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Lunedì, 29 Aprile 2024
L’analisi

Salvini corteggia Vannacci per arginare Meloni, ma rischia la beffa

Il leader del Carroccio confida che il generale possa portare quella "dote" che consentirebbe alla Lega di raggiungere il 10 per cento, ma forse sta sbagliando i suoi calcoli

Ormai non è più un semplice retroscena ma un'ipotesi realistica. Matteo Salvini, che ha annunciato di non volersi candidare alle elezioni europee 2024, punta a mettere in lista il generale Roberto Vannacci, reduce – si fa per dire – dal successo del suo libro autoprodotto "Il mondo al contrario". L’obiettivo ancora non dichiarato è schierare il "fuoriclasse" che rompa gli equilibri sul campo, magari in tutte le circoscrizioni.

La sfida di primavera, unita alle divisioni sulle candidature alle prossime regionali, agita la coalizione del centrodestra. Salvini teme una reazione a catena che potrebbe scrivere la parola fine sulla sua acciaccata leadership: la non riconferma di Christian Solinas in Sardegna, il no al terzo mandato per i presidenti di regione e una Lega sotto il 10 per cento alle europee. All’indomani dell’ennesimo flop elettorale, che sarebbe aggravato da una Giorgia Meloni "piglia tutto" al 30 per cento, nel partito in molti potrebbero chiedere la sua testa e costringerlo a cedere il timone all’ormai "svincolato" presidente del Veneto.

La carta Vannacci

È un’ipotesi che il leader del Carroccio vuole ovviamente allontanare e per farlo sta cercando "nomi forti" per arginare il più possibile lo tsunami meloniano e riequilibrare i numeri nel centrodestra, anche in previsione di una prossima manovra finanziaria che si preannuncia lacrime e sangue in virtù dei nuovi vincoli imposti dall’Europa e sottoscritti dallo stesso governo Meloni; una manovra in cui i margini per accontentare piccole e grandi fette di elettorato saranno strettissimi, se non inesistenti. In questo contesto si inserisce la "voglia di Vannacci" del leader leghista: il generale ha una compatibilità pressoché totale con il "Salvini-pensiero" su argomenti chiave della propaganda del capitano come il ruolo della donna nella società, i diritti della comunità Lgbt, l’immigrazione, la "legittima difesa", la cosiddetta "italianità" e altre creature fantastiche.

Il generale vale il 3 per cento ma…

Secondo alcune proiezioni (di parte...), Roberto Vannacci potrebbe valere, da solo, il 3 per cento: una stima senz’altro verosimile ma che potrebbe rivelarsi bugiarda. I principali istituti di ricerca, infatti, ci dicono da tempo che l’astensione dal voto incide molto sul campo del centrosinistra e pochissimo su quello del centrodestra e questo grazie alle indubbie capacità di veicolare messaggi graditi a quell’elettorato da parte di Giorgia Meloni e dello stesso Matteo Salvini. Ne consegue che il 3 per cento che porterebbe in "dote" Roberto Vannacci sarebbe già – in larga parte – nelle disponibilità dei due partiti.

Il rischio "beffa"

La speranza di Matteo Salvini è che quel potenziale 3 per cento sottragga soprattutto a Fratelli d’Italia e questo gli consentirebbe di raggiungere l’ambita soglia psicologica del 10 per cento, di mettere a tacere i malumori interni e di sedersi al tavolo degli alleati con un rinnovato potere contrattuale. Al contrario, il leader legista rischia di andare incontro a una clamorosa beffa. Se gli elettori di Vannacci dovessero rivelarsi già in forza alla Lega, Salvini non solo non fallirebbe l’obiettivo elettorale, ma si ritroverebbe nuovamente sul banco degli imputati per aver coinvolto il partito nell’ennesima operazione spregiudicata. In entrambi i casi, portare dentro una figura come Vannacci potrebbe creargli non pochi problemi: il generale è già oggi un personaggio molto strutturato che – anche grazie agli endorsement di Salvini – attira le simpatie di molti dirigenti locali e elettori leghisti.

Molti di loro, potrebbero scegliere di "rottamare" il capo in declino e cedere al fascino della divisa, una divisa originale e non presa in prestito come una di quelle sfoggiate in questi anni dal segretario. Il diretto interessato, nel frattempo, continua la sua trattativa solitaria confermandosi abile stratega: "Se mi chiamasse Elly Schlein o qualcun altro del Pd, cosa che però ritengo assai improbabile, io ascolterei anche loro e poi prenderei le mie decisioni", da dichiarato recentemente. Che tradotto suona un po’ come: "Chi vuole quel 3 per cento deve assicurarmi qualcosa di più di un anonimo seggio all’Europarlamento". Insomma, il generale non ci sta a fare il soldato semplice, il capitano è avvertito.

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