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Lunedì, 29 Aprile 2024

Momenti da ricordare (e da dimenticare)

Eva Elisabetta Zuccari

Giornalista

Le pagelle di Sanremo 2023. Cosa resterà di questo festival

La vittoria annunciata di Marco Mengoni (per distacco). La colonizzazione del festival da parte dei Ferragnez. Le colonne Amadeus e Fiorello: rodati al punto da essere ormai certezza. Gli ascolti ogni giorno più alti (e più dello scorso anno). La vera anima comica di quest'edizione: Gianni Morandi. Il plot twist di Tananai. E una petizione per l'Ama Quater: abolite i monologhi dolenti delle donne. Le nostre pagelle definitive sul 73simo festival di Sanremo che, col suo gusto musicale amarcord, ha fatto sentire per la prima volta anziani i millennial.

La musica: i millennial sono già amarcord

I millennial sono già amarcord, si diceva. Un palinsesto nostalgico. Direttamente dagli anni Novanta e dagli inizi degli anni Duemila i revival di Paola e Chiara, Articolo 31, Gianluca Grignani, Modà e punte di diamante come Giorgia (indimenticabile nel duetto con Elisa nella serata cover). Idem nelle cover: L’amour toujours, Oggi sono io, Charlie fa surf. Spazio anche alla generazione Z, che si prende gran parte del cast. Una sola concessione agli over: i Cugini di Campagna. Tra le varie da ricordare: la provocazione di routine utile ad agitare il dibattito, che questa volta è il sesso di Rosa Chemical; la conferma del cantautorato di Colapesce e DiMartino (a loro va il premio della critica); una Madame sempre più matura, artisticamente e come donna. 

Ed ora aboliamo i monologhi

Per il terzo anno di fila sul palco i monologhi dolenti delle co-conduttrici. Era nato come un modo per discostarsi definitivamente dalla equazione "donna-valletta", che ha tenuto banco per anni nella kermesse: un modo per omaggiare le donne nella loro storia, non nella loro bellezza. Ma alla fine l'equazione continua ad essere quella di "donna-specie protetta da preservare", con qualche esemplare particolarmente fortunato chiamato a raccontare l'incredibile storia di essere riuscita a fare carriera nonostante sia portatrice di due cromosomi X. 

Ebbene, nell'epoca gender fluid, esaltare le donne in quanto tali è quanto meno anacronistico e sessista per paradosso. Oppure ampliamo lo spettro dei monologanti anche all'altro sesso. La nostra dose "ispirazionale" - se quello era l'obiettivo di tanto monologare - ce l'abbiamo avuta. 

La colonizzazione Rai del clan Ferragnez

È chiaro anche ai muri: questo è stato il festival dei Ferragnez, star dell'intera kermesse. Ad un certo punto è apparso plausibile il rischio che spuntassero anche dal frigorifero. Accordi commerciali che noi umani non possiamo neanche immaginare si celano dietro la tentacolare partecipazione di Chiara Ferragni e Fedez al festival. Lei sul palco lunedì col monologo (terribilmente banale secondo molti, ma riuscito nei dati di ascolto e nel sentiment della rete), lui su Rai Due col suo podcast "Muschio Selvaggio"; poi lui a cantare sulla nave, e ancora lui a cantare nel duetto con gli Articolo 31; poi lei sul palco sabato come co conduttrice, e lui protagonista di baci hot  e finti rapporti sessuali durante la performance di Rosa Chemical. Un rimpallarsi di protagonismi che però è andato in tilt nell'ultima sera: protagonista doveva essere lei, ma la luce se l'è presa lui. 

Un unico e gigante filo conduttore nel tutto: l'incredibile capacità di fare notizia. Un aneddoto? Durante le prove dei duetti, Fedez è arrivato sul palco col telefonino in mano. Neanche il tempo di mettersi d'accordo che già stava stampando un bacio sulla bocca di J Ax, mentre un collaboratore (ovviamente) riprendeva il tutto. È spettacolo, bellezza! È la grande macchina mediatica in cui Chiara e Fedez vivono: una trama che avanza su continui colpi di scena. Persino nei pochi minuti di esibizione sulla Costa Smeralda Fedez è riuscito a strappare un titolo di giornale: l'accusa al viceministro Bignami (condannata poi dalla Rai). Qualcuno ipotizza inoltre che la clamorosa pubblicità ad Instagram, azienda privata di Mark Zuckerberg, sia frutto di una collaborazione di Ferragni.

