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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cosa dice la scienza

Chi è guarito dal coronavirus deve vaccinarsi?

Il parere di Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano

Chi ha avuto il coronavirus ed è guarito deve vaccinarsi ora? "No, fermamente no". Farlo "è una decisione di comodo che parte addirittura dai Cdc di Atlanta", i Centers for disease control and prevention americani, i quali "affermano anche il falso dicendo che i lavori scientifici consentono di dire che possiamo tranquillamente vaccinare tutti", guariti compresi. "Non è così perché non c'è uno straccio di dato. Ci ho passato un paio di giorni a cercarlo, ma non c'è uno straccio di dato che ci dice che in quelli che hanno già fatto l'infezione sia sicuro e utile vaccinare". Lo ribadisce Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco e dell'università Statale di Milano, intervistato a Buongiono su Sky Tg24.

"In realtà - spiega l'esperto - la probabilità di una seconda infezione" da coronavirus Sars-CoV-2, "dai dati che ci sono, ancora abbastanza frammentari, è meno dell'1%". Quindi, "se non arriva un virus nuovissimo che ovviamente ci spiazzerebbe tutti e ci potrebbe portare ad avere problemi addirittura con i vaccini", al momento "non abbiano nessuna necessità di vaccinare quelli che si sono già infettati e sono guariti. E non sono noccioline - ripete il medico - perché in Italia ci sono almeno 2 milioni di persone che hanno questo tipo di situazione e lo sanno, e forse altrettante che non lo sanno. Quelli che lo sanno, perlomeno, francamente non li vaccinerei ora".

"Non li costringerei come invece è successo a quanto mi hanno riferito", perché "c'è stato qualche sanitario - evidenzia Galli - accusato di non volersi vaccinare, di essere esitante, perché ha detto 'porca miseria, mi sono fatto la malattia il mese scorso non mi rivaccino adesso'".

"Il vaccino a bambini e ragazzi appena possibile"

E bisognerebbe vaccinare contro Covid-19 i ragazzi e i bambini, anche i più piccoli? "Appena possibile lo farei, perbacco sì", dice il professor Galli. Parlando di come fare per consentire agli studenti di ritornare al più presto a scuola, Galli spiega che "realisticamente il discorso  trasporti, che è un discorso clou, non riusciremo a gestirlo in assoluta sicurezza, anzi credo che i progressi fatti siano piuttosto ridotti. Quindi non vedo che due vie: tentare, ovunque sia possibile, una diagnostica estesa per l'identificazione rapida di eventuali problemi nell'ambito delle persone che vanno a scuola, e rendere più rapida possibile la vaccinazione per lo meno degli insegnanti e del personale, per poi eventualmente ragionare anche sui ragazzi". Perché al momento, secondo le indicazioni delle agenzie regolatorie sui vaccini autorizzati sul mercato europeo, "il vaccino lo possiamo fare solo dai 16 anni in su e non abbiamo la possibilità di farlo ai più piccoli", ricorda l'esperto che tuttavia potendo vaccinerebbe anche loro.

"Appena fosse possibile perbacco sì", ripete Galli. "Più giovane sei e meno facilmente ti infetti e meno facilmente ti ammali gravemente - sottolinea -. Però comunque, come succede per altre infezioni, il pool dei giovani, dei bambini e anche dei piccolissimi, che hanno molte interazioni sociali tra di loro, è un serbatoio importante per l'infezione di tutto il resto della popolazione e dei più anziani. Si è discusso per anni se vaccinare i bambini per l'influenza e ci si è arrivati solo quest'anno in Italia, mentre in altri Paesi lo si fa da tempo".

È di 972.099 il totale delle vaccinazioni anti covid somministrate finora in Italia (il dato è aggiornato alle 23.41 del 14 gennaio), pari al 69% delle dosi distribuite. La regione con il rapporto più alto tra somministrazioni e vaccini consegnati è la Campania (92,4%), quella con il più basso è la Calabria (39,4%). Sono stati vaccinati 734.969 operatori sanitari e sociosanitari, 155.865 tra personale non sanitario e 81.265 ospiti di strutture residenziali assistite.

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"Chi è guarito dal coronavirus ha una protezione simile al vaccino"

Le persone che guariscono dal coronavirus Sars-Cov-2 hanno un livello di protezione contro infezioni future simile a quelle di coloro che ricevono il vaccino anti covid, almeno per i primi cinque mesi. È quanto emerge da uno studio della Public Health England che ha esaminato quanti membri del personale del NHS nel gruppo di studio hanno contratto il virus più di una volta.

È stato riscontrato che su un totale di 6.614 lavoratori che hanno contratto il virus all'inizio del 2020, solo 44 sono risultati di nuovo positivi al coronavirus in un periodo di cinque mesi tra giugno e novembre. Secondo i ricercatori ciò significa che una precedente infezione conferisce, per almeno 20 settimane, l'83% di protezione contro la reinfezione e riduce anche la probabilità di sviluppare sintomi più gravi.

“L'immunità dà un effetto simile al vaccino Pfizer e un effetto molto migliore rispetto al vaccino AstraZeneca e questo è rassicurante per le persone. Ma crediamo che le persone potrebbero trasmettere ancora il virus e quindi vogliamo invitare alla cautela", ha detto Susan Hopkins, consulente medico senior presso Public Health England e responsabile dello studio. Negli studi clinici, due dosi del vaccino Pfizer hanno avuto un'efficacia del 95%, rispetto al 62% di due dosi del vaccino Oxford / AstraZeneca. "Questo studio ci ha fornito il quadro più chiaro fino ad oggi della natura della protezione anticorpale contro il Covid-19" tuttavia, ha aggiunto Hopkins, "non sappiamo ancora quanto duri la protezione. Fondamentalmente, crediamo che le persone possano ancora essere in grado di trasmettere il virus".

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