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Sabato, 27 Aprile 2024
Nuove terapie

"Così possiamo stampare i tumori": la nuova frontiera dell'oncologia

Una biostampante 3D low cost sviluppata da Enea offrirà a molti più ricercatori la possibilità di testare l'efficacia di farmaci e terapie anticancro in laboratorio

Studiare la biologia del cancro è indispensabile per mettere a punto nuovi trattamenti. E un dispositivo sviluppato dai ricercatori di Enea, in collaborazione con l’azienda toscana Kentstrapper Srl, promette di renderlo più semplice che mai. Si chiama BioVERVE, ed è una biostampante a basso costo, in grado di stampare in 3D i tessuti tumorali con la precisione delle biostampanti professionali più costose, e di rendere così molto più accessibili le più moderne tecnologie di sperimentazione preclinica di farmaci e terapie oncologiche innovative. 

“Rispetto alle tradizionali culture in vitro, i modelli 3D biostampati sono in grado di mimare in maniera più efficace il tessuto umano, sano o patologico, fornendo un modello complementare per studi sugli effetti delle radiazioni e delle terapie chemioterapiche sui tumori”, spiega Francesca Antonelli, ricercatrice del Laboratorio ENEA di Tecnologie biomediche che collaborato allo sviluppo del nuovo prototipo di biostampante descritto sulla rivista Applied Sciences

La biostampante sviluppata da enea-2

Vista la maggiore efficacia, negli ultimi dieci anni l’impiego dei modelli 3D per lo studio del cancro è aumentato decisamente. Ma l’impatto di questa tecnologia è tutt’ora limitato dai costi elevati delle biostampanti, che oscilla tra i 50 e i 200mila dollari, e impedisce a molti laboratori, soprattutto in ambito universitario, di potervi accedere. “Ecco, quindi, la nostra idea di trasformare una stampante 3D a basso costo in una biostampante 3D home-made in grado di stampare con ottimi risultati un modello tridimensionale di medulloblastoma, il principale tumore cerebrale pediatrico”, continua la ricercatrice. 

La speranza dei ricercatori Enea è che il nuovo sistema BioVERVE aiuti a semplificare le procedure necessarie per traghettare una terapia promettente in laboratorio verso la pratica clinica. Spesso, infatti, i nuovi potenziali farmaci oncologici faticano a replicare i risultati ottenuti in vitro una volta sperimentati su modelli animali ed esseri umani, e parte della colpa è probabilmente da attribuire alla mancanza di modelli cellulari preclinici in grado di replicare fedelmente la complessità del contesto clinico.

“La possibilità di modificare le stampanti 3D non professionali per adattarle ai processi di biostampa è in grado di ridurre in modo considerevole i costi di acquisizione della strumentazione da parte dei laboratori, consentendo l’accesso alla tecnologia da parte di una più vasta platea di ricercatori e, di conseguenza, aprendo la strada a nuove linee di ricerca biomedica”, conclude Antonelli.

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