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Sabato, 27 Aprile 2024
La tomba degli imperi / Afghanistan

Afghanistan: la caduta di Kabul è inevitabile?

L'avanzata appare inarrestabile. I talebani sono a 11 chilometri dalla capitale. A cosa sono serviti 20 anni di combattimenti? L'esercito governativo non oppone quasi resistenza

Sono ormai 19 i capoluoghi di provincia in Afghanistan conquistati dai talebani nella loro avanzata che li ha condotti, senza troppe resistenze da parte dell'esercito governativo, alle porte di Kabul. Altri due capoluoghi son caduti nel Sud-Est del Paese: Sharana, nella regione di Paktika, e Qalat, in quella di Zabol. Oggi  i talebani hanno lanciato un assalto su più fronti a Mazar-i-Sharif, una delle principali città nel nord dell'Afghanistan difesa da potenti ex signori della guerra. 

A Kabul sono ore di altissima tensione. "Stanno aumentando i feriti che arrivano nel nostro ospedale: 65 solo venerdì, tanti i bambini. I talebani sono vicini e si respira grande preoccupazione in città: chi può prova a fuggire, gli aerei sono pieni". Così Alberto Zanin, medical coordinator dell'ospedale di Emergency a Kabul, sottolineando che "comunque finisca il conflitto, anche con i talebani al potere, continueremo ad accogliere i feriti".

Cosa sta succedendo in Afghanistan

Il 31 agosto gli Stati Uniti metteranno formalmente fine a due decenni di guerra e presenza nel Paese, e i talebani hanno approfittato della situazione per una riconquista del paese a tempo dei record. I miliziani islamici sono ormai accampati a pochi chilometri da Kabul. Il presidente statunitense Joe Biden aveva annunciato ad aprile che avrebbe ritirato tutte le rimanenti forze statunitensi dall'Afghanistan, dicendo che era tempo di porre fine alla guerra più lunga della storia d'America e lasciare che il popolo afghano, compresi i talebani e il governo afghano sostenuto dagli Stati Uniti, decidesse il futuro del paese. La situazione è precipitata più rapidamente di quanto persino gli analisti più pessimisti osassero pensare. Il contingente italiano aveva lasciato Herat l'8 giugno scorso.

A partire da circa tre mesi fa, a fine maggio e poi giugno, prendendo "velocità" a luglio, i talebani hanno lanciato una offensiva che ha travolto il paese in un modo che non ha precedenti da quando gli Stati Uniti sono intervenuti alla fine del 2001.

Sono in arrivo nella capitale le truppe statunitensi con il compito di aiutare personale diplomatico e altri americani a lasciare il paese. Prima di partire il personale diplomatico è stato invitato a distruggere i documenti sensibili e i materiali "che potrebbero venire usati come strumenti di propaganda". Le Nazioni Unite hanno avvertito di come la situazione stia andando fuori controllo con conseguenze già devastanti per i civili.

"Sono molto turbato dal fatto che i Talebani stanno imponendo pesanti limitazioni dei diritti umani nelle aree passate sotto il loro controllo, prendendo di mira soprattutto donne e giornalisti" ha detto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, invitando "tutte le parti a rendersi conto dell'impatto devastante del conflitto sui civili". La Nato ha convocato una riunione d'emergenza.

Kabul cadrà nelle mani dei talebani?

Il capo militare degli insorti, mullah Yaqoob, figlio del mullah Omar, ha chiesto di proteggere aeroporti e chi si è arreso, ha poi promesso una amnistia per chi ha collaborato con il governo di Kabul e l'Occidente.

"In nome di Allah, fratelli e sorelle, salam. Il nostro paese sta affrontando serie minacce di instabilità. Sono pienamente consapevole della situazione nel Paese". E' iniziato così il breve discorso alla nazione del presidente afghano Ashraf Ghani. E tra le accuse degli americani di non aver fatto quello che dovevano, pur avendo i mezzi, il presidente ha elogiato "le forze di sicurezza e difesa nazionali afghane (Andsf) per il loro coraggio ed i loro sforzi per difendere la nazione e la nazione per aver sostenuto le sue forze".

Kabul cadrà nelle mani dei talebani? L'intelligence militare statunitense suggerisce che Kabul potrebbe essere messa sotto pressione entro 30 giorni. I talebani potrebbero ottenere il pieno controllo del paese nel giro pochi mesi. Oggi come oggi i talebani non controllano direttamente tutti i distretti che hanno conquistato, perché in molti luoghi non hanno istituito un governo ombra. Non hanno lasciato una guarnigione dei loro combattenti per controllare l'area. L'incertezza è massima. Gli account dei social media pro-talebani mostrano con immagini e video il vasto bottino di guerra catturato dagli insorti: foto di veicoli corazzati, armi pesanti e anche un drone sequestrato nelle basi militari abbandonate in fretta e furia da quel che resta dell'esercito afghano.

Le vittime civili sono aumentate di quasi il 50 per cento

Con gli storici negoziati di Doha gli americani hanno chiuso il proprio conto con l'Afghanistan. A soffrire più di tutti ora sono e saranno, come sempre, i civili: i talebani prendono il controllo di più territori, compresi strade e valichi di frontiera, rendendo pericoloso tentare di lasciare il paese e richiedere lo status di rifugiati al di fuori dell'Afghanistan. La catastrofe umanitaria è realtà. Le vittime civili sono aumentate di quasi il 50 per cento nei primi sei mesi del 2021, rispetto allo stesso periodo del 2020.

