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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Mancano gli stagionali? "Metà dei lavoratori al mare con lo spritz". Cosa c'è di vero nelle denunce dei ristoratori

Il racconto di tre imprenditori leccesi alla prese con la carenza di personale. Il reddito di cittadinanza? "Un disincentivo al lavoro". L'importo medio del sussidio è però di appena 584 euro a nucleo familiare. Dai salari bassi e alla carenza di controlli contro il nero: il problema è ampio e sfaccettato

"È inammissibile che in un paese dove la disoccupazione è aumentata a dismisura, le persone non vogliano lavorare. Capiamo che sia più comodo stare a casa con il reddito di cittadinanza, bonus famiglia o disoccupazione, e che non si possa rinunciare alla bella stagione. Nonostante tutto non molleremo e ce la metteremo tutta, anche stavolta. Non ci ha ucciso il Covid non lo farà neanche l'inettitudine dei terzi". Il post che leggete è stato pubblicato qualche giorno fa su Facebook dai proprietari di un ristorante leccese ("A'roma L'osteria") che lamentano di aver dovuto ridimensionare il servizio per far fronte alla carenza di personale. Tutto a causa dei sussidi. Questa almeno è la versione di molti imprenditori.

Secondo la Fipe Confcommercio nel settore della ristorazione mancano all'appello circa 150mila lavoratori tra cuochi, barman e camerieri. E a sentire la voce di altri due protagonisti della ristorazione leccese, Marco Goffredo del "Tennent's Grill" ed Erasmo Scipioni de "Le Tagghiate" il tema esiste davvero e non è dunque un'esagerazione giornalistica. "Facciamo i conti con il problema della carenza di personale di sala e nelle cucine: le persone non ci consegnano più curriculum e nessuno bussa più alla porta", dice Goffredo a LeccePrima puntando il dito proprio contro i sussidi: "L'assistenzialismo potrebbe produrre danni. Il fenomeno non è nuovo e già dal 2017 notiamo questa tendenza: il numero di curriculum consegnati è calato progressivamente. La pandemia non c'entra".

La carenza di personale affligge, a suo dire, tutto il settore della ristorazione ma anche altri comparti che non riescono a trovare operai e figure più qualificate. Salari bassi? Turni troppo pesanti? "Chi lavora in bar e ristoranti sacrifica serate e weekend, è vero" dice l'imprenditore. "Ma anche le aziende specializzate non trovano manodopera.  Noi cerchiamo di trovare il personale utilizzando il passaparola tra colleghi.  Abbiamo anche pubblicato degli annunci di Facebook ma senza ottenere un grande riscontro. Una persona che cerca un'occupazione di solito sparge la voce e, con tutti i ristoranti che ci sono a Lecce, è impossibile non trovarla".

Il ristoratore: "Metà dei lavoratori sta al mare con lo spritz"

Erasmo Scipioni la pensa allo stesso modo: "Il reddito di cittadinanza ha lasciato a casa molte persone e rappresenta un incentivo al 'non lavoro'. Se lo Stato garantisce 800 euro al mese è chiaro che le persone poi preferiscono andare al mare anziché cercarsi un'occupazione. Lo farei anche io. Il reddito non è misura di sostentamento sociale al pari della cassa integrazione o del sussidio di disoccupazione".

Il ristorante respinge al mittente anche le accuse di sfruttamento che talvolta piovono sulla categoria: "Per Le Tagghiate cerchiamo tre persone per il servizio in sala, una in cucina e una per la pizzeria. Gli uffici di collocamento non funzionano a dovere. Il lavoro peraltro è tutelato e regolato dal contratto nazionale di categoria che definisce anche il pagamento degli straordinari. Non esiste ristorante in regola che non applichi il contratto nazionale. Ogni tanto leggo dichiarazioni del tipo 'mi fanno lavorare 14 ore al giorno per 400 euro': è una barzelletta e chi accetta condizioni del genere è un cretino. Intanto il settore è in affanno perché metà della forza lavoro potenziale sta al mare e pubblica foto con gli spritz, mentre l'altra metà si è giustamente riciclata in un'altra professione".

Accertate irregolarità nel 73% di hotel e ristoranti: l'ultimo report dell'Ispettorato del lavoro

Il rapporto annuale dell'Ispettorato del lavoro fotografa però una realtà abbastanza diversa. Il 73,4% dei controlli effettuati nel 2020 nei servizi di alloggio e ristorazione ha portato a riscontrare una qualche forma di irregolarità. Nel report viene viene anche specificato che i settori principalmente interessati da una presenza media di lavoratori 'in nero' per ciascuna azienda risultata irregolare sono proprio quelli dell'alloggio e della ristorazione, seguiti da agricoltura, manifatturiero e altri servizi alle imprese. Tra hotel e ristoranti è stata accertata la presenza di 4.830 lavoratori "in nero" sui 10.472 violazioni accertate. Si tratta di numeri molto piccoli, certo.

Ma lo stesso Ispettorato ammette che alla data del 31 dicembre 2020, "la consistenza del corpo ispettivo effettivamente adibito alla vigilanza era complessivamente pari a circa 3.000 unità" di cui 300 adibite a funzioni di polizia giudiziaria. Una goccia nel mare se pensiamo che le imprese sono centinaia di migliaia. E se è vero che il tema del lavoro non può essere slegato da quello della legalità, non si può tacere a causa delle risorse limitate oggi i controlli non sono minimamente sufficienti.

Il problema è complesso è sfaccettato. Se i rappresentati della ristorazione assicurano di applicare alla lettera i contratti collettivi, per l'Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali (ANLS) una delle maggiori cricitià risiede proprio nei bassi salari e negli orari di lavoro mai rispettati. "In pratica si lavora sette giorni su sette, anche per 70-80 ore a settimana" aveva spiegato a Today il presidente del sindacato, Giovanni Cafagna.

"L'80 per cento dei candidati ha chiesto di lavorare in nero"

Ci sono ovviamente imprenditori e imprenditori. I titolari del ristorante leccese "A'roma L'osteria" assicurano di fare le cose con tutti i crismi. E dicono di aver ricevuto 9 candidature, riuscendo nei fatti a svolgere un solo colloquio. E c'è di più "perché l'80 per cento dei candidati", raccontano, "ha richiesto di non essere assunto ma di lavorare in nero, così da mantenere i sostegni dello stato e prendere entrambi. E noi - si legge tra i commenti al post - queste cose non le facciamo e non le accettiamo". La verità del resto non sta mai da una parte sola. Così come è vero che per ogni beneficiario di reddito di cittadinanza che arrotonda "con il nero" c'è un imprenditore che si fa beffe della legge. Anche perché non va mai dimenticato un aspetto fondamentale della questione: l'importo medio del reddito di cittadinanza è pari a circa 580 euro per nucleo familiare, una cifra che scende ulteriormente nelle regioni del nord. È davvero pensabile che la maggior parte dei beneficiari rifiuti uno stipendio di 1.200 o 1.400 euro per vivere sotto la soglia di povertà? Magari è proprio così. O forse il problema sta anche altrove. 

Sì, bar e ristoranti faticano a trovare personale. No, non è tutta colpa del reddito di cittadinanza

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