l'alimentazione artificiale. Scorrono dunque i titoli di coda sulla storia del boss riuscito a sfuggire alla cattura per trent'anni, arrestato il 16 gennaio mentre andava in una delle cliniche più prestigiose di Palermo per sottoposti alla chemioterapia. Una malattia lunga tre anni, quella del boss che, secondo quanto sostengono i medici, ormai non gli lascia più speranze. Proprio alla malattia il boss aveva attribuito la sua cattura: "Mi avete preso perché sono malato, non mi pentirò mai", erano state alcune delle sue prime frasi pronunciate agli inquirenti.

Dopo l'arresto, il capomafia di Castelvetrano è stato portato nel supercarcere dell'Aquila dove è stato sottoposto alle cure per il cancro al colon scoperto a fine 2020. Seguito costantemente dall'equipe dell'oncologia dell'ospedale, curato in cella, dove è stata allestita per lui una sorta di infermeria, il "padrino" è stato in discrete condizioni fino a un mese fa. Poi, dopo due interventi, la situazione è precipitata e ne è stato disposto il ricovero nel reparto detenuti del nosocomio.

Negli ultimi giorni, visto il peggiorare delle condizioni, il capomafia è stato prima sottoposto alla terapia del dolore, poi sedato. Le visite dei pochi familiari ammessi le scorse settimane sono state sospese. Messina Denaro, però, ha potuto riconoscere la figlia Lorenza Alagna, avuta durante la latitanza, e le ha dato il suo cognome. Non ci sono stati, però, incontri tra i due perché il boss avrebbe preferito non farsi vedere dalla figlia nelle gravi condizioni in cui era.

Dall'arresto il boss è stato interrogato più volte dai pm di Palermo precisando, fin dal primo incontro, che non avrebbe mai collaborato con la giustizia. E così è stato. Anzi, nel corso del primo interrogatorio, non ammettendo neppure di far parte di Cosa nostra, ha detto al procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e all'aggiunto Paolo Guido, che hanno coordinato le indagini per la sua cattura, che se non fosse stato malato e costretto a ricorrere alle cure della clinica, lo Stato non l'avrebbe mai preso. Il boss, autorizzato a incontrare i familiari stretti e il suo avvocato, la nipote Lorenza Guttadauro, non ha però mai potuto vedere la sorella a lui più affezionata, Rosalia Messina Denaro, arrestata nei mesi scorsi per mafia. È perquisendo la sua abitazione che i carabinieri del Ros hanno potuto ricostruire la sua malattia e l'alias usato per le cure, riuscendo così a porre fine a trent'anni di latitanza.

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