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Venerdì, 26 Aprile 2024
Le indagini / Nuoro

L'evasione del boss Raduano e i controlli colabrodo: fino a 1200 euro per i telefonini in cella

Un agente e la sorella di un detenuto sono stati arrestati. Sei in tutto gli indagati. Indagine precedente alla fuga, ma si confermano i problemi del penitenziario Badu 'e Carros

L'evasione del boss Marco Raduano, il 39enne esponente della Sacra Corona Unita scappato dal braccio di massima sicurezza del carcere di Badu 'e Carros dove scontava una condanna a 19 anni, ha riportato l'attenzione sul problema sicurezza. Sono emerse falle nel sistema di controlli del penitenziario e oggi, 3 aprile, due persone sono state arrestate con l'accusa di avere fatto entrare telefoni cellulari oltre le sbarre. Uno è un agente della polizia penitenziaria, che avrebbe intascato mazzette per fare avere ai detenuti telefoni cellulari.

Fino a 1200 euro per introdurre un telefonino in cella

Gli arrestati sono Salvatore Deledda, 37 anni assistente capo della polizia penitenziaria, e Carmela Mele, 45 anni di Napoli, sorella di un detenuto anche lui nell'ala dell'alta sicurezza. Ci sono poi altri quattro indagati mentre sono una dozzina i detenuti che, secondo le indagini, ne hanno approfittato. Gli arresti, specificano gli inquirenti, non sono direttamente collegati all'evasione del boss. Le indagini su questa vicenda, infatti, sono precedenti alla clamorosa fuga di Raduano e risalgono alla fine dell'estate. Il comportamento dell'indagato aveva insospettito i colleghi, dando avvio ai controlli.

Secondo quanto accertato, i telefoni venivano introdotti in cambio di denaro, da 250 a 1200 euro. Erano destinati per la gran parte a detenuti in regime di alta sicurezza. I soldi arrivavano tramite bonifici su carte prepagate. Gli investigatori hanno tracciato finora pagamenti per circa duemila euro a favore dell'agente indagato, ora è in carcere a Bancali (Sassari), in una sezione dedicata.

La squadra mobile ha intercettato cinque pacchi sospetti spediti da Napoli: ognuno conteneva due-tre microcellulari o smartphone. Le comunicazioni sono ora oggetto d'indagine.

Il video dell'evasione di Marco Raduano

L'evasione del boss Raduano in un video

L'evasione di Raduano, ex luogotenente di Angelo 'Cintaridd' Notarangelo, è avvenuta il 24 febbraio ed stata ripresa dalle telecamere per la videosorveglianza. Sapeva dov’erano le chiavi del portone blindato. Quindi è sceso al piano di sotto, ha provato ad aprire per uscire verso l’esterno. La chiave era sbagliata. Dunque ha rifatto il giro, ha preso un’altra chiave, stavolta quella giusta. Dunque si è diretto al muro di cinta e si è lanciato dopo essersi inizialmente calato con delle lenzuola lasciate probabilmente incustodite. Ci si è accorti della sua assenza solo dopo un paio d'ore. 

Chi è Marco Raduano

Raduano, a capo del clan mafioso omonimo, frutto di una precedente scissione, è stato condannato agli inizi di febbraio dalla Cassazione, quindi in modo definitivo, a 19 anni di reclusione. Gli ordini di esecuzione per la carcerazione sono stati emessi dall'ufficio esecuzioni penali della procura generale della corte d'appello di Bari, anche a carico di altre due persone, dopo la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi da parte della Suprema Corte. 

Si tratta di condanne scaturite dalla maxi operazione antimafia, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, svolta dai militari dell'Arma nella città di Vieste e denominata "Neve di Marzo" dell'ottobre 2019. Un'inchiesta giudiziaria che disarticolò l'organizzazione criminale della cittadina adriatica, un'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravata dal metodo mafioso, dall'ingente quantitativo dello stupefacente smerciato e dall'impiego di armi, anche da guerra.I provvedimenti restrittivi definitivi eseguiti dai militari si ricollegano in particolare ai primi fermi della Dda di Bari eseguiti ad agosto 2018.

A Raduano sono stati inflitti anche 3 anni di libertà vigilata quale misura di sicurezza. Le altre due condanne hanno riguardato Luigi Troiano, 60enne di Vieste (pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione), per spaccio aggravato di sostanze stupefacenti, e il figlio Gianluigi, 30 anni (pena a 9 anni e 2 mesi di reclusione), considerato dagli investigatori esponente del clan Raduano, tuttora latitante. Sempre nell'ambito dello stesso procedimento era già stato condannato in via definitiva a 13 anni di reclusione anche Liberantonio Azzarone, coimputato.

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