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Lunedì, 29 Aprile 2024
La sentenza

Nell'assegno di divorzio ora contano anche gli anni di convivenza: lo dice la Cassazione

Secondo la Corte l'assegno va determinato tenendo conto anche del periodo che precede le nozze, a patto che la relazione abbia "i connotati di stabilità e continuità" e ci sia "un progetto di vita comune". Il presidente degli avvocati matrimonialisti: "Rivoluzione copernicana, valorizzate le rinunce fatte prima di sposarsi"

Il periodo di convivenza prematrimoniale deve avere un peso nel calcolare l'assegno di divorzio. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con una sentenza depositata lunedì 18 dicembre. Il caso riguarda una donna che contestava l'importo dell'assegno, ritenuto evidentemente troppo basso anche perché i giudici d'appello - secondo la ricorrente - non avevano considerato il periodo di sette anni di convivenza prematrimoniale durante il quale lei avrebbe fatto delle rinunce proprio per portare avanti un progetto comune di vita. 

Cosa dice la sentenza

"La ricorrente - si legge nella sentenza - si duole dell'omessa considerazione da parte della Corte d'appello del periodo settennale (dal 1996 al 2003) di convivenza prematrimoniale, nel quale era nato anche il figlio della coppia, intesa come una fase della vita della coppia che ha preceduto senza interruzioni il matrimonio, evidenziando come non vi sarebbero differenze tra il comportamento dei coniugi nella fase prematrimoniale e in quella coniugale, soprattutto con riguardo alle scelte comuni di organizzazione della vita familiare e riparto dei rispettivi ruoli".

La Corte a Sezioni Unite ha accolto il primo motivo di ricorso, ovvero "l'omesso apprezzamento della disparità patrimoniale" e il fatto che nella valutazione dell'assegno non fosse stato considerato il contributo dato dalla donna al mènage familiare nel periodo prima del matrimonio, "anche con la messa a disposizione di ricchezze provenienti dalla propria famiglia d'origine, oltre che con il ruolo svolto di casalinga e di madre".

In quali casi il periodo prima delle nozze contribuisce a determinare l'assegno

Secondo i giudici della Cassazione, nella quantificazione dell'assegno "al coniuge economicamente più debole" si dovrebbe dunque tener conto anche delle scelte compiute dalla stessa coppia durante la convivenza prematrimoniale, "quando emerga una relazione di continuità  tra la fase 'di fatto' di quella medesima unione" e "la fase 'giuridica' del vincolo matrimoniale".

Il periodo prematrimoniale può essere considerato un criterio valido a determinare l'assegno a patto che la relazione abbia avuto, prima delle nozze, "i connotati di stabilità e continuità" e sia stato elaborato "un progetto ed un modello di vita in comune"  dal quale "inevitabilmente discendono anche reciproche contribuzioni economiche". Altra condizione citata nella sentenza è che alle scelte fatte della coppia "si possano ricollegare sacrifici o rinunce alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole".

Gassani: "Sentenza storica, valorizzate le rinunce fatte prima di sposarsi"

Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami, Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani, ritiene quella della Corte "una sentenza rivoluzionaria sul piano giuridico e giudiziario, nonché su quello culturale e sociale" perché "per la prima volta viene attribuita alla convivenza prematrimoniale un'importanza decisiva ai fini del calcolo dell'assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole in sede di divorzio.

"Molte coppie convivono per tanti anni prima di sposarsi" spiega Gassani. "Spesso le scelte più importanti vengono condivise durante questa fase prematrimoniale e sovente si tratta di scelte che condizionano la coppia e le prospettive personali e lavorative di uno dei due partners. Dunque la Cassazione ha elevato l'asticella culturale del Paese conferendo alla pregressa convivenza prematrimoniale un valore importante anche per calcolare l'assegno di divorzio sulla base, appunto, di tutto ciò che è accaduto ed è stato scelto dai coniugi prima di sposarsi".

"Si può dire - conclude il presidente dei matrimonialisti italiani - che questa sentenza rappresenta una rivoluzione copernicana del diritto di famiglia italiano perché vengono valorizzati i sacrifici e le rinunce che un convivente può aver fatto in favore dell'altro prima di convolare a nozze. Dunque la convivenza non è più 'terra di nessuno' o un periodo insignificante ma viene ritenuta dalla Cassazione come un tutt'uno con il matrimonio. Non c'è dubbio che questa sentenza proietti l'Italia in Europa dal punto di vista del diritto di famiglia".  

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