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Sabato, 27 Aprile 2024
Dati e grafici

Ma è vero o no che "i migranti arrivano tutti in Italia"?

Se guardiamo ai dati delle richieste di asilo Francia e Germania accolgono molto di più. Le ricollocazioni avvengono di rado e spesso il regolamento di Dublino resta lettera morta

Nonostante la sua posizione geografica che la colloca al centro del Mediterraneo l'Italia non è affatto il Paese europeo che accoglie più migranti. Secondo i dati Eurostat, nel 2021 le richieste di asilo presentate nel nostro Paese sono state 53.610, contro le 120.658 registrate in Francia e le 190.545 della Germania.

Prendendo in considerazione il criterio della popolazione le cose non cambiano di molto: nel nostro Paese, rimanendo sempre ai dati del 2021, è stata avanzata una richiesta di asilo ogni 1.100 abitanti, in Francia ogni 559 abitanti, in Germania una ogni 436 e in Spagna ogni 724 abitanti. Anche andando a ritroso nel tempo, i numeri sono piuttosto eloquenti. Esempio: dal 2016 al 2021 la Germania ha ricevuto 2.106.530 richieste di asilo, l'Italia 436.080, mentre la Francia 686.220.

Se ragioniamo in termini percentuali, nel 2021 la Germania ha ricevuto oltre un quarto delle domande di asilo presentate nell'Ue:

  • Germania (30,2%)
  • Francia (19,1%)
  • Spagna (10,4%)
  • Italia (8,4%)
  • Austria (6,1%)

Le rotte dei migranti

Come spiegare questi dati visto che a farsi carico dei migranti sbarcati sono i Paesi affacciati sul Mediterraneo? Intanto va detto che non tutti i migranti arrivano via mare. Come segnala Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) nei primi 10 mesi del 2022 la così detta "rotta dei Balcani" è stata quella più battuta: su 275 500 ingressi irregolari, più di 128mila sono stati registrati su questa rotta, seguita da quella del Mediterraneo centrale che interessa in primo luogo l'Italia (85.140 ingressi) e dalla rotta del Mediterraneo orientale che porta invece in Grecia (35.343).

Ci sono ad esempio  migranti che arrivano a Belgrado in aereo, senza bisogno di visto, per poi tentare di attraversare i confini Ue via terra. In maggioranza si tratta di burundesi, afghani e iracheni. Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo centrale, la maggior parte dei richiedenti asilo arriva da Egitto, Tunisia e Marocco. 

Le rotte dei migranti nel 2022, l'infografica di Frontex

I Paesi di "primo approdo" e i movimenti secondari

Il punto vero però è che nonostante il regolamento di Dublino preveda che a farsi carico dell'accoglienza e delle richieste di asilo siano (con qualche eccezione) i Paesi di "primo approdo" nella realtà dei fatti le cose vanno diversamente. Ciò avviene soprattutto perché ogni anno decine di migliaia di richiedenti asilo sfuggono ai radar delle autorità dei Paesi di frontiera e raggiungono altri Stati come Francia, Germania, Svezia, Belgio e in generale i Paesi del nord Europa.

Lo confermano i dati di Eurodac, il database europeo delle impronte digitali, secondo cui il 25% dei dati relativi alle impronte digitali trasmesse nel 2021 appartengono a un richiedente asilo sorpreso a soggiornare illegalmente in uno Stato terzo e il 15% è di migranti sorpresi ad attraversare illegalmente la frontiera esterna di uno Stato membro. Ma lo si può dedurre anche banalmente dai dati del cruscotto statistico del Viminale: nel 2021 in Italia sono arrivati oltre 67mila migranti, ma le richieste di "primo asilo" (non quelle totali) sono state 45.200. 

Ed ecco spiegati i numeri che abbiamo snocciolato all'inizio. Se è vero che la maggioranza dei migranti arriva dai "Paesi di frontiera", sono gli Stati più a nord, principalmente Germania e Francia, ad essere interessati dai così detti "movimenti secondari". Per svariati motivi: legami familiari, conoscenza della lingua, condizioni di accoglienza, ma soprattutto perché qui i migranti trovano maggiori opportunità lavorative. 

Il regolamento di Dublino resta spesso lettera morta

In teoria i richiedenti asilo che hanno attraversato illegalmente i confini Ue dovrebbero essere "ricollocati" nel Paese del "primo approdo", ma nella realtà dei fatti i trasferimenti non si concretizzano quasi mai o comunque molto raramente. Uno dei motivi è che per le autorità di quei Paesi è molto difficile dimostrare da dove sono effettivamente arrivati i migranti di cui vorrebbero chiedere la ricollocazione. 

Vero è che anche quando le richieste di "trasferimento in uscita" vengono formalizzate, non sempre i migranti tornano indietro. Come viene sottolineato in un report dell'Asylum Information Database (Aida) curato dall'European Council on Refugees and Exiles (Ecre), in 19 Paesi su 27 la percentuale dei ricollocamenti "in uscita" (sul totale delle richieste) è inferiore al 30% e in Italia è pari addirittura all'1%. Su questo dato le restrizioni causate dalla pandemia hanno inciso fino a un certo punto, anche perché il trend era già evidente negli anni precedenti. 

Il regolamento di Dublino resta dunque in molti casi lettera morta. Ce lo dicono anche i numeri sul ricongiungimento familiare. Sebbene la presenza di parenti stretti in uno Stato membro sia uno dei criteri che dovrebbe determinare quale Paese debba "prendere in carico" un richiedente asilo, non sempre ciò avviene nei fatti. Come emerge dai dati Aida, nel 2021 il criterio del mantenimento dell'unità familiare è stato invocato solo nel 4% delle richieste. In una relazione al parlamento Ue presentata dall'europarlamentare Fabienne Keller nel 2020 si fa presente proprio questo aspetto: "Troppo spesso - si legge - gli Stati impongono norme per regolamentare e limitare il ricongiungimento familiare, esigendo prove obbligatorie" come ad esempio il test del DNA o la valutazione dell'età.

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