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Lunedì, 29 Aprile 2024
Alzheimer

Alzheimer, un nuovo farmaco rallenta la malattia

Si tratta di un anticorpo monoclonale capace di rallentare la progressione del declino cognitivo e ritardare l'aggravamento dei sintomi, ma solo se somministrato nella fase iniziale della malattia

Dopo l’approvazione di aducanumab nel 2021 e di lecanemab nel 2023, la Food and Drug Administration statunitense potrebbe presto approvarne un terzo anticorpo monoclonale per l’Alzheimer. Si tratta di un farmaco (donanemab) sviluppato dall’azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly and Company, che ha dimostrato, in uno studio di fase 3, di poter rallentare la progressione dell'Alzheimer, premettendo anche di ritardare l'aggravamento dei sintomi. I risultati hanno mostrato nei pazienti un rallentamento del declino cognitivo da 4,4 a 7,5 mesi, ma solo se il farmaco viene somministrato nelle prime fasi della malattia.

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare, ma può causare anche altri problemi come stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale. Sebbene si tratti di una malattia ancora poco compresa, si suppone che una delle cause primarie di questo processo degenerativo sia l'accumulo di depositi extracellulari della proteina beta-amiloide (Aβ) che si trova nella membrana grassa che circonda le cellule nervose. Donanemab agisce rimuovendo le alte concentrazioni di proteina beta-amiloide nel cervello e rallentando così il declino cognitivo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of the American Medical Association.

Lo studio

La sperimentazione, denominata ‘Trailblazer-Alz 2’, ha coinvolto 1.736 pazienti con Alzheimer in fase iniziale, che hanno ricevuto il farmaco o un placebo con un'infusione endovenosa ogni 4 settimane per 18 mesi. I pazienti sono stati testati all'inizio e alla fine della sperimentazione e classificati sia in base alla scala integrata di valutazione della malattia di Alzheimer (iADRS) sia in base alla scala di valutazione della demenza clinica (CDR-SB).

Sono stati anche sottoposti a scansioni durante l'esperimento per misurare i livelli di placche di amiloide-beta e proteine tau anormali nel loro cervello. La tau è una proteina che contribuisce al funzionamento dei neuroni nel cervello: quando non funziona correttamente, forma aggregati e depositi proteici che portano alla morte delle cellule nervose. Si ritiene che la patologia tau alta sia associata all'Alzheimer più avanzato. Questo studio è unico perché ha suddiviso il campione di studio in due gruppi: uno con patologia tau bassa/media e un altro con patologia tau alta.

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Il farmaco rallenta la progressione della malattia di oltre il 35%

Dopo circa un anno e mezzo, nei pazienti trattati con donanemab la malattia era progredita più lentamente (di oltre il 20%) rispetto a coloro che hanno avuto un placebo. Quando l'analisi è stata ristretta ai pazienti con patologia tau bassa/media, si è visto che il progresso della mattia era rallentato del 35,1%. Inoltre, con grande sorpresa, il 47% del gruppo tau basso/medio che aveva ricevuto donanemab non ave a mostrato peggioramenti clinici per almeno un anno, rispetto al 29% dei pazienti che avevano ricevuto il placebo. Nel gruppo ad alta tau rispetto al placebo non è stato, invece, osservato alcun miglioramento significativo.

“Questi risultati - ha commentato Huzur Devletsah, presidente e direttore generale di Lilly Italy Hub - danno speranza alle persone con malattia di Alzheimer che hanno urgente bisogno di nuove opzioni terapeutiche. Questo - ha aggiunto - è il primo studio di fase 3 in cui una terapia capace di modificare la progressione della malattia replica i risultati clinici positivi osservati in uno studio precedente. Se approvato, riteniamo che donanemab possa fornire alle persone con malattia di Alzheimer benefici clinicamente significativi, nonché la possibilità di completare il loro ciclo di trattamento già 6 mesi dopo che la placca amiloide è stata eliminata".

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Gli effetti collaterali

Oltre il 6% degli 860 pazienti che hanno ricevuto infusioni di donanemab ha manifestato sintomi associati a emorragie cerebrali e gonfiore, come confusione, mal di testa e convulsioni. Ci sono stati anche 3 decessi ritenuti correlati al trattamento. A tal proposito si legge nell'editoriale comparso nella rivista che ha pubblicato lo studio: "Questi tre anticorpi monoclonali (aducanumab, lecanemab e donanemab)  rappresentano l’inaugurazione di una nuova era della terapia della malattia di Alzheimer. Restano però da sciogliere alcuni nodi, per esempio l'entità dei benefici clinici in relazione ai rischi di questi trattamenti".

Una malattia ancora poco conosciuta

Un dato importante emerso dallo studio è che sebbene il farmaco rimuova alte concentrazioni di proteina beta-amiloide, l’impatto clinico di questa rimozione è relativamente lieve. Ciò evidenzia ancora una volta quanto c’è ancora da imparare su questa malattia. "Questi risultati servono a evidenziare la complessità della stessa malattia di Alzheimer - hanno affermato Eric Widera, Sharon Brangman e Nathaniel Chin, nell'editorale a commento dello studio -. L'eccezionale capacità di farmaci come donanemab e lecanemab di rimuovere l'amiloide, unita al loro effetto piuttosto sottile sul tasso di declino delle misure cognitive e funzionali, suggerisce che l'amiloide probabilmente non è l'unico fattore che contribuisce alla progressione dell'Alzheimer".

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