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Venerdì, 26 Aprile 2024
l'intervista

Stefano Accorsi: "Putin fuori controllo. Bisogna togliere il potere a chi ne ha troppo, come Zuckerberg con i social"

La tragedia della guerra, il ruolo sociale del teatro, l'importanza delle emozioni e l'alienante filtro dei social. L'attore ne parla su Today

Un ragazzo che racconta il primo amore. Stefano Accorsi si accende quando parla di teatro, per lui "meravigliosa opportunità" a cui non rinuncia nonostante sia tra gli attori più apprezzati del grande schermo. Il contatto diretto con il pubblico, la capacità immaginativa, la magia che si respira quando si apre il sipario, sono sensazioni vitali per un artista. Senza dimenticare il ruolo sociale del teatro di cui oggi, davanti alle immagini di dolore e distruzione che arrivano dall'Ucraina, si sente fortemente l'urgenza e di cui, secondo l'attore, non si può né si deve fare a meno. 'Azul - Gioia, furia, fede y eterno amor', con cui è in scena all'Ambra Jovinelli di Roma fino al 13 marzo, "è uno spettacolo sull'essere umano e sul volersi bene". Valori che si disintegrano sotto le bombe, ma che l'arte ha il compito di rimettere insieme creando un'educazione sentimentale pronta a fare la differenza. 

In scena all'Ambra Jovinelli con un ruolo decisamente diverso rispetto a quelli a cui ha abituato il pubblico che la segue da anni. Quasi fiabesco...
"Sì, è vero. A teatro i personaggi possono essere tante cose. Quando ho fatto l'Orlando Furioso diventavo qualunque personaggio raccontavo, da Angelica a Orlando, fino ai ruoli minori, ed è stato molto divertente. Quando abbiamo fatto il Decamerone abbiamo messo in scena 7 novelle. In questo caso portiamo sul palco dei personaggi molto curiosi. Il mio si chiama Pinocchio. E' Pinocchio in carne e ossa, da adulto. Andato in Uruguay col papà in cerca di fortuna e cresciuto lì con alcuni amici, sviluppando questa passione per il calcio. E' uno spettacolo molto difficile da raccontare. Il teatro ci consente davvero di passare da momenti fiabeschi a momenti ironici, dalla commedia al dramma, di sfondare la quarta parete e parlare con il pubblico. Qui abbiamo un impianto scenico molto bello ma non realistico. Il teatro richiede questa capacità immaginativa del pubblico. Se io dico che sono Pinocchio a 50 anni, la gente lo crede immediatamente". 

Lei è uno dei migliori attori del cinema italiano, eppure al teatro non dice mai di no. E' il suo punto debole?
"Sicuramente. Da quando ho ripreso a fare teatro, un paio d'anni fa, non mi sono più visto senza. Faccio molta fatica a fare una stagione senza neanche un mese di teatro, perché appunto c'è questo contatto diretto con il pubblico che amo. A me piace dialogare, parlare direttamente con loro, sfondare la quarta parete. La differenza fra il teatro e il cinema è questa. Se io sul palco indico qualcosa in fondo alla sala la gente si gira, se lo faccio al cinema non si gira nessuno. Perché rinunciare a questa meravigliosa opportunità?"

Azul è una storia di amicizia, un valore che spesso soccombe all'amore o quantomeno cede il passo. E' d'accordo?
"Sì, è vero. C'è una grande letteratura di film e di serie tv sull'amicizia, però è vero che è sempre un po' complementare ad altri sentimenti. A un certo punto passa in secondo piano. L'amicizia invece è un bellissimo sentimento da raccontare e alle volte si perde questa occasione. Qui abbiamo un gruppo di amici che hanno veramente un rapporto fraterno, è uno spettacolo sull'essere umano e sul volersi bene". 

Quanti amici ha?
"Ne ho alcuni. Quelli proprio veri, autentici, con cui direi sempre tutto in qualunque momento, sono quattro. Con loro parlo in modo totalmente aperto. Poi ho una cerchia un po' più larga di buoni amici, con cui quando ci si vede sembra che il tempo non sia mai trascorso, però non ho quell'assiduità e quel rapporto continuativo". 

Qualcuno lo ha perso?
"Non del tutto. Ho ancora dei buoni amici del liceo che vedo ogni volta che torno a Bologna. Alcuni rapporti però è capitato che li ho persi, sì". 

Parlare di amore e amicizia è diventato ancora più urgente in questi giorni drammatici che stiamo vivendo. Si può combattere il male con il bene?
"Ce lo auguriamo tutti. Quello che sta accadendo è atroce, senza senso, di una brutalità estrema. Dobbiamo parlare dell'educazione sentimentale delle persone. Ecco, in questo l'arte ha un ruolo importante. Ci sono molti film violenti, stessa cosa per alcuni gioci sulla Playstation o altre piattaforme, tendenzialmente abbastanza competitivi e crudeli. Il teatro, che è il luogo della coscienza della società, ha anche il compito di contribuire a creare un'educazione sentimentale, emotiva e umana. Questi luoghi esistono e molto spesso sono pieni, perché la gente va per riflettere su se stessa e per guardare anche l'altro. Ha un valore importante, contribuisce alla formazione della coscienza delle persone". 

