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Venerdì, 26 Aprile 2024

Roberta Marchetti

Giornalista

Zelensky, il presidente-attore: la serie tv come campagna elettorale

Recitare per governare. Che Servant of the People, la serie tv in cui Volodymyr Zelensky interpreta se stesso qualche anno dopo, sia stato uno degli strumenti principali con cui l'attuale presidente dell'Ucraina è riuscito nel 2019 a stravincere con il 73,2% dei voti le elezioni presidenziali, sconfiggendo al ballottaggio l'uscente Petro Poroshenko, è fuori discussione. La popolarità dell'allora attore e la sua satira politica sono state fondamentali per un trionfo che da lì a poco si sarebbe drammaticamente trasformato in Resistenza. Un presagio, come molti commentano oggi, oppure una strategia ben precisa pronta a fare leva su un'antipolitica che nell'ultimo decennio ha scritto la storia di diverse democrazie, compresa l'Italia con il Movimento 5 Stelle. 

Tra Zelensky e Beppe Grillo di analogie ce ne sono diverse. Entrambi figli del calo di legittimazione popolare verso la politica di professione, hanno fatto del dissenso un programma elettorale invincibile. Del resto la politica 'pop' è un fenomeno diffuso da tempo, a cominciare da Ronald Reagan, attore e 40esimo presidente degli Stati Uniti dall'81 all'89. Ma torniamo alla serie, trasmessa ieri sera da La7 in prima assoluta per l'Italia. "Un caso televisivo unico al mondo. La nascita di un presidente" recita il teaser, a ragione. Il dubbio, però, è che la gestazione parta da molto prima, facendo di Zelensky - se così fosse - l'artefice di una campagna elettorale senza precedenti, spalmata per tre stagioni in tv.  

Dal titolo populista ai temi trattati

Partiamo dal nome della serie. Servant of the People, ovvero 'servitore del popolo'. Titolo che sgorga populismo ed è il primo gancio, seppur apparentemente latente, per il pubblico ucraino che va alle urne. A mettere il carico ci pensa l'assoluta onestà del protagonista, un professore del liceo che si ritrova improvvisamente a capo di uno Stato, la sua simpatia - che nella comunicazione politica moderna non guasta, anzi - e l'impegno nella lotta alla corruzione, tra i punti cardine della sua corsa alle presidenziali, insieme a una visione europeista decisamente più marcata rispetto ai suoi predecessori e che oggi, dopo i tristi risvolti che tutti conosciamo, lo anima più che mai. Insomma, altro che "un caso" o "presagio". Sembra proprio che lo Zelensky attore già nel 2015, anno in cui è andata in onda la prima stagione, stava gettando le basi su cui costruire lo Zelensky presidente e lo stava facendo con una precisione chirurgica. Una tesi che chi mastica quotidianamente certe tematiche - e dinamiche - non boccia. Luigi Di Gregorio, docente di comunicazione politica all'Università della Tuscia e alla Luiss di Roma, concorda: "Ha fatto un lavoro di semina a livello di percepito e alla fine gli elettori hanno voluto provare. La serie tv poteva essere un 'sottoprodotto' della campagna elettorale, certo. Poteva funzionare come no, ma sicuramente ci avranno pensato". E qui torna Beppe Grillo: "In una fase in cui la politica di professione ha raggiunto il picco più basso di gradimento e di fiducia quasi ovunque, si è aperta una finestra di opportunità per tutti questi outsider che hanno sempre utilizzato un messaggio populista: popolo contro traditori e corrotti. E' quello che ha fatto Grillo. Anche lui ha iniziato così, prendendo in giro il potere, prendendolo di mira, poi ha visto che il consenso cresceva e ci ha fatto un pensierino. Beppe Grillo non aveva in mente il Movimento 5 Stelle appena fondato il blog, voleva addirittura candidarsi alle primarie del Pd, ma probabilmente senza di lui il partito non sarebbe mai nato. Il personaggio popolare ci voleva". La differenza tra Zelensky e Grillo è che Zelensky davanti al consenso non si è defilato, ma ha fatto un passo avanti. Altro motivo che fa pensare alla 'premeditazione'. 

La goccia cinese

I tempi in politica - come in televisione - contano, soprattutto per un novellino alle prime esperienze. Tre stagioni - 51 episodi in totale - per farsi conoscere sotto vesti istituzionali non sono poche e la realizzazione a due anni di distanza l'una dall'altra, tra il 2015 e il 2019, suonano come una goccia cinese studiata a tavolino, capace di fidelizzare il pubblico meglio di qualsiasi comizio. Il fatto che Servant of the People sia una delle fiction ucraine più viste di sempre non è un caso. Neanche questo. Tralasciamo commenti più tecnici, aggiungendo semplicemente che seppur di grande effetto a vederla oggi - soprattutto le immagini di una Kiev viva e piena di normalità, in contrasto con quelle di distruzione a cui siamo ormai abituati - la serie non è delle migliori per gli standard del pubblico italiano (doppiaggio compreso, di Luca Bizzarri). 

La casa di produzione che diventa primo partito

Non può sfuggire che Zelensky non solo è il protagonista di questa serie, ma anche l'ideatore e soprattutto il produttore. Per fare un esempio di casa nostra, non stiamo parlando di Bisio in Benvenuto Presidente!, ecco, ma di un progetto ben più strutturato e con fini più alti, almeno secondo chi scrive. Se le sue capacità attoriali hanno giocato e giocano un ruolo importante nella sua leadership politica, il fatto che sia stato lui stesso a produrre uno strumento così potente come è stato Servant of the People fa il resto. Ma non finisce qui. Oltre all'investimento, è curioso infatti come Kvartal 95, la casa di produzione della serie, fondata da Zelensky nel 2015, nel 2018 cede il nome a un partito politico - fondato dallo staff della stessa - che sosterrà e porterà al trionfo l'attuale presidente dell'Ucraina (nel giro di un anno). Nel team anche l'allora sceneggiatore della serie tv Yuriy Kostyuk, ora vicecapo dell'Ufficio del presidente. Politica e tv fuse perfettamente in una comunicazione che oggi risulta quasi geniale e fa di Zelensky un caso più unico che raro, con delle doti di leadership che non erano così scontate davanti a una macchina da presa. Sorprendente, più come presidente che come attore. 

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