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Venerdì, 26 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Addio "vecchia" politica: c'è vita fuori dai partiti e dal parlamento

La vera politica nel 2022 si farà soprattutto fuori dal parlamento. Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, nel suo discorso davanti alle camere riunite, ha detto, tra le altre cose: "La sfida che si presenta a livello mondiale per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti e anzitutto le istituzioni. Dipenderà, in primo luogo, dalla forza del parlamento, dalla elevata qualità della attività che vi si svolge, dai necessari adeguamenti procedurali. Vanno tenute unite due esigenze irrinunziabili: rispetto dei percorsi di garanzia democratica e, insieme, tempestività delle decisioni. Per questo è cruciale il ruolo del parlamento, come luogo della partecipazione". Il capo dello Stato ha sottolineato che bisogna  tutelare in tutti i modi possibili i tempi di azione e le dinamiche parlamentari. E' necessario, particolarmente sugli atti fondamentali di governo del Paese, che il "parlamento sia sempre posto in condizione di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati. La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi”. Perché riportiamo tutto questo? 

Il punto è che non arrivano segnali incoraggianti dal "palazzo". Se, per la seconda volta consecutiva, un parlamento non riesce a trovare una soluzione che non sia la rielezione del Capo dello Stato, non è una buona notizia. Lo spettacolo di mille deputati e senatori che non sanno trovare vie nuove e condivise per uscire dallo stallo (o che comunque che rinunciano a provarci dopo un manciata di passaggi a vuoto) conferma nell'opinione pubblica l'idea che la politica fatichi a trovare un terreno comune per il bene di tutti. Se la legge di bilancio arriva da anni "tra le mani" di deputati o senatori senza che ci sia il tempo effettivo di discuterne diffusamente nelle sedi preposte, prima del voto definitivo, c'è qualcosa che non va nel sistema. Lo scarto tra un mondo social digitalizzato, avvezzo all'immediatezza, e i cerimoniali di Montecitorio, Palazzo Madama e Quirinale non è mai stato così ampio.

Per l'ennesima volta si torna a parlare di riforma dei partiti, dell'orizzonte di un semipredenzialismo, di una nuova legge elettorale che viri verso il proporzionale, senza più deputati nominati e cooptati dai leader di turno. Utopie nell'Italia di oggi. Come ha notato quell'acuto osservatore e indispensabile attivista che è Marco Cappato, "chi affonda non rifonda". Se la rinascita, il rafforzamento, la riforma (chiamatelo come volete) del sistema è nelle mani proprio di quegli stessi leader impotenti, di quei partiti in balia di correnti vecchie e nuove, di coalizioni puramente tattiche, unite da niente, sfilacciate e debolissime, come si può pensare che in un anno scarso di legislatura rimasto si riesca a trovare la quadra per una radicale riforma costituzionale, in piena campagna elettorale? Dall'estate sarà tutti contro tutti verso le elezioni politiche 2023. 

"La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza", ha anche detto Mattarella, "dipendono, in misura non marginale, dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al confronto. I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali. Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica. Il Parlamento ha davanti a sé un compito di grande importanza perché, attraverso nuove regole, può favorire una stagione di partecipazione".

La partecipazione vera però arriverà da altre sponde. Alcune scelte politiche molto sentite dai cittadini e care alla sensibilità di ampi settori della popolazione nel 2022 saranno probabilmente nelle mani non solo dei partiti. La Corte costituzionale infatti il 15 febbraio dovrà decidere se ammettere i quesiti referendari, e dunque entro l'inizio dell'estate si dovrebbe votare sulle legalizzazioni di eutanasia e cannabis e su una radicale riforma della giustizia (in tutto sono sul piatto sei referendum sulla giustizia più quelli su eutanasia attiva e cannabis legale). Seicentotrentamila firme in una settimana, il 70% di persone sotto i 35 anni. Questi sono i numeri della risposta alla prima chiamata online di sempre per indire il referendum sulla legalizzazione della cannabis. Meravigliarsi, o ridurre il tutto a un fenomeno spiegabile solo con la tecnologia e gli smartphone onnipresenti, significa non avere più il polso del paese. 

Un giovane di oggi interessato alla partecipazione, si rivolge alle associazioni e ai comitati snelli che lavorano in ambiti e per obiettivi specifici. Raramente chiama la sede locale di un partito (tra l'altro le sedi fisiche stanno chiudendo i battenti un po' ovunque, soprattutto nell'Italia lontana dalle grandi città).

Cannabis, giustizia, eutanasia. Sono i temi più urgenti, importanti e decisivi per la vita quotidiana della maggior parte dei cittadini? Forse no. Ma sono argomenti fondamentali per la libertà delle persone e alcuni anche per gli assetti istituzionali. Il cuore della politica, quell'elemento in grado di creare connessioni profonde con l'elettorato, sembra risiedere sempre più nell'iniziativa popolare, nell'associazionismo e nei comitati referendari piuttosto che nelle compassate strategie dei partiti. Nuovi metodi, vecchia passione. Quella che manca nel modo in cui viene percepita la politica partitica, per la quale le proposte sono sulla carta sempre "obiettivi da raggiungere", ma di fatto sono strumenti elettorali da agitare per smuovere le acque, possibilmente senza mai spingersi davvero fino al traguardo. Ma se la forbice tra provvedimenti impattanti sulla vita reale e le liturgie degli scranni del parlamento si allarga, abbiamo un problema di rappresentanza vero. 

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