Così i cyber-attacchi hanno contribuito all’offensiva di Hamas
Poche ore prima, e nel corso dell'attacco a Israele, siti governativi, quotidiani e app governative sono stati manomessi da gruppi di hacker pro-Hamas, ma anche legati alla Russia
Un’ora prima che i primi razzi venissero sparati da Hamas, Israele era già sotto attacco. AnonGhost, un gruppo di hacker pro-palestinese aveva fatto comparire sugli schermi dei telefoni di migliaia di israeliani un allarme. Quello di un imminente attacco nucleare. Il gruppo era riuscito a bucare "Red Alert", l’app governativa per smartphone che invia una notifica ogni volta che un razzo viene lanciato contro Israele. Un vero e proprio schiaffo per una nazione considerata una delle più grandi potenze informatiche mondiali. E non è stato il solo.
A poche ore dall’attacco il maggiore sito governativo israeliano era praticamente irraggiungibile. Un attacco rivendicato dal gruppo di hacker pro-russo Killnet. “Il governo di Israele è responsabile per questo spargimento di sangue. Nel 2022 hai supportato il regime terrorista ucraino. Hai tradito la Russia. Oggi Killnet informa ufficialmente. Tutti i siti governativi di Israele saranno sotto attacco”. Questo il messaggio comparso sul gruppo Telegram “We Are Killnet”.
Un attacco portato avanti tramite Ddos, acronimo che sta per "Distributed Denial-of-Service". Una tecnica che rende non disponibile un sito web o una risorsa di rete sovraccaricandola di richieste.
Lo stesso tipo di attacco è stato utilizzato contro altri siti di pubblico dominio, come il quotidiano Jerusalem Post, praticamente irraggiungibile nella giornata di domenica 8 ottobre, mentre Hamas attaccava Israele.
The Jerusalem Post has been targeted by multiple cyberattacks this morning causing our site to crash.
— The Jerusalem Post (@Jerusalem_Post) October 8, 2023
We'll be back soon and will continue to be the top source of information on Operation Swords of Iron and the murderous attacks by Hamas. pic.twitter.com/6S2GOl6Wma
In questo caso l’azione è stata rivendicata da un gruppo chiamato Anonymus Sudan, gruppo di cybercrime ritenuto dagli analisti essere molto più vicino alla Russia che al collettivo Anonymus o al Sudan.
Ma non solo: Microsoft aveva denunciato, nei mesi scorsi, come molti hacker legati ad Hamas avessero provato a infiltrarsi all’interno di alcune tra le aziende strategiche israeliane per spiare, sottrarre dati sensibili e installare malware in molti sistemi informatici governativi. Attacchi portati avanti, recentemente, anche con falsi profili Linkedin, con i terroristi che si sarebbero finti manager e sviluppatori israeliani per contattare le vittime delle organizzazioni governative.
Nel frattempo un gruppo di hacker denominato “Ghosts of Palestine” ha invitato hacker da tutto il mondo ad attaccare infrastrutture pubbliche e private in Israele e negli Stati Uniti.
Ma gli obiettivi dei cyber-attacchi potrebbero presto puntare anche più in alto. Iron Dome è il famoso impianto di difesa missilistico israeliano capace di intercettare missili a medio e corto raggio. Il sistema di radar riesce a stabilire la traiettoria e gli impatti dei relativi attacchi missilistici. Il sistema può essere “messo in crisi" dall’abbondanza di missili lanciati, una tecnica basata sulla “saturazione”, ma forse anche da attacchi informatici. Uno scenario ritenuto improbabile al momento dalla maggior parte degli analisti, ma rivendicato da vari gruppi hacker, sia filorussi che filo-iraniani. Segno che la partita della guerra si gioca anche, e sempre di più, anche sul digitale.
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