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Martedì, 30 Aprile 2024
L'intervista

"I miei genitori avevano visto le esercitazioni di Hamas, ma il governo non li ha protetti"

Maoz Inon organizzava pellegrinaggi in Terra Santa. Ha perso il padre e la madre nell'attacco di Hamas il 7 ottobre. Ma, come racconta a Today.it, ora chiede lo stop alla guerra: "Molti avevano segnalato i preparativi del massacro: perché Netanyahu non li ha fermati?"

Dallo scorso 7 ottobre Maoz Inon ha un solo motto: "Not in my name". Lo stesso slogan utilizzato da chi si opponeva alle guerre al terrore dei primi anni Duemila. Maoz è un cittadino israeliano di 48 anni. Organizza tour in Terra Santa e la sua azienda gestisce una serie di ostelli che promuovono il turismo sostenibile. Ha tre fratelli e una sorella, dei nipoti e due genitori amorevoli.

La sua vita cambia drasticamente, come quella di molti cittadini israeliani, il 7 ottobre scorso. In quel giorno Hamas attacca il moshav (una comunità agricola cooperativa costituita da singole abitazioni) di Netiv HaAsara, a pochi passi da Gaza, dove vivevano i suoi. Maoz racconta di aver chiamato suo padre la mattina di quel terribile giorno di shabbat. Si è sentito rispondere che c'era in corso un attacco con dei razzi e che lui e la madre si sarebbero rintanati nel bunker. È l'ultima conversazione che ha avuto con lui. L'abitazione è stata completamente distrutta da un missile di Hamas. 

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Dei suoi genitori ricorda che erano persone di pace e che il padre, agronomo, era un inguaribile ottimista. Ogni anno diceva che il raccolto sarebbe andato meglio di quello dell'anno prima. Ne è convinto anche Maoz che, dallo scorso 7 ottobre, sta cercando di onorare la loro memoria cercando di seminare quelli che definisce i "semi della pace". E la sua storia è anche il simbolo di una fetta di paese laico e progressista che sta contestando duramente il governo di Benjamin Netanyahu e che non giustifica il massiccio intervento militare israeliano di questi giorni a Gaza. Maoz ha accettato di raccontarsi a Today.it. 

Maoz, com'è nato il suo impegno per la pace? 

"Non ho mai considerato me stesso come un attivista pacifista. Penso paradossalmente che i miei genitori si potessero definire così. Nella tradizione ebraica esiste un tempo del lutto che dura sette giorni: si chiama ‘Shiva’. Terminato questo periodo ho sentito che avevo una missione molto chiara: aiutare a riportare a casa gli ostaggi rapiti da Hamas, lavorare per un cessate il fuoco, far dimettere Netanyahu e creare un futuro di pace dove i palestinesi e gli israeliani possano finalmente vivere pacificamente tra il Giordano e il Mediterraneo. Sembra un progetto ambizioso, ma sono tutte cose correlate. Le nostre stelle polari devono essere i valori di giustizia, unità e uguaglianza. Ecco, da un mese a questa parte, questo è il mio impegno". 

Tutte le volte che israeliani e palestinesi hanno (quasi) fatto la pace

Non ha mai pensato alla vendetta? 

"Il sentimento della vendetta è molto umano: siamo gli unici esseri viventi che la contemplano. Ma al limite spetta a Dio, non a noi. Noi dobbiamo utilizzare gli strumenti del perdono e della riconciliazione. Basta vedere dove l’odio e le vendette ci hanno portato. Dobbiamo ridare spazio alla razionalità: quanta gente ancora deve morire per raggiungere una pace solida e durevole? La vendetta non mi restituirà mai i miei genitori". 

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Che giudizio dà del governo Netanyahu?

"Netanyahu ha tradito completamente le promesse per cui è stato eletto, ovvero garantire pace, sicurezza e stabilità di governo. Non solo il governo ha fallito nel garantire tutto questo, ma ha tradito anche Israele, i miei genitori e ora i cittadini ostaggi nelle mani di Hamas".

In che modo Netanyahu ha tradito il suo popolo?

