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Lunedì, 29 Aprile 2024

L'editoriale

Eva Elisabetta Zuccari

Giornalista

C'è un prima e un dopo quest'inverno, per il femminismo

Al ritorno dalla Germania, Filippo Turetta trova un muro di donne. Sono quelle scese in piazza in tutta Italia nella giornata per l'eliminazione della violenza di genere, sabato 25 novembre. Nelle stesse ore in cui l'omicida di Giulia Cecchettin rientra dall'estero, dove era fuggito per oltre mille chilometri partendo dal paese di Vigonovo, in Veneto, un esercito di adolescenti si dispone attorno alle scale del Liceo Tasso di Roma gridando contro qualsiasi prevaricazione: "Tutte insieme facciamo paura", urlano in un video diventato virale. Sono le nuove generazioni cresciute a pane e "femminismo social", quelle che da tempo hanno riscoperto con forza la lotta alla parità di genere. Ma la novità è che quest'anno in strada sfila anche un altro cartello: c'è scritto "sei in tempo pure te, mamma" ed è un omaggio al film di Paola Cortellesi "C'è ancora domani", che ha finalmente avvicinato al tema un pubblico più trasversale.

Qualcosa è cambiato. Lo dicono anche i numeri: a scendere in piazza quest'anno sono state oltre 500mila persone, il doppio degli anni passati. Tra i presenti, non solo i volti portati tradizionalmente in piazza dalle associazioni, né solamente le ragazze spinte dai social media (perché ogni attivismo serve, anche quello stipendiato dalle influencer, ratificava la scrittrice Michela Murgia), ma una moltitudine di gente nuova. Anche famiglie intere. C'è infatti un prima e un dopo quest'inverno, per il femminismo in Italia: gli ultimi mesi hanno sfilato la questione dalle mani del mero posizionamento politico - e, in particolare, dall'appannaggio di una certa sinistra percepita come intellettuale, poco popolare e respingente - per restituirlo al piano sociale. Al piano del problema sociale. E questo accelererà tempi del cambiamento, lunghi ma già in corso da generazione a generazione.

L'ultimo inverno, segnato da una concatenazione di eventi di cronaca particolarmente mediatici, ha portato la rabbia di ognuno a un livello superiore. A un livello ulteriore di auto analisi. L'onda emotiva arrivata per la morte di Giulia Cecchettin, uccisa a 22 anni dal compagno, proprio nel giorno prima della laurea, ovvero sul nascere della sua autodeterminazione, ha seguito il dolore per l'uccisione di un'altra Giulia, Giulia Tramontano, accoltellata lo scorso giugno dal compagno mentre, appena 29enne, era al settimo mese di gravidanza. Fatti accaduti a stretto giro che più degli altri - oltre cento le vittime di femminicidio solo nel 2023, citate con nome e cognome in una doverosa copertina del Corriere - hanno stretto nella collera un Paese intero, interrogato - e messo alle strette - dall'età giovane delle protagoniste. 

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L'approccio vincente di Paola Cortellesi 

Un livello ulteriore di auto coscienza a cui - spostandoci dalla cronaca alla cultura, ma restando nel raggio dell'intero Paese - la stessa Paola Cortellesi ha contribuito. La sua opera prima "C'è ancora domani", in sala da ottobre, è stata fondamentale per restituire la materia della rivendicazione a un pubblico più ampio. Il suo approccio, vincente. Nessuna lezione morale dichiarata, ma solo i fatti messi in fila: alla regista è bastato tornare indietro di poche generazioni per riscoprire legittima la subordinazione tra i sessi, suggerendo così le battaglie che ogni donna combatte tutt'ora senza saperlo (rendere conscio l'inconscio è un compito che solo i veri artisti sanno assolvere, ndr), dalla violenza domestica all'indipendenza economica al sessismo. Senza vittimismi di retorica nelle interviste, perché non è più tempo, ma col sorriso che può dare la libertà quando viene praticata. In piazza, ad esempio.

Il muro di donne visto l'altra sera in piazza assomigliava tanto a quello che Ivano, padre padrone interpretato nel film da Valerio Mastandrea, si trova davanti quando alza un braccio teso verso l'ennesimo schiaffo alla moglie Delia. E qualcosa è cambiato anche perché nelle ultime settimane anche gli uomini hanno messo per la prima volta in discussione loro stessi, mostrandosi presenti al dibattito, seppure più o meno convinti.

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Il femminismo è il contrario della solitudine 

Al di là insomma delle questioni che possono essere risolte solo in sede politica - solamente la politica può dare priorità concreta al tema dell'educazione sessuale nelle scuole (la direttiva ministeriale di Valditara è ben lontana dalle misure eccellenti dell'Austria, qui ben spiegate); solamente la politica può ascoltare la voce di tutte quelle donne che hanno denunciato l'inadeguatezza della polizia di fronte alle loro denunce - qualcosa sembra sia cambiato nella coscienza. Nella consapevolezza che il femminismo è il contrario della solitudine. E la speranza è che questo resti, anche quando quest'ondata mediatica si sarà sgonfiata.

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Il femminismo è il contrario della solitudine-3

Crediti foto Instagram Elisabetta Moro

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