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Venerdì, 26 Aprile 2024
Non dimentichiamo

Sedici anni senza Federico Aldrovandi: ucciso dalla polizia senza un perché

Era il 25 settembre 2005. Il 18enne morì a Ferrara durante un controllo della polizia. La battaglia dei suoi genitori per avere giustizia è stata lunga e ostinata, con una serie di ostacoli indegni per un Paese civile. Oggi Ferrara lo ricorda così. Era solo un ragazzo

Dopo tanti anni passati a lottare pubblicamente per avere giustizia Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi è tornata da tempo a essere una "mamma privata". Ma un pensiero via Twitter nella notte tra il 24 e il 25 settembre arriva sempre. Lo scorso anno un semplice "non dimenticate". Quest'anno un'immagine della tomba in cui riposa il ragazzo e una breve frase. 

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Federico Aldrovandi, sedicesimo anniversario della sua morte

Oggi è il sedicesimo anniversario della sua morte. Il 18enne morì a Ferrara durante un controllo della polizia. La battaglia dei suoi genitori per avere giustizia è stata lunga e ostinata, con una serie di ostacoli indegni per un Paese civile. Federico Aldrovandi era nato a Ferrara il 17 luglio 1987, e per usare le pare del padre "terminò forzatamente la sua breve vita ad appena diciotto anni, alle ore 06:04 di un assurdo 25 settembre 2005, sull’asfalto grigio e freddo di via Ippodromo, di fronte all’entrata dell’ippodromo, in Ferrara,  in un luogo forse troppo silenzioso, ucciso senza una ragione all’alba di una domenica mattina da 4 persone con una divisa addosso".

Lo scontro tra Aldrovandi e i quattro poliziotti portò alla morte per "asfissia da posizione": il torace schiacciato sull'asfalto dalle ginocchia dei poliziotti. Morì schiacciato sotto le ginocchia e il peso di un poliziotto mentre chiedeva aiuto e diceva "non riesco a respirare". Monica Segatto, Paolo Forlani, Luca Pollastri ed Enzo Pontani sono stati condannati definitivamente per eccesso colposo in omicidio colposo a tre anni e sei mesi (pena poi ridotta con l'indulto). Lo "uccisero senza una ragione", secondo il giudice. Gli agenti sono ancora in servizio. All'inchiesta per stabilire la cause della morte ne sono seguite altre per presunti depistaggi e per le querele fra le parti.

"Il 25 settembre di ogni anno, giunta l’alba, si ripete quello che per me rimarrà per sempre un incubo, o peggio, il ricordo orribile dell’uccisione di un figlio da parte di chi avrebbe dovuto proteggergli la vita - ha scritto su Facebook nel 2020 Lino Aldrovandi - Quello che non mi darà mai pace sono le urla di Federico con quelle sue parole di basta e aiuto sentite anche a centinaia di metri, ma non da quegli agenti (atti processuali). Anzi, il quarto, quello proteso in piedi a telefonare col cellulare di un collega, mentre Federico è a terra bloccato, a tempestarlo di calci (testimonianza in incidente probatorio del 16 giugno 2006)".

"Un’immagine ai miei occhi di padre non diversa, anzi peggiore, considerandone gli autori di quel massacro (54 lesioni Federico aveva addosso, la distruzione dello scroto, buchi sulla testa e per finire il suo cuore compresso o colpito da un forte colpo gli si spezzò o meglio gli fu spezzato)  rispetto ad altri casi orribili in cui la violenza l’ha fatta da padrona. Perchè? Gli atti processuali dei tre ordini di giudizio portarono si alla condanna definitiva degli agenti (eccesso colposo in omicidio colposo con pena a 3 anni e 6 mesi, ridotta a 6 mesi per via dell’indulto), ma sono le parole “scritte dai giudici nei tre gradi di giudizio” che rimarranno lì come un macigno a rendere un poco di giustizia a “un ragazzo ucciso”, e che faranno sempre  la differenza, i cui risvolti avrebbero potuto avere un epilogo di pena ben più grave nei confronti dei responsabili di un omicidio tanto assurdo quanto ingiustificato". 

"Ricordiamocelo sempre - continua il papà -  quando si abbia a parlare di questa orribile storia, per non correre il rischio di sminuire, annullare o resettare una verità che oltre a produrre inevitabilmente tanto dolore lacerante,  soprattutto in chi l’ha subita, ha comunque aperto una strada anche se difficile da percorrere, verso quei luoghi chiamati rispetto, dignità, civiltà, democrazia, legalità, umanità, partecipazione, impunità. Maggior ragione oggi non perdere di vista quelle mete. Non a caso, a volte penso volutamente, si rischia a tutti i livelli, di perdere la bussola del buon senso e della normalità. Non perdiamola", conclude.

