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Venerdì, 26 Aprile 2024
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"Michela Murgia sta mettendo in scena la propria morte", le parole di uno dei suoi avversari

Molto lontano dalla scrittrice per idee politiche, la sua malattia e il coraggio con cui la racconta hanno commosso profondamente Giuliano Ferrara

Il racconto di Michela Murgia della sua malattia è stato spiazzante. Un fulmine a ciel sereno non solo per la drammatica verità che si porta dietro, ma anche per come la scrittrice sta reagendo. Non lottando - come ormai siamo abituati a sentire quando si parla di tumore - ma accettando. 

Accetta di non sapere quanto altro tempo ha a disposizione, forse pochi mesi, accetta il distacco dalle persone che ama e soprattutto la vita che ha avuto finora. Anzi, per quella è profondamente grata. E altrettanta gratitudine sta raccogliendo in questi giorni da parte di chi nelle sue parole trova una speranza, una consolazione, un insegnamento. Una lezione che non conosce ideologie né casacche politiche. Portavoce di battaglie per la parità di genere e diritti (di ogni genere), Michela Murgia è sempre stata considerata tra i pilastri del centrosinistra (pur non avendo mai votato Pd, come lei stessa ha ammesso), ma oggi molti messaggi arrivano anche dai suoi avversari.

Se il post di Giorgia Meloni - che rispondendo a una sua provocazione le augura di riuscire a vedere la fine del suo mandato - da qualcuno può essere considerato ambiguo o fuori luogo o poco delicato, il pensiero che Giuliano Ferrara le dedica oggi su Il Foglio è incontrovertibile: "Michela Murgia me l'ero persa - scrive il giornalista, notoriamente lontano dalle posizioni della scrittrice sarda - Persa in una lontananza estrema, estranea, culturale, politica e ideologica. Da come sta mettendo in scena la propria morte, con la scrittura di un libro di racconti e l'oralità della comunicazione ai giornali, la distanza si accorcia e ne viene un vivo interesse umano che ha più dell'ammirazione che della compassione". Ferrara non nasconde tutta la sua stima: "Cura un cancro renale al quarto stadio metastatico ma non è in assetto di combattimento, non lotta, dice, non lo esorcizza come un alieno, lo accetta come parte del proprio corpo e complemento di una vita che le si annuncia breve ma ricorda felice, a molti strati, segnata da una radicale irrequietudine e pacificata nell'amore, nell'amicizia - conclude Ferrara - nelle relazioni queer di una famiglia non tradizionale alla quale destina dieci letti di comunità in una casa appena comprata per trascorrere insieme un certo imprecisato numero di mesi consentiti dalla immunoterapia".

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