"È stato lui a rendere possibile questa catastrofe e non può essere ora parte della soluzione: verrà considerato come il peggior premier israeliano della storia. Lo stato di Israele è nato con una premessa: che i progrom e gli orrori del passato non si ripetessero più. Sotto il governo Netanyahu sono stati massacrati migliaia di ebrei: non succedeva da più di 80 anni. Ha tradito il nostro valore fondante e poi ci ha trascinato in una guerra insensata che minaccia la nostra stessa esistenza". 

A Gaza Israele non ha un piano per il dopoguerra

Cosa si rischia?

"Se si insiste sulla sua agenda questa spirale d’odio insensata continuerà, così come i lutti, perché sfortunatamente tutti i leader occidentali lo sostengono. Tutto ciò è una vergogna, oltre che una catastrofe. Lo è per tutti: israeliani e palestinesi". 

Cosa pensa di Hamas?

"Hamas è un’organizzazione terroristica fondamentalista che opprime di fatto la gente di Gaza, oltre a uccidere i civili israeliani, ma il suo potere e la sua popolarità è indirettamente alimentata dalle politiche del nostro governo. È anche per questo che i terroristi vogliono che la guerra continui e che la tensione resti alta. Del resto è un ciclo, l’odio chiama solo altro odio. Dobbiamo dichiarare un immediato cessate il fuoco, seppellire i nostri morti, curare le nostre ferite e lavorare per un futuro di pace". 

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Hamas e il governo Netanyahu sono parte dello stesso problema?

"Mi limito a dire che non è stato fatto nulla per arrestare i preparativi che hanno portato al massacro del 7 ottobre. I terroristi non hanno certo improvvisato. I miei genitori, e i loro vicini, si sono accorti dai colpi d'arma da fuoco, dalle prove di parapendio e dal grande uso di mezzi motorizzati, che Hamas poteva preparare qualcosa. Il governo non ha fatto nulla. Perché? Perché Netanyahu ha tradito i suoi cittadini, non gli è importato nulla delle vittime, ma solo di se stesso". 

Che differenza c'è tra i kibbutz dove vivevano i suoi genitori e i nuovi insediamenti in Cisgiordania al centro della cronaca di questo giorni?

"Tutte le comunità che sono state attaccate dai miliziani di Hamas sono all’interno dei confini internazionali dello Stato di Israele stabiliti nel 1948. Altra cosa sono i nuovi insediamenti dei coloni in Cisgiordania appoggiati da questo governo che sono illegali. Sono possibili solo per la presenza dell’esercito israeliano e sono stati annessi al nostro Stato in violazione delle leggi internazionali. Tutto ciò è l’opposto dell’esperienza e dei valori promossi dai miei genitori".

Cosa si può fare per mettere fine a questa spirale di violenza?

"Bisogna fare pressione a livello internazionale per avere un immediato cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi: tutta la comunità internazionale deve essere coinvolta". 

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Cosa accomuna israeliani e palestinesi?

"Tutti gli israeliani hanno una sorta di sindrome dell’accerchiamento, pensiamo che il mondo sia contro di noi e ci sentiamo costantemente delle vittime. La stessa cosa avviene spesso per i palestinesi. Siamo come due bambini soli che vivono fianco a fianco. Questa solitudine ci ha reso entrambi disperati. Abbiamo bisogno di non sentirci più soli e di un impegno internazionale che ci aiuti a vivere insieme e a guardare ai valori che dovrebbero stare a cuore a entrambi: uguaglianza, pace e giustizia. Dobbiamo usare la tragedia che ha colpito i miei genitori, molti miei amici e troppi civili palestinesi per mettere un punto all’odio e guardare al futuro". 

Quale può essere la soluzione? 

"Non sono un politico, né un diplomatico, non ho soluzioni, ma è evidente che abbiamo bisogno di un summit internazionale come sono stati organizzati in passato. Dobbiamo sforzarci di evitare ulteriori bagni di sangue e non cedere alla logica della guerra. Dobbiamo continuare a cercare la pace e il dialogo: tutte le volte che non lo abbiamo fatto le cose sono solo peggiorate".

E qual è la premessa?

"Che il governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu si dimetta immediatamente". 

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