A cosa sono serviti vent'anni di combattimenti? Secondo il generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano, anche la nostra presenza ha contribuito ad aprire gli occhi a queste popolazioni. "Nel dicembre 2001 la situazione dell'Afghanistan e di Kabul era veramente tragica - ricorda all'agenzia Adnkronos - nessun contatto con l'esterno, una sola tv che trasmetteva preghiere e programmi religiosi, non una luce accesa la notte. In tutti questi anni siamo riusciti a far vedere a quella gente com'è il mondo normale, a dar loro dei riferimenti di stili di vita che sì, non potranno combaciare con la loro cultura e il loro stile, ma ai quali comunque potranno rivolgersi: oggi i giovani afghani, certo per lo più quelli nei centri urbani, sono più aperti, hanno finestra sul mondo con Internet e i social, e non accetteranno tanto facilmente il ritorno del regime oscuro dei talebani".

Ma i talebani Kabul la vedono ormai già all'orizzonte. Sono a 11 chilometri dalla capitale. Gli Stati Uniti in tutti questi anni avevano costruito una sorta di ombrello artificiale di sicurezza, con copertura di aerei militari Usa, creando un cuscinetto protettivo in modo che le forze di sicurezza afghane non avessero davvero bisogno di combattere. Quando i talebani avanzavano, c'erano sempre aerei statunitensi pronti ad attaccarli. L'aeronautica afgana non è in grado di fare lo stesso. 

I generali Usa avevano sconsigliato una ritirata senza un accordo reale con i talebani. Il ritiro delle truppe internazionali ha di fatto aperto un'autostrada verso la capitale e i fondamentalisti non hanno incontrato ostacoli.

L'amministrazione di Joe Biden si sta preparando alla caduta di Kabul, scrive oggi il sito Axios, secondo cui "ai più stretti collaboratori del presidente Biden appare sempre più probabile che gli Stati Uniti non avranno una presenza diplomatica in Afghanistan dopo il 31 agosto, la data entro cui Biden ha promesso di completare il ritiro delle truppe". L'ambasciata a Kabul non è solo una sede diplomatica, ma anche un importante centro di intelligence, ha rimarcato il sito americano, e i diplomatici avrebbero già persino ricevuto l'incarico di distruggere tutti i documenti importanti.

Tutti gli errori che hanno spianato la strada ai talebani

L'Afghanistan che dopo anni di silenzio torna sotto i riflettori con l'avanzata inarrestabile dei talebani è il risultato di "molti errori fatti dagli americani", e non solo, che fanno sì che oggi "i talebani siano in una posizione vincente" in uno scenario in cui servirebbe, ma manca, un "approccio comune" e le "conseguenze" rischiano di essere "molto gravi", fino alla "destabilizzazione della regione". Parla così Ahmed Rashid, esperto pakistano di fama mondiale, autore del bestseller 'I Talebani', convinto che la "strategia militare dei Talebani" non sia solo frutto degli eredi del movimento fondato dal mullah Omar. In un'intervista ad Aki - Adnkronos International, Rashid rileva gli "errori fatti da tutti", dal governo del presidente Ashraf Ghani, dagli Stati Uniti, "soprattuto nei negoziati".

Ricorda le "concessioni" ai Talebani, dal rilascio di 5.000 prigionieri talebani dalle carceri dell'Afghanistan ai "viaggi nella regione", fino agli "incontri con diversi governi". Gli americani, dice, "sono i primi colpevoli per aver ignorato la realtà della situazione" e "hanno trattato i Talebani come una normale 'foreign entity'", mentre il movimento fondato dal mullah Omar ha usato il tempo per "pianificare la strategia di attacco a Kabul".

Kabul cadrà come avvenuto per Herat e altre grandi città dell'Afghanistan? "Ci sono negoziati in corso a Doha e penso anche in altre capitali", risponde Rashid, prima dell'intervento di Ghani che ha annunciato "consultazioni" per evitare all'Afghanistan "ulteriore instabilità". L'esperto descrive quello che ai suoi occhi è un "tentativo disperato degli americani e di Zalmay Khalilzad", l'inviato Usa per l'Afghanistan, di "venirne fuori con una sorta di soluzione". Ma, osserva, "i Talebani sono in una posizione vincente". Intanto ci sono "centinaia di migliaia di sfollati che arrivano a Kabul, che fuggono", c'è una crisi umanitaria e soprattutto, osserva, "non sappiamo a quale accordo politico pensino i Talebani". Per non parlare dei diritti delle donne, dell'istruzione.

E il vicino Pakistan? "Ha svolto un ruolo importante nel sostenere i Talebani", dice Rashid, che parla della 'duplice' politica di Islamabad. "Quella pubblica è per il sostegno al processo di pace e ai colloqui di Doha - afferma il giornalista pakistano- Ma dall'altra parte hanno continuato a sostenere i Talebani". E, continua, "nessuno può credere che questa strategia militare dei Talebani che è stata tanto brillante ed efficace sia frutto solo dei Talebani". Sembra, osserva, essere stata "pianificata e messa in atto da un gruppo molto professionale" di esperti militari.

Dall'altra parte del confine afghano, per un brevissimo tratto, c'è anche la Cina. Il gigante asiatico non si è mai impegnato militarmente nel pantano afghano, ma ne è sempre stato attratto dalle 'ricchezze' e preoccupato dall'instabilità. A fine luglio il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha accolto a Tianjian una delegazione dei Talebani, guidata dal capo dell'ufficio politico di Doha, il mullah Abdul Ghani Baradar. Richieste e promesse. I cinesi, osserva Rashid, "pensano ai loro interessi". "Penso sarà quello che accadrà anche con altre potenze - osserva - Penseranno ai loro interessi invece di avere un approccio congiunto" dopo che "purtroppo il presidente americano Joe Biden ha preso una decisione da solo". E "sarà una tragedia per gli afghani".

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