Il monologo di Chiara Ferragni

Autoreferenziale e mediocre nella scrittura. Queste le due critiche mosse a Chiara Ferragni nel merito del suo prevedibilissimo monologo portato a Sanremo e dedicato all'empowerment femminile, sull'onda di una tematica che l'imprenditrice digitale fa propria ("cavalca", diranno i più maliziosi) da anni. Ma i numeri raccontano che il suo intervento - ben condito da geniali happening d'abito che non si vedevano dai tempi di Achille Lauro -  ha funzionato. Sia in termini di ascolti tv che come sentiment della rete, che è perlopiù positivo.

Scemi noi se ci stupiamo del monologo di Chiara Ferragni

Le critiche peraltro reggono solo se ammettiamo di aver nutrito aspettative sbagliate. Essere autoreferenziale è infatti quanto serve ad un influencer, che non ha altre doti per definizione ("Non so cantare, non so ballare, sono qui per portare il mio messaggio", ha ammesso lei dal principio). Essere dotata di mediocrità nella comunicazione (e magari non nell'intelletto) è  - anche questo - ciò che viene richiesto ad una influencer. Che, anche nel più benintenzionato del "purché se ne parli", fa comunque arrivare un sacrosanto messaggio di autodeterminazione a qualsiasi fascia di pubblico, anche quello che ha meno tempo da spendere nella auto riflessione. E Chiara, col suo attivismo performativo, c'è riuscita. 

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Francesca Fagnani la belva 

La più trasgressiva di tutti. La "Belva", appunto. Unica donna di rottura, insieme a Chiara Francini. "Non ho grandi storie personali da raccontare, quindi porterò un tema che mi sta molto a cuore: la scuola". Un modo furbo anche per sfilarsi dal gineceo dolente di cui prima. Francesca non ha parlato di sé, non è stata autoreferenziale, ha fatto parlare il proprio talento: che è un altro modo di raccontare il successo senza afflitti vittimismi. Avere un palco e metterlo a disposizione di chi ha la propria voce chiusa in galera: le parole dei ragazzi chiusi nel carcere minorile di Nisida. 

Sanremo, il monologo di Francesca Fagnani: una lettera dal carcere minorile

Paola Egonu

In conferenza rifiuta di rispondere alle domande sugli episodi di razzismo denunciati in passato, poi ci imposta il monologo. La colpa non sarà mai sua, ma forse di chi non l'ha preparata al bombardamento di una platea di giornalisti in cerca di risposte. La sua è anzi una grande storia, ma chi scrive è ormai contrario ai monologhi dolenti (e prevedibili) per partito preso. 

Sanremo, il monologo di Paola Egonu: "La maglia azzurra è la più bella del mondo"

Chiara Francini

Il suo non è stato (solo) un monologo dolente di vita vissuta. È stato il suo lavoro, quello di attrice ed autrice. È stato portare sul palco una professionista che sul palco ci sa stare, un po' come fu per Drusilla Foer l'anno scorso. È stato lo spettacolo usato come pretesto per rompere l'ipocrisia sulla maternità come obbligo per le donne ("Una voce dentro di me mi dice che sono sbagliata"). Ed è stato uno spreco mandarlo in onda notte fonda.  

Sanremo, il monologo di Chiara Francini sulla maternità

I momenti di karaoke geriatrico. Dateci Al Bano, siamo italiani

Ad inizio gennaio, durante un'ospitata a "Domenica In", subito dopo l'annuncio di Peppino di Capri al festival, Amadeus stava scivolando in una gaffe: ha cominciato la frase "Abbiamo grandi artisti, perché aspettare che...". Poi si è interrotto. Ma il sottotesto era chiaro: perché aspettare che passino a miglior vita, prima di omaggiarli?

Ed infatti eccoci, pronti via con innumerevoli momenti di irresistibile karaoke geriatrico. Li chiameremo così, pur avendoli ovviamente amati nella loro celebrazione del patrimonio musicale del nostro Paese. Standing ovation per il trio Al Bano, Massimo Ranieri e Gianni Morandi. Altrettanto per Gino Paoli. È ormai un format dei festival targati Amadeus: vecchie canzoni scanzonate o strazianti che non possono non toccare l'anima di millennial, gen x e boome. Non ce ne facciamo niente dei super ospiti, dateci Al Bano. Siamo italiani!  

