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Venerdì, 26 Aprile 2024
Il quadro

Adesso i politici sono costretti a lavorare

I membri delle commissioni si sono dimezzati e ora si lavorerà più celermente. Lo dicono i numeri ma lo dicono anche i deputati dopo l'elezione dei presidenti

"Partecipare alle commissioni mi ha fatto un certo senso perché eravamo almeno la metà della scorsa legislatura. Almeno adesso potremo lavorare meglio". Il commento di un deputato d'esperienza di uno dei gruppi della maggioranza di governo dà il polso di come cambieranno i lavori degli organi collegiali in questa diciannovesima legislatura. L'impressione, da lui esternata attraversando il Transatlantico di Montecitorio, viene condivisa da altri colleghi, che prima lavoravano in commissioni parlamentari di oltre quaranta persone e oggi si ritrovano in gruppi di lavoro composti da venticinque, massimo trenta membri. Merito della riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. I membri delle commissioni si sono dimezzati e ora si potrà lavorare più celermente. I numeri parlano chiaro: i partiti di maggioranza, se vorranno evitare disastri, non potranno più permettersi di regolare i loro conti in commissione. Attenzione a mandarsi messaggi in codice con assenze sospette e voti ambigui. Scongiurato il pericolo all'Aula di Palazzo Madama, pallottoliere alla mano, si rischia di lasciare varchi aperti alle forze di opposizione.

I numeri delle commissioni parlamentari

La scorsa settimana si sono formate le nuove commissioni permanenti alla Camera dei deputati. Guardando i numeri, si vede come lo scarto tra quella che dovrebbe essere la maggioranza e l'opposizione, è davvero minima e si gioca su una manciata di deputati. Per esempio, agli Affari costituzionali, sono diciassette contro tredici; alla Giustizia sono diciotto contro tredici; alla Finanze sono sedici contro dodici; al Lavoro sono quindici contro dodici e all’Agricoltura sedici contro undici. Insomma, tenendo anche conto che ci sono occasioni in cui per prassi i presidenti non votano, si può arrivare anche a uno scarto di due o tre deputati, per cui non ci vuole molto a far fibrillare la maggioranza di governo. 

Al Senato la situazione è ancora più rischiosa. Ce se ne rende conto solo guardando la commissione Giustizia e quella Bilancio: in entrambe dieci senatori delle opposizioni contro dodici a sostegno del governo Meloni. Le partite rischiano di giocarsi sui singoli.

Perché la maggioranza non rischierà (quasi mai) al Senato

Per questo motivo, quanto detto dal deputato all'uscita dalla formazione delle commissioni alla Camera, è la rappresentazione di una condizione di maggiore agevolezza nel lavoro parlamentare. Tuttavia rischia di diventare un'arma a doppio taglio per i partiti che sostengono il governo Meloni. Se Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia dovessero andare d'accordo, non solo potranno portare a casa i risultati ma potranno anche procedere spediti come mai nelle esperienze precedenti nella storia perché ci sono la metà delle persone da mettere d’accordo. Al contrario, se le commissioni dovessero trasformarsi in un terreno di scontro fra bande, allora diventeranno delle sabbie mobili. 

La pace per ora sembra regnare, soprattutto alla luce delle nomine dei presidenti e vice presidenti alle commissioni della Camera. Non solo rispecchiano alla perfezione la proporzione dei numeri con cui le forze di centrodestra hanno vinto alle elezioni politiche ma sono serviti a consegnare il giusto riconoscimento a chi, suo malgrado, è rimasto fuori da ruoli di ministro o sottosegretario. 

Le nomine alla Camera che placano gli animi del centrodestra

Sono sette per Fratelli d'Italia. Marco Osnato è stato eletto presidente di commissione Finanze alla Camera. Anche il neo presidente di commissione giustizia Ciro Maschio viene da Fratelli d'Italia e dalla precedente legislatura come membro della stessa commissione. Giulio Tremonti, che sperava di fare il ministro, è stato nominato presidente della commissione Esteri. Alla Cultura è di Federico Mollicone, tra fondatori del partito di Meloni. La commissione Ambiente è guidata da Mauro Rotelli. Invece Salvatore Deidda, già membro della commissione Difesa, diviene presidente di quella sui Trasporti. Infine alla commissione Lavoro, Walter Rizzetto.

Quattro al partito di Matteo Salvini. Antonio Minardo della Lega è stato eletto presidente della commissione Difesa. Mirco Carloni, già vicepresidente e assessore della Regione Marche, è il nuovo presidente della commissione Agricoltura. Alle Politiche Ue Alessandro Giglio Vigna e alle Attività produttive Alberto Gusmeroli.

Forza Italia ne prende tre. Al Bilancio arriva Giuseppe Mangialavori dopo aver visto una mancata nomina da sottosegretario. A Nazario Pagano va la presidenza della commissione Affari costituzionali. Il forzista Ugo Cappellacci è il nuovo presidente della commissione Affari sociali, di cui nella Legislatura precedente era membro. 

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