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Sabato, 27 Aprile 2024
strumento pericolosa / Cina

L'arma di disinformazione cinese è in Italia: finti siti di notizie per promuovere la propaganda di Pechino

A fare luce sul network d'influenza internazionale della Repubblica popolare è un rapporto dell'istituto canadese Citizen Lab, partito da un'inchiesta del quotidiano "Il Foglio" sul caso italiano e un'indagine dell'agenzia governativa sudcoreana National cyber security center

Napolimoney.com, italiafinanziarie.com e milanomodaweekly.com. E ancora, RomaJournal.org e VeneziaPost.com. All'apparenza sembrano gli indirizzi di siti di informazione italiani, ma quello che si nasconde dietro i domini e l'interfaccia delle testate (che non sono registrate al Tribunale di competenza, secondo la legge 47/1948) è un complesso disinformativo che parte dalla Cina. Su queste pseudo testate ci sono notizie di ogni settore, dalla politica, al gossip, ai diversi articoli su fatti internazionali: proprio nella sezione "esteri" viene dato conto degli aiuti della Russia a Gaza oltre a "raccontare" la politica estera degli Stati Uniti. Non mancano le notizie di cronaca, di finanza e criptovalute, così come quelle di spettacolo, funzionale ad attirare l'attenzione dei lettori grazie a un titolo accattivante. 

L'arma di disinformazione cinese in tutto il mondo

Quello messo in piedi è un'arma di disinformazione e manipolazione delle notizie che la Cina sta usando per diffondere materiale propagandistico cinese in 30 paesi di Europa, Asia e America Latina attraverso una rete di oltre 100 siti web. Anche in Italia, quindi.

A fare luce sul network d'influenza internazionale cinese è "Paperwall", il nuovo rapporto di Citizen Lab, laboratorio dell'Università di Toronto specializzato sul cyberspazio e della sicurezza globale, partito da un'inchiesta del quotidiano "Il Foglio" sul caso italiano e un'indagine dell'agenzia governativa sudcoreana National cyber security center (NCSC) sul tema dell'infiltrazione cinese nel sistema informativo della Corea del Sud.

La rete che parte dalla Cina

Lo studio dell'istituto di Toronto è andato oltre, rivelando che l'operazione è molto più vasta: interessa più lingue e almeno trenta Paesi in quattro continenti. Dalla metà del 2020 i siti hanno condiviso contenuti filo-cinesi e teorie cospirazioniste su Stati Uniti e alleati spesso spacciandosi per testate locali. E la gran parte dei siti di pseudo informazione sono riconducibili alla Cina attraverso l'indirizzo Ip: questi sono attribuibili al servizio cloud del colosso cinese Tencent, collegato dalla Cia ai servizi segreti di Pechino.

La rete dei siti è riconducibile alla società di Shenzhen Haimaiyunxiang Media Co., Ltd., nota anche come Haimai (come è evidente dall'immagine sottostante): si tratta di un'azienda di pubbliche relazioni, che pubblicizza la vendita di "servizi di posizionamento promozionale in diversi Paesi e lingue".  

ip siti cinesi

Come evidenziato dallo studio del centro canadese, i siti di pseudo informazione propongono lo stesso copione: pubblicano con frequenza una varietà di contenuti non originali nella lingua di riferimento, inserendo elementi narrativi a favore della Cina. Sui portali (aperti ex novo e attivi per lungo tempo) vengono quindi pubblicati articoli copiati da testate autentiche senza citare la fonte, comunicati stampa commerciali (per promuovere gli affari della Cina) e pezzi ripresi dai media statali cinesi. Il modello evidenziato dal Citizen Lab non è uno strumento di disinformazione nuovo nelle mani della Cina. Ma questo non significa che non sia fonte di preoccupazione. I contenuti di questi siti possono apparire notizie a un lettore e utente meno attento o esperto, che cade così nella rete della propaganda cinese. 

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