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Martedì, 30 Aprile 2024
Medio Oriente / Iran

Perché lo scontro diretto tra Usa e Iran è a un passo

Teheran nega il suo coinvolgimento nell'attacco a una base statunitense in Giordania. Ma Biden potrebbe non avere altra scelta di lanciare un'escalation militare nella regione

L'attacco in Giordania di domenica a una base Usa in Giordania potrebbe portare a un'escalation militare nel Medio Oriente. Il condizionale è d'obbligo, ma la risposta di Washington sembra inevitabile. Tre soldati statunitensi sono morti nell'attacco, che è stato rivendicato dal gruppo Resistenza islamica in Iraq, una coalizione di milizie sciite. L'Iran nega qualsiasi coinvolgimento, ma il gruppo è considerato parte della galassia di milizie finanziate da Teheran. Il presidente Joe Biden ha annunciato che gli Usa risponderanno "nei tempi e nei modi che sceglieremo". E c'è chi legge in queste parole un possibile scontro diretto tra Stati Uniti e Iran.

Di sicuro, dopo i raid contro gli Houthi dello Yemen, responsabili di attacchi alle navi occidentali nel Mar Rosso, gli Usa, con il sostegno del Regno Unito, dovrebbero adesso aprire un nuovo fronte in un Medio Oriente sempre più infuocato. Del resto, è la prima volta dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas che personale militare americano viene ucciso da un fuoco ostile nella regione. È vero che due membri della marina statunitense sono annegati l'11 gennaio scorso al largo delle coste della Somalia mentre erano impegnati in un'operazione contro i rifornimenti militari iraniani ai ribelli Houthi, ma la dinamica dell'incidente non è stata mai chiarita del tutto.

L'ipotesi di un conflitto diretto con l'Iran non è l'unica sul tavolo: Washington potrebbe dare il disco verde a raid mirati al solo gruppo Resistenza islamica in Iraq, che ha ramificazioni anche in Siria e che sta usando il conflitto a Gaza per portare avanti l'obiettivo di scacciare le truppe statunitensi da questi due Paesi. In Siria, Washington sostiene di avere circa 900 soldati che stanno lavorando a fianco delle forze democratiche siriane curde per sconfiggere lo Stato islamico. Ma a dare loro manforte ci sono anche i 4.000 soldati stanziati in Giordania, che sono stati presi di mira dall'attacco di domenica, compiuto con un drone. Oltre ai 3 morti, il raid ha causato almeno 34 feriti, molti dei quali versano in condizioni gravi.

Come dicevamo in precedenza, l'Iran ha negato un coinvolgimento diretto, ma dopo l'uccisione da parte di Israele di cinque loro membri in Siria avvenuta il 20 gennaio, le Guardie rivoluzionarie di Teheran avevano annunciato una dura ritorsione. Anche la Giordania è stata a lunga restia a comunicare l'incidente, temendo che questo potesse portare a una risposta militare Usa nel proprio territorio. Il governo di Amman è impegnato in questi giorni in intense attività di mediazione per fermare il conflitto a Gaza. Ma questi sforzi rischiano adesso di venire vanificati.

Charles Lister, membro senior del Middle East Institute, sostiene che senza una risposta forte degli Usa "il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica si sentirà ulteriormente incoraggiato", ha detto ad Al Jazeera, emittente del Qatar. "Questo è il 180esimo attacco dal 18 ottobre: ​​occorre reagire in modo rivoluzionario", ha aggiunto. Biden, che dall'inizio della guerra a Gaza sta cercando di contenere il più possibile l'escalation in Medio Oriente, è pressato dai repubblicani, che stanno descrivendo l'attacco in Giordania come una prova del fallimento della sua amministrazione nella regione. "L'unica risposta a questi attacchi deve essere una devastante ritorsione militare contro le forze terroristiche iraniane. In caso contrario, si confermerà che Joe Biden è un codardo", ha detto il senatore repubblicano Tom Cotton in una nota. Accuse che portano acqua al mulino di Donal Trump, sempre più sicuro di sfidare Biden per riprendersi la Casa Bianca alle elezioni di novembre prossimo. 

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