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Sabato, 27 Aprile 2024
Il colloquio

"Così documentiamo i crimini di guerra in Ucraina"

Omicidi per futili motivi, violenze e armi proibite: le prove degli orrori commessi dalle forze armate russe documentate dagli esperti di Amnesty International. L’intervista al portavoce Riccardo Noury: "L’invasione in Ucraina è un atto illegale"

L’invasione russa in Ucraina va avanti ormai da quasi due mesi, una guerra tutt’altro che lampo, che ha già messo in mostra l’orrore e la violenza nelle sue forme peggiori, con le vittime di questa atrocità che sono soprattutto i civili innocenti. Dallo scorso 24 febbraio ad oggi milioni di cittadini ucraini sono rimasti senza casa, tra chi è riuscito a fuggire dal Paese e gli sfollati che sono rimasti intrappolati nelle città poste sotto assedio, costretti a sopportare le atrocità e la repressione messa in atto dalle autorità russe.

Una serie avvenimenti che possono essere annoverati tra i crimini di guerra, ma quali prove esistono a sostegno di questa accusa contro le forze di Putin? Ne abbiamo parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia: "Come avevamo ammonito e temuto si tratta di una guerra come le altre, che colpisce soprattutto i civili attraverso attacchi indiscriminati, uccisioni sommarie anche per futili motivi, torture e trasferimenti della popolazione dal Paese occuoato a quello occupante. Se qualcuno credeva che una guerra in Europa sarebbe stata meno sporca o meno crudele di quelle avvenute in passato, si sbagliava di grosso. L’invasione militare russa in Ucraina rappresenta un atto illegale che vìola palesemente il diritto internazionale e i diritti umani".

Le prove dei crimini di guerra in Ucraina

Dall’inizio del conflitto in Ucraina, Amnesty si è adoperata per verificare e documentare gli attacchi contro la popolazione, quelli contro le infrastrutture civili come scuole e ospedali, oltre all’utilizzo di armi vietate dalle convenzioni internazionali. L’organizzazione internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani si avvale del lavoro del Crisis Evidence Lab, un team multidisciplinare che si occupa di verificare e segnalare eventuali violazioni: "Un gruppo di esperti ha il compito analizzare con strumenti digitali all’avanguardia le immagini che vengono segnalate o condivise in Rete, riuscendo a validare il contenuto tramite l’utilizzo di metadati e processi di geolocalizzazione. Un altro team - spiega Noury - è composto da esperti in armamenti, che invece identifica le armi utilizzate in battaglia, riuscendo ad individuare il tipo di arma usata, chi ce l’ha in dotazione e chi l’ha impiegata sul campo". "In questo modo - prosegue il portavoce di Amnesty Italia - riusciamo ad arrivare alla conclusione che sono stati commessi crimini di guerra: al momento sono oltre 20 i casi documentati. Inoltre, in due occasioni siamo riusciti ad entrare sul territorio ucraino, raccogliendo le testimonianze di alcuni sopravvissuti e parenti delle vittime: i loro racconti ci hanno permesso di ricostruire al meglio i casi in cui sono stati uccisi dei civili, anche per motivi futili, come il rifiuto di dare una sigaretta". 

I corridoi umanitari e la strategia del terrore

Un discorso a parte meritano invece i corridoi umanitari, quelle vie "sicure" che avrebbero dovuto condurre i cittadini fuori dalle città bombardate, e che invece sono state costantemente oggetto di interferenze e violenze nei confronti della popolazione. Una chiara strategia del terrore, come sottolineato da Riccardo Noury a Today.it: "Sui corridoi umanitari è necessaria una premessa. Chi ha assistito alla guerra in Siria ha già assistito ad una strategia russa denominata ‘o fame o resa’. Questa prevede l’assedio dei centri abitati, attacchi contro obiettivi civili e contro gli edifici adibiti a rifugi: una tattica utilizzata per terrorizzare la popolazione, farla arrendere e permettergli di uscire soltanto nelle ultime fasi del conflitto, così da poter conquistare agevolmente ciò che resta". "Questa strategia - spiega Noury - la stiamo vedendo sul territorio ucraino, dove la costante è quella di vedere non garantiti i corridoi umanitari, che sono sempre oggetto dei negoziati, ma senza una supervisione e una garanzia. Sono settimane che si tenta di aprire un corridoio umanitario da Mariupol, oggi ci sarà l’ennesimo tentativo, ma in questi due mesi i civili sono rimasti nella città assediata, anche in luoghi in cui non dovevano stare e in cui hanno perso la vita".