Federico Aldrovandi era solo un ragazzo

Federico era solo un ragazzo, aveva tutta la vita davanti e aveva appena salutato gli amici in una via lì vicino, per tornare a piedi a casa dopo aver trascorso la serata al Link di Bologna. Nei pressi di via Ippodromo a Ferrara procedeva, in quegli stessi minuti, la pattuglia "Alfa 3". Scenderanno le tenebre su Ferrara pochi minuti dopo. La testimone oculare coraggiosa Anne Marie Tsagueu assiste alla scena, e racconterà tutto agli organi preposti. Riportiamo testualmente: "Tutti si siedono, si mettono... si appoggiano proprio su di lui che... perché dopo questo movimento, che si siede la ragazza, lui non si muove più". Gli agenti dissero che Federico era difficile da contenere, finirono per ucciderlo.

Rimane un momento tra i tanti, in tutti questi anni, che resta impresso nella memoria e che scuote ancora oggi le coscienze. Era il 27 marzo 2013. Alcuni agenti di polizia del sindacato Coisp  andarono sotto l'ufficio di Patrizia Moretti a protestare: una manifestazione di solidarietà ai colleghi condannati.  Lei, dipendente pubblica, scese le scale del Comune, arrivò in piazza e mostrò la foto del figlio ucciso. "Non avrei voluto farlo - disse poi - perché a me costa moltissimo, ma sono scesa con alcune mie amiche e colleghe e ho mostrato prima alla piazza, poi a loro la foto di Federico. Nessuno di loro mi ha guardata e dopo un po' sono andati via. E' stato triste, e doloroso".  "Non sapevamo che lavorasse in Comune" dissero dal Coisp. Ma come dimenticare anche i cinque minuti di applausi per tre dei quattro agenti condannati, con tanto di delegati in piedi, nel 2014, a Rimini, in occasione del Congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di Polizia? No, non dimentichiamo neanche questo. 

Sette anni fa Patrizia Moretti ha deciso di chiudere l’account Facebook su cui per anni aveva portato avanti la sua lunga battaglia fino alla verità. "Perché tutto è già stato detto. Le sentenze sono definitive. Chi vuol capire ha capito. Agli altri addio. Io torno a essere mamma privata".

Il 25 settembre 2005 sul corpo ormai senza vita di Federico Aldrovandi vennero riscontrate 54 lesioni, buchi sulla testa, la distruzione dello scroto. E le urla "Basta, aiuto" furono udite a centinaia di metri di distanza. Che altro dire?

Ferrara oggi lo ricorda così

Il capo della polizia, il prefetto Lamberto Giannini, ha avuto nei giorni scorsi un incontro a Ferrara con i genitori di Federico Aldrovandi. L’incontro tra Giannini e papà Lino Aldrovandi e mamma Patrizia Moretti si è registrato in Questura.

Una figurina di calcio legata al ricordo di Federico Aldrovandi. È la nuova iniziativa che la Curva Ovest della Spal, dove sventola sempre una bandiera con il volto di Aldro, presenterà oggi.

"L'evento organizzato oggi è un momento importante per tutta la città. Un momento che unisce. Tra i tanti messaggi che ho letto in questi giorni nelle pagine Facebook della Curva Ovest c'è una riflessione che voglio fare mia: la vicenda di Federico è un patrimonio per la nostra città. E' una frase molto significativa, che raccoglie il senso di tutto quello che la famiglia, gli amici, la Curva e le associazioni stanno facendo e hanno fatto in questi anni. Anche se tante volte ci si è scontrati contro un sistema che non voleva ammettere che l'omicidio che è stato compiuto tanti anni fa è stato un atto voluto e violento, con dei colpevoli che devono pagare". Così il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri, è intervenuto oggi all'evento di presentazione della nuova figurina dedicata a Federico dalla Curva Ovest della Spal, in occasione del torneo, organizzato da Arci ContraRock e Uisp Ferrara, nell'anniversario della sua morte, che si è tenuto oggi al Parco Marco Coletta, ai piedi del Grattacielo, nel quartiere Gad.

"Quello che è successo a Federico non doveva succedere e non deve succedere mai più - ha ribadito il sindaco - Sabato scorso abbiamo consegnato le chiavi della città al capo della Polizia, il prefetto Lamberto Giannini e lo abbiamo fatto anche con questo pensiero, mentre lo stesso Giannini ha voluto incontrare, privatamente, come gesto di vicinanza, la famiglia Aldrovandi". E ha concluso: "Già qualche mese fa avevo annunciato, in accordo con la famiglia, la volontà di intitolare proprio a Federico Aldrovandi la nuova biblioteca che andremo a realizzare all'Ippodromo. Abbiamo fatto questa scelta perché crediamo che il patrimonio che la vicenda di Federico ha lasciato sia qualcosa da rendere concreto, per un passaggio di testimone che si trasmetta di generazione in generazione, perché non accada mai più".

Non dimenticano, non dimentichiamo Federico Aldrovandi.

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