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Martedì, 30 Aprile 2024
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Francesca Fialdini a ruota libera: "In ogni donna c'è un condominio, per questo siamo meravigliose"

Protagonista della domenica pomeriggio di Rai1, un viaggio televisivo nel mondo dei disturbi alimentari che si è appena concluso e una nuova esperienza in radio per raccontare le donne. La conduttrice a Today: "Mi sento una nomade, ma il treno più bello è quello che mi riporta a casa"

"Sto camminando sul lungotevere, dà fastidio il rumore delle macchine?". Francesca Fialdini è così, sempre in movimento, tra gli studi Fabrizio Frizzi di Roma - dove la domenica pomeriggio va in onda suo gioiellino 'Da noi a ruota libera', di cui ha da poco finito le prove - e quelli di Radio 2 in via Asiago, che ospitano 'Milledonne e un uomo', il nuovo programma che conduce insieme a Franz Coriasco. In mezzo c'è quello che lei considera "il viaggio più bello", all'interno della mente umana, fatto in queste settimane con 'Fame d'amore', la docuserie sui disturbi alimentari in onda in seconda serata su Rai3 - stasera, lunedì 16 novembre, l'ultima puntata - girata in due strutture all'avanguardia, tra cui Villa Miralago, il più grande centro nazionale per la cura di questa subdola patologia. Toscana, trapiantata a Roma vent'anni fa, sempre pronta a fare la valigia e partire, ma in questo periodo ammette: "Il treno più bello è quello che mi riporta a casa, sulle Alpi Apuane". 

La seconda stagione di 'Fame d'amore' sta per concludersi. Che viaggio è stato?
"Fondamentale. Credo che ci sia un prima e un dopo nel mio percorso professionale fatto finora. Fame d'amore mi ha portato su una strada che cercavo da tempo, mi ha portato dentro la mente delle persone, che è la cosa più difficile da raccontare. Ho avuto la fortuna di lavorare con un team molto preparato, non solo dal punto di vista televisivo, ma anche rispetto al contenuto. Da un lato mi ha permesso di fare la cosa che ho sempre voluto fare, il viaggio più difficile, che è raccontare la mente, dall'altro ho avuto la fortuna di farlo bene credo". 

Com'è stato entrare in quei centri? 
"Villa Miralago e le altre strutture che abbiamo visitato sono luoghi che cercano di essere il più possibile non solo di ricovero, appunto centri terapeutici e clinici, ma luoghi in cui le persone, facendo un percorso di liberazione e consapevolezza e di presa di coscienza della malattia, possano trovare un ambiente familiare e amicale. A Todi, ad esempio, questo si respira in maniera chiara, si tratta di un appartamento dove le ragazze vivono insieme e devono condividere spazi, umori e tutto quello che comporta la convivenza. Sono strutture dove ci si mette in rapporto con l'altro".

I ragazzi come hanno preso la vostra presenza? Avete dovuto conquistare la loro fiducia?
"Niente affatto. I ragazzi che soffrono di disturbi dell'alimentazione hanno un grandissimo desiderio di essere guardati, visti, riconosciuti, raccontati. Una delle cose che mi ha colpito di più, è stata la richiesta che mi ha fatto uno di loro, Alberto, quando mi ha pregato di non censurare nulla di questa patologia e di raccontarli così come sono. Non vogliono mistificazioni, edulcorazioni, vogliono essere raccontati nella loro verità. Questo è stato bellissimo, perché voleva dire che erano pronti a vedersi da fuori. Sono stati molto accoglienti. Poi ci sono anche i minori e altri che non hanno voluto farsi vedere in volto, ma tendenzialmente c'è stata una bella adesione". 

C'è stata una storia che in qualche modo si è portata a casa quando si sono spente le telecamere?
"Non posso fare differenze, la storia di ognuno di questi ragazzi è così speciale e complessa. Vedere Beatrice con il sondino che lotta ancora in maniera molto seria contro questo tipo di disturbo e capire che per lei il viaggio sarà ancora lungo, mi fa male al cuore. Vedere Chiara, un'altra ragazza che avrebbe tutte le qualità per riuscire a farcela, anche fisicamente, perché era un'atleta, che ancora non vede la luce, sono cose che rimangono dentro di te, per forza. Anche come donna. Il rapporto con il nostro corpo è sempre sotto il giudizio degli altri, invece con questo programma noi vogliamo proprio urlare il contrario. Basta giudicare il corpo, perché il corpo è il riflesso della mente. Cerchiamo di capire la mente". 