Bombe a grappolo e armi proibite

Una delle indagini che Amnesty International sta portando avanti è quella sulle armi "proibite", ma quali sono quelle utilizzate dalla Russia? "Sicuramente le bombe a grappolo - conferma Noury - non solo sono state avvistate, ma il 25 febbraio sono stati rinvenuti dei resti dopo un bombardamento contro un asilo nido a Okhtyrka: la struttura era utilizzata come rifugio per la popolazione civile. Un altro attacco verificato è avvenuto nella regione di Kharkiv, dove il presunto obiettivo, un a base militare, è stato mancato, con le bombe che sono finite contro i palazzi. L’utilizzo delle bombe a grappolo è proibito dalla convenzione della Nazioni Unite del 2008, a cui la Russia non ha aderito, ma il loro impiego rimane a tutti gli effetti un crimine", conclude il portavoce di Amnesty Italia.

A rendere proibita questa tipologia di arma sono proprio le sue caratteristiche e gli effetti che ha sul territorio che colpisce: "È un’arma che colpisce in maniera del tutto indiscriminata. Portata da un vettore, di solito un razzo, che giunto a destinazione sparpaglia gli ordigni su un’area vasta come un campo di calcio, distruggendo qualsiasi cosa si trovi nei pressi dell’impatto. Inoltre, circa un quarto di queste bombe non esplode, con i territori colpiti che diventano minati e inutilizzabili fino alla messa in sicurezza. Poi esistono anche altre armi che sono vietate soltanto se utilizzate contro obiettivi civili, come le bombe a caduta libera e i missili non guidati. Gli esperti di Amnesty International hanno verificato l’utilizzo da parte dei russi di un missile balistico 9M79 Tochka, un’arma estremamente imprecisa, che regolarmente manca il bersaglio di mezzo chilometro se non di più e che non dovrebbe mai essere usata nei centri abitati. Pericoli che vanno ad aggiungersi alle bombe lasciate nelle case e addirittura nelle lavatrici o alle mine piazzate vicino ai cadaveri, trappole che rendono pericoloso e a volte impossibile il loro recupero, se non con l’aiuto di corde o altri espedienti".

La situazione in Russia, tra propaganda e repressione

Ma se in Ucraina ogni giorno assistiamo ad ogni genere di violenza, la situazione in Russia è differente, tra la propaganda del Cremlino e le punizioni per chi si oppone al conflitto: "Capire quanti siano quelli a favore e quelli contrari al conflitto in Russia non è semplice - spiega il portavoce di Amnesty International Italia - in quanto ci sono diversi fattori in gioco. Non esiste più una stampa libera e dal 24 febbraio i media possono utilizzare soltanto fonti ufficiali, ossia il ministero della Difesa russo. Esiste poi un diffuso clima di paura, per cui mi risulta difficile reputare attendibili alcuni sondaggi, dove alla domanda se si è favore o contro la guerra non si può rispondere di essere contrari. Dall’inizio del conflitto abbiamo assistito a molte manifestazioni di massa, culminate con centinaia di arresti e procedimenti penali, i fermi degli attivisti che hanno messo in atto proteste non violente, come l’idea di mettere messaggi sulla guerra al posto dei prezzi dei prodotti al supermercato". "Poi ci sono tutte le misure contro la stampa – prosegue -150 giornalisti in esilio e condanne per chiunque scriva qualcosa contro l’operato della Russia in Ucraina. Lo scorso 8 aprile Mosca ha comunicato ad Amnesty e ad altre 14 ong la chiusura delle sedi in Russia, per aver commesso delle infrazioni non precisate alla normativa. Di fatto siamo stati esclusi dall’elenco dei gruppi con legami internazionali che operano sul territorio russo".

Con la campagna #AmnestyIsYou è possibile donare il 5x1000 per sostenere le ricerche sul campo fatte dal team di Amnesty per verificare e validare le prove che testimoniano i crimini di guerra commessi dai russi: "Dal punto di vista di un’organizzazione che si occupa di diritti umanitari desideriamo che al più presto ci siano di negoziati in cui sia possibile discutere di tutto, ma con le armi ferme. Speriamo ci siano delle indagini immediate da parte del Tribunale penale internazionale che possano documentare i crimini di guerra e dare alla popolazione ucraina la giustizia che merita. Amnesty vuole contribuire mettendo a disposizione tutte le prove raccolte dal nostro team di esperti, con il nobile obiettivo, evitare che al termine della guerra inizi il periodo dell’impunità", conclude Noury.

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