Gianluca Grignani è il vincitore morale

La tradizione vuole che oltre ai vincitori ci siano anche i vincitori morali. E Gianluca Grignani è uno di questi. "Grazie per la tua voglia di vivere", gli ha detto Arisa dopo aver duettato con lui nella serata delle cover.  E non si può che essere d'accordo. Per lui è stato il festival della rinascita dopo un periodo segnato dagli eccessi. Ed è parso eclatante quanto gli fosse mancato il palco: la meticolosità con cui ha organizzato l'esibizione con Arisa durante le prove; il tentativo di coinvolgere la platea appena possibile (compreso il direttore di Rai Uno Stefano Coletta). Mentre intonava la sua "Destinazione Paradiso", non voleva più smettere di cantare. È quello che gli auguriamo. Sapersi rialzare dalle difficoltà è rock, spaccare la scenografia per la rabbia dovuta ai problemi tecnici (vedi alla voce Blanco) è lento. 

Tananai rivelazione (a scoppio ritardato)

La rivelazione di questo festival. A scoppio ritardato, se pensiamo che l'anno scorso si classificò ultimo. Eppure già all'epoca c'era stato un episodio che, se l'avessimo colto, c'avrebbe dato un indizio della svolta di cui poteva essere capace. È un aneddoto e racconta di quando, tornato in albergo dopo la prima esibizione, scoppiò a piangere. Ma non per la classifica infausta, bensì perché "avevo dimenticato i fiori di Sanremo che mi avevano dato per la mia ragazza", raccontò. "Mi sono svegliato ed ho pensato che mi stavo mettendo in gioco con persone intorno che mi stavano dando addosso, ma al contempo avevo dimenticato qualcosa di importante per una delle persone che davvero mi vuole bene". 

Ed è l'amore quello che Tananai porta sul palco quest'anno. Non il suo, bensì quello di Olga e Maxim, coppia ucraina divisa dal conflitto e protagonista del video della sua Tango. Impeccabile il brano, da quando ha assunto nuovo significato con l'uscita del videoclip. Impeccabile l'opera di sensibilizzazione per la guerra in Ucraina: accompagnato dalla chitarra davanti al casinò di Sanremo, nell'ultima sera del festival ha improvvisato una performance, consegnando rose gialle e blu ai passanti. Lo stesso pubblico che ha ringraziato all'Ariston: "Perché mi avete permesso di crescere". Furba opera di lusinga al momento del televoto ma c'è del vero. L'ex ragazzino scanzonato di Sesso Occasionale ha dimostrato di non essere solo gag. Di non essere solo il "meme" vivente che festeggiò con lo champagne la sonora sconfitta. Merito suo e merito dell'altrettanto impeccabile management di Stefano Clessi, che ha saputo costruirgli un progetto intorno. 

L'erotismo dei Coma cose. Questa è performance!

A proposito d'amore, una menzione a parte la meritano i Coma Cose, quelli che cantano guardandosi negli occhi. Va detto: è stato un ottimo colpo di marketing annunciare le nozze in conferenza stampa, a ridosso dell'uscita della canzone Sanremo, eppure - anche se si potrebbe pensare male - non c'è niente che ci faccia credere che i due non siano autentici: trasudano anzi autenticità da tutti i pori e sembrano ancora quelli che, nel 2016, si conobbero dietro il bancone del negozio in cui lavoravano come commessi (prima di essere licenziati e di reinventarsi - deo gratias! - in musica). Per dirla in breve: "Questi due si guardano sempre come se avessero appena finito di scop*re", si legge in un tweet. E noi voyeuristi non possiamo che restare a guardare: perché "questa è performance", direbbe Virginia Raffaele. 

Gianni Morandi anima comica 

Altro che Angelo Duro ed Alessandro Siani, è stato Gianni Morandi la vera anima comica dello show. Abile come sempre a prendersi in giro, a svecchiarsi, a rinnovarsi, ad essere sempre moderno: ad Amadeus ha spesso rimproverato di "sboomerare" troppo. Generosissimi gli omaggi a Lucio Dalla e ai colleghi. Un gigante dello spettacolo. 

I giovani, forse troppo giovani. E Blanco

Sei i giovani voluti in gara da Amadeus, due in più rispetto all'anno scorso. E tutti sono finiti a fine classifica. Sono forse i giovani troppo giovani per gareggiare con i Big?

Troppo giovane è stato forse Blanco, incapace di gestire emotivamente un problema di audio al punto da spaccare l'intera scenografia. E al punto da attirarsi il malumore della platea contrariata.

Anna Oxa 

IL personaggio del festival. Imprevedibile e meno accomodante di tutti. Schiva, forse troppo perché - nonostante sia stata anche LA voce del festival insieme a Mengoni - proprio non è riuscita a farsi capire ed amare. Un ritorno sulle scene non premiato dalla classifica finale, che la vede tra gli ultimi. 

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