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Domenica, 28 Aprile 2024
Il caso / Israele

Polemiche sul figlio di Netanyahu, il "disertore" che si gode la vita a Miami

L'erede del primo ministro israeliano si trova in Florida da aprile e non è tornato in patria dopo l'attacco di Hamas, al contrario di migliaia di connazionali rientrati per combattere

Mentre ha chiamato migliaia di riservisti in Israele a combattere nella striscia di Gaza contro Hamas, il figlio resta a Miami a fare "la bella vita". La polemica contro Yair Netanyahu, 32 anni, figlio ed erede del primo ministro Benyamin Netanyahu, è stata innescata diverse settimane fa in patria e arriva ora di riflesso sulla stampa internazionale. Il giovane non è nuovo a questo genere di controversie. Una situazione "privata" che mette ancora di più in crisi "Bibi" (il nomignolo con cui è ribattizzato il padre) e il suo governo di estrema destra, al centro di accese critiche da parte degli israeliani, furiosi per quanto accaduto il 7 ottobre scorso.

Chi è il rampollo

Laureato in relazioni internazionali alla Hebrew University of Jerusalem, Yair si era già distinto per gli slogan della destra nazionalista più estrema, come per delle bravate nell'ambito di una vita privata da privilegiato. In passato ha accusato l’ex primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, assassinato nel 1995 e che aveva riconosciuto l'Autorità palestinese, di "aver ucciso i sopravvissuti all'Olocausto". Non era mancato l'appoggio ai suprematisti bianchi americani, a Viktor Orbán, Matteo Salvini e Nigel Farage. Ci sono stati poi i gossip per i flirt con modelle scandinave non ebree e visite agli strip club testimoniate dai paparazzi. Ha anche perso una causa per diffamazione, dopo aver attribuito ad un'avversaria politica del padre una relazione sentimentale rivelatasi inesistente.

Sparito dai radar

Papà "Bibi" Netanyauh e la mamma Sara lo avevano spedito in Florida ad aprile, in un momento critico per il governo guidato dal padre, tartassato da critiche incessanti e manifestazioni in piazza contro la sua riforma della giustizia. Da allora Yair era sparito dai radar, messo a tacere dalla sua stessa famiglia che lo ha sottratto così anche alle denunce per diffamazione ricevute dal rampollo. Dopo l'attacco sanguinoso di Hamas ad Israele e i bombardamenti a Gaza, la stampa israeliana è tornata ad accendere i riflettori su di lui. Il giovane che non aveva esitato a definire "terroristi" gli israeliani scesi in piazza contro il padre, ha preferito restare al sicuro negli Stati Uniti dopo la "dichiarazione di guerra al terrorismo di Hamas".

I privilegi di un rampollo

In Israele la leva militare è obbligatoria e dura tre anni per gli uomini e due per le donne, tranne per i religiosi ortodossi. La famiglia Netanyahu ha offerto nelle generazioni precedenti soldati che hanno indossato la divisa delle forze speciali d'élite del Sayeret Matkal. Si ricorda in particolare il fratello maggiore di Bibi, Yonathan, detto Yoni, nato a New York nel 1946, che si era arruolato durante la guerra dei sei giorni. Ripresa l'università era tornato nella forze di difesa israeliane nel 1973 per la guerra del Kippur.  A soli 29 anni Yoni morì da "eroe" per aver partecipato al blitz per la liberazione degli ostaggi del volo Air France Tel Aviv-Parigi dirottato nel 1976 a Entebbe, in Uganda. Una storia molto diversa da quello di Yair rimproverato oggi di abbandonare proprio nel momento del bisogno il suo Paese e soprattutto i suoi coetanei costretti ad abbracciare le armi e a tornare in patria per combattere contro i terroristi di Hamas. 

La rabbia dei coetanei riservisti

"Yair si gode la vita a Miami Beach mentre io sono al fronte", ha dichiarato al Times un volontario della riserva al confine col Libano dove pressano gli Hezbollah. Non è bastata a calmare le acque la presenza dell'erede dei Netanyahu il 17 ottobre a Fort Lauderdale, intervenendo ad un evento di raccolta di aiuti organizzato dall'ong ebraica Yedidim Usa per sostenere le famiglie colpite dagli attacchi di Hamas. Mentre si moltiplicano le storie di connazionali rientrati a difendere la patria Yair viene ormai considerato un "latitante" e un disertore. "Tanti di noi hanno lasciato il lavoro, le famiglie, i figli per tornare nella nostra nazione a proteggere la nostra gente", ha affermato un riservista alla stampa britannica. "E non siamo noi ad avere la responsabilità di quanto è accaduto", ha aggiunto il soldato sottolineando così le responsabilità e le negligenze che tantissimi israeliani rimproverano al governo di Netanyahu e agli apparati di intelligence dopo le gravi perdite subite nell'attacco del 7 ottobre.

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