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Lunedì, 29 Aprile 2024
I dati

Sulle pensioni suona un nuovo allarme: la data cerchiata in rosso

Nel 2050 ci saranno oltre 4 milioni di italiani in meno e le persone in età lavorativa saranno pari a coloro che vivranno della sussidiarietà statale

Tra neppure sette anni in Italia ci saranno circa un milione di persone in meno, nel 2040 sarà sparita una città grande come Roma, mentre nel 2050 culle sempre più vuote e invecchiamento della popolazione restituiranno l'immagine di un paese in cui mancheranno all'appello 4,5 milioni di persone. Lo mette nero su bianco l'Istituto statistico nazionale nel consueto appuntamento con le previsioni sulla popolazione italiana. Previsioni che suonano come un allarme per la sostenibilità del sistema produttivo e degli equilibri sociali. Non bastassero i numeri precedenti a far capire la portata del problema, occorre volgere lo sguardo alla sostenibilità del sistema previdenziale: nel 2050 il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) scenderà a uno a uno dall'attuale (e risicato) rapporto di circa tre a due. E vedendo i possibili scenari si capisce che anche una inversione dei trend di natalità, per quanto auspicabile, non basta.

Andiamo per ordine e vediamo tutti i dati pubblicati dall'Istat: le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, aggiornate al 2022, restituiscono tendenze difficilmente controvertibili, pur se in un quadro nel quale non mancano elementi di incertezza. La popolazione residente è in decrescita: in Italia il 1° gennaio 2022 c'erano 59 milioni di residenti. Scenderanno a 58,1 milioni nel 2030, a 54,4 milioni nel 2050. Se si allarga l'orizzonte al 2080 mancheranno oltre 10 milioni di persone con una popolazione stimata inferiore ai 46 milioni di residenti: come se Roma, Napoli e Milano fossero improvvisamente vuote. Il progressivo spopolamento - nel breve termine - prospetta un leggero incremento di popolazione nelle regioni del Nord Italia mentre nel Centro (-1,6‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (-5,5‰) il calo di residenti risulta irreversibile.

popolazione italiana

I flussi migratori non controbilancerebbero il segno negativo della dinamica naturale. Nondimeno, essi si mostrano contraddistinti da profonda incertezza.

Se i numeri assoluti sono importanti, basta scendere nel dettaglio per vedere la situazione complicarsi oltre modo. Il quadro di invecchiamento della popolazione vede salire dal 23% al 34% la quota di individui con più di 65 anni e entro il 2042 solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli. La maggiore diffusione nel Paese dell'instabilità coniugale comporterà un aumento di famiglie composte da un genitore solo: entro il 2042 i padri soli potrebbero risultare pari a oltre 600mila, 2,3 milioni le madri sole, cosicché il numero di monogenitori salirebbe globalmente a circa 3 milioni.

Il problema delle pensioni è più grave di quanto si temeva

In questo contesto suona ancora una volta l'allarme rosso per la sostenibilità del sistema pensionistico con il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) che passerà da circa tre a due nel 2022 a circa uno a uno nel 2050.

In un Paese sempre più anziano aumenta la spesa pubblica che pesa, sostanzialmente, sulle spalle dei lavoratori e degli imprenditori. E gli over 65 potrebbero rappresentare il 38% dei residenti in Italia, quasi il doppio rispetto al 2005. Pensionati insomma cui va garantita la sussistenza mentre la base produttiva del paese sarà sempre in contrazione con sempre meno giovani e sempre più poveri. Il rischio più grande è quello dell'effetto domino, che in parte è già realtà. Come segnala la Associazione Artigiani e Piccole Imprese, la denatalità ha iniziato a colpire le aziende, sempre più carenti di persone e le professionalità.

Per avere una visione complessiva del rapporto demografico tra giovani e anziani, bisogna consultare l'indice di vecchiaia, ovvero il numero anziani di almeno 65 anni ogni 100 giovani di età inferiore a 15 anni. Quest'indice nel 2022 ha sfiorato il 188%, registrando un aumento di quasi 50 punti percentuali rispetto al 2005 il rapporto, quando l'indice di vecchiaia italiano era al 138%. È evidente che questo parametro stia aumentando in maniera esponenziale: negli ultimi (quasi) 20 anni l'indice di vecchiaia è aumentato di 50 punti percentuali, e in un periodo di tempo analogo il suo incremento potrebbe raddoppiare. L'Istituto nazionale di statistica stima che nei prossimi 20 anni il rapporto tra anziani e giovani in Italia possa aumentare di altri 100 punti: nel 2042 l'indice di vecchiaia potrebbe essere infatti pari al 293%. Dati alla mano, se le proiezioni dell'Inps sull'indice di vecchiaia dovessero trovare conferma, l'effetto sull'intero sistema economico italiano sarebbe devastante.

La domanda ora che tutti si fanno è se e come verrà ritoccata l'età in cui si può accedere alla pensione. La dinamica è abbastanza chiara. La riforma Monti-Fornero prevedeva che a partire dal 2021 l’età del pensionamento non fosse inferiore ai 67 anni di età. L'intervento dei governi Conte prima e Meloni poi ha bloccato lo scalone al 2024. E da 2025 si potrebbe ripartire con 67 anni e 2 mesi per arrivare al 2030 con 67 anni e 7/8 mesi e nel 2040 con 68 anni e 11 mesi. 

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