Questa docuserie è stata anche un esperimento televisivo, visto il linguaggio che usa e la narrazione. Ed è andato molto bene. Si parla di una terza stagione?
"Credo sia prematuro parlarne ora. Noi speriamo di poter continuare a fare questo tipo di racconto, sulla mente umana. Il desiderio di continuare in questo filone c'è. Vedremo. Ci scrivono tantissime persone che vorrebbero raccontarsi. Al di là delle cliniche con cui abbiamo collaborato, ci sono tante altre realtà, magari più piccole. Persone che hanno scritto libri sulla loro esperienza e vorrebbero trovare spazio. È una domanda emersa in questi mesi che non dovrebbe essere ignorata". 

Cambiamo canale. 'Da noi a ruota libera' è stato riconfermato nella domenica pomeriggio di Rai1. Una bella dimostrazione di stima.
"Più che una dimostrazione di stima è una bella dimostrazione d'affetto da parte del pubblico, perché siamo appena nati e la risposta è stata più che positiva per noi. Dunque questo riconoscimento, questa accoglienza che c'è stata nei nostri confronti, chiaramente ci stimola a cercare ogni domenica una formula migliore, un racconto sempre nuovo, a portare un po' di sorriso rispetto a ciò che c'è fuori. Direi che più che altro è stato questo, una dimostrazione d'affetto che mi gratifica moltissimo". 

E poi non è semplice fare un altro talk subito dopo la Domenica In di Mara Venier. 
"Non è assolutamente facile". 

Ancora più difficile è prendere il suo posto, che il prossimo anno sembra sia vacante. Si è fatto il suo nome nei giorni scorsi, ma lei ha smentito. Davvero non farebbe mai Domenica In?
"Chi fa il mio mestiere lo sa, c'è più passione e soddisfazione nel veder crescere un prodotto che prima non c'era e che tu contribuisci a creare dal nulla, piuttosto che andare altrove, magari al timone di programmi con un'identità già forte e stabilita. Domenica In ci accompagna da decenni. Quella di Corrado, quella di Baudo, ognuna aveva il suo marchio. Adesso quella di Mara ha un altro timbro ancora, talmente forte, per cui l'identificazione è innegabile. Oggi Domenica In è Mara Venier. Io ho A ruota libera, lo sto coltivando, lo sto curando, ci sto mettendo tanto impegno. Lo stiamo facendo con la mia squadra e sono proprio contenta di farlo. Non penso a cosa sarà tra 9 mesi o un anno. Devo finire questo campionato, è appena iniziata la stagione. Sono contenta di vedere una fascia oraria che prima era più debola raffozzarsi. A me dà più soffisfazione questa roba qui".

Da settembre è anche su Radio2 con 'Milledonne e un uomo'. Com'è questa esperienza?
"Nuova. Era tanto tempo che non facevo radio, perciò quando mi è stata proposta ho accettato con emozione e ammettendo che non masticavo il linguaggio radiofonica da un po'. È un esperimento che vivo in maniera molto positiva, giocando, con un collega che conosco da anni e a cui voglio bene. Prenderci in giro fa parte del nostro rapporto, è una cosa che esisteva già. Mi piace molto, mi sento libera di fare tutto quello che mi va di dire e di fare, uscire dalla scaletta e dal copione, perché in fondo la radio è questo. Vedremo se durerà, quanto durerà".

In lei quindi ci sono mille donne?
"Ma certo, dentro di me c'è un condominio. Come dentro ciascuna donna che conosco e che ama la vita. Siamo tante, abbiamo le nostre personalità sfaccettate e tutte hanno bisogno di essere raccontate, così come tutte dovrebbero trovare un modo per esprimersi. Ecco perché è così difficile raccontare davvero le donne ed ecco anche perché è così facile mettere su di noi delle etichette, dei pregiudizi. Siamo esseri umani complessi, ma è proprio questa multisfaccettatura che ci rende meravigliose. È questo che vuole raccontare il programma. Ci proviamo".

Toscana, trapiantata a Roma, ma sempre pronta a prendere un treno. In questo periodo qual è il più bello?
"In questo momento per me tornare a casa è una risorsa irrinunciabile. Mi considero una persona senza radici, mi sento molto nomade, sempre pronta a cambiare città. Anche Roma, la vivo da 21 anni ma di fatto non è un luogo in cui mi fermerei, sono sempre pronta a ripartire. L'ultimo anno però mi ha fatto riscoprire parecchio il mio luogo di nascita, le mie origini e soprattutto il rapporto con le persone che vivono la e che sono il mio mondo. Il mio treno preferito è quello che mi porta sulle Alpi Apuane". 

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