La storia, la cultura, l'arte, il progresso. Eppure nel 2022 si rischia un terzo conflitto mondiale. Dov'è la falla?
"Non si può lasciare il potere a una persona sola. Putin è al potere da 22 anni. Tutti si sono sollevati contro questa guerra, a me sembra che ci sia una coscienza sociale che è mutata. Poi c'è un uomo che vive nel suo mondo e ha troppo potere. Ci auguriamo che lo facciano saltare in qualche modo, che lo destituiscano, perché non è possibile affidare le sorti di un paese, di conseguenza del mondo intero visto che stiamo parlando di una potenza nucleare, nelle mani di un solo uomo e di pochi suoi accoliti. E' una cosa ingestibile. C'è stata però una grande levata di scudi e di unità, su questo siamo tutti d'accordo. Quindi la storia forse qualcosa ci ha insegnato. Se poi arriva uno fuori controllo che fa una roba del genere, non si può imputare a tutto il pianeta". 

In queste settimane è su Rai1 con Vostro Onore, serie tv in cui interpreta un giudice integerrimo disposto però a mentire per salvare il figlio. Per i figli si è davvero capaci di tutto?
"Di tutto no. Non si può fare sempre tutto per i figli, anzi, bisogna stare attenti. Oggi buona parte della difficoltà nell'educare i figli è proprio che ogni tanto si deve dire no. Nella fiction si tratta di salvare la vita di un figlio e lì il discorso cambia. Va a toccare corde molto profonde dell'essere umano, intime. Credo che nel momento in cui una persona si rende conto che il figlio rischia di morire, tende e proteggerlo con tutta se stessa. In quel caso non esiste senso di colpa. Ci sembrava più interessante raccontarlo così piuttosto che riportare sempre la storia all'eterno dubbio 'ho fatto bene o male?'. Quando c'è in ballo la vita di un figlio non ci sono alternative".

Lei ne ha quattro. E' un padre severo come Vittorio, il protagonista?
"Non arrivo a quei livelli di severità, ma cerco ovviamente di dare delle regole ai miei figli. Quello che dico sempre è che i figli quando arrivano sono una sorpresa. E' davvero così, non sai mai cosa ti capita. Io ne ho quattro e ognuno è diversissimo dagli altri. E' difficile applicare un unico metro, di questo ci si rende conto quando si hanno più figli. Però si cerca di dare delle regole in base ai bisogni che hanno, soprattutto per farli crescere nel modo migliore per loro".

Che mondo vorrebbe lasciargli?
"Mi piacerebbe ci fosse un mondo dove si facciano delle scelte pensando al bene di questo nostro pianeta. Troppo spesso altre regole di profitto prendono il sopravvento. Ecco, vorrei soprattutto questo. Poi, come ho detto prima, bisognerebbe togliere il potere a chi ne ha troppo. Parlo anche dei social network. Non si può lasciare tutto nelle mani di Zuckerberg, in questo caso. Quello che ha creato è praticamente un continente, una potenza gestita per creare guadagno, non per creare formazione di coscienza o per istruire. E' una potenza che serve a produrre soldi".

Che rapporto ha con i social?
"Li uso perché faccio questo mestiere, li guardo, sono anche curioso. Ma sono molto preoccupato quando vedo i miei figli così attaccati. In alcuni momenti gli tolgo il telefono, altrimenti non si riesce a gestire. Sono concepiti come una droga e ci si distrae da sé, dalle proprie emozioni, dai momenti in cui uno dovrebbe stare un po' da solo con la sua gioia o la sua tristezza. Quella roba lì mi preoccupa tanto. E tutto ciò perché c'è un signore che guadagna il 90% dei suoi introiti con le inserzioni pubblicitarie". 

Insomma secondo lei Zuckerberg più di qualche danno l'ha creato...
"Io non credo che Trump sarebbe stato eletto se non ci fossero stati i social. Non lo credo. Tutta la storia di Cambridge Analytica, i dati Facebook a cui potevano accedere. Lì non ci vorrebbe un consiglio di amministrazione ma un governo di persone".

I social dunque qualcosa tolgono. Cosa manca oggi ai giovani rispetto a vent'anni fa?
"Io ricordo sempre quei rientri a casa in pullman, in cui avevo quella mezzora con me stesso. Se ero felice o triste ero comunque in contatto con la mia emozione. Dovevo pensarci e farci i conti, riflettere e non sempre uscire da me. Questa credo sia una grave mancanza oggi. Ci si distrae da se stessi, ci si aliena, ci si impigrisce e ci si rende più passivi. Si fugge dalle difficoltà, ma anche dalle emozioni".

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