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Venerdì, 26 Aprile 2024
L'analisi

Cosa c'è (davvero) dietro la crisi di governo

La scelta del Movimento 5 Stelle passa attraverso la crisi dell'alleanza fra M5s e Partito democratico ma passa anche per Roma

Il non voto alla fiducia posta sul Dl Aiuti rappresenta una sorta di momento catartico per il Movimento 5 Stelle che, seppur da forza parlamentare, ritrova l’orgoglio di essere in opposizione a tutto ciò che da sempre stigmatizza e le altre forze politiche scelgono di fare, per esempio il termovalorizzatore a Roma. Da una parte i 5 stelle tengono salde le fila interne, evitando nuove defezioni, magari recuperando qualche punto di consenso elettorale; dall’altra però va sempre più in crisi il progetto di campo largo con asse Pd - M5s. Conte in pubblico ostenta la sicurezza di chi si dice convinto di fare le scelte giuste perché basate sulla coerenza delle idee. Ma dietro si cela una schizofrenia, che si palesa quando si tenta di ricompattare il Movimento e contemporaneamente seguire il Pd in un progetto comune. Lo si vede bene se si guarda con una lente di ingrandimento Roma, lì dove dovrebbe sorgere il termovalorizzatore. Così la Capitale diventa un modo per capire al meglio la crisi di governo. 

Indicare il termovalorizzatore come il casus belli rischia di essere riduttivo ma è stato proprio lo stesso presidente M5s a dire che "in Cdm i nostri ministri sono stati costretti a non votare" il Dl Aiuti "per la norma che dava ampi poteri al sindaco di Roma come commissario per il Giubileo. In Parlamento sul decreto è andata anche peggio". Conte si riferisce alla norma che consentirà di costruire l’impianto di incenerimento dei rifiuti su Roma e all’intervento sul superbonus, che non è andato a buon fine. Lo ha detto proprio nella serata in cui ha spiegato i perché del non voto in Senato, che sarebbe arrivato il giorno dopo. 

Dietro alla crisi di governo c'è Roma e il termovalorizzatore  

Ma perché il termovalorizzatore è così importante per Conte visto che, a guidare il Lazio, c’è una giunta formata da Pd e M5s che lo vuole? Forse la risposta è in alcune chat pentastellate dove l’ex sindaca Virginia Raggi si sarebbe sfogata. Il motivo? Prima di ieri il Movimento stava seguendo il Governo su un documento che dava poteri straordinari a Gualtieri. Gli stessi che aveva chiesto lei quando era prima cittadina di Roma ma che non sono arrivati dal Governo quando Giuseppe Conte era presidente del Consiglio. Dunque Conte si sarebbe trovato per l’ennesima volta schiacciato fra parlamentari e big del Movimento infuriati e i piani del Partito democratico. 

Lo stesso partito verso cui alcune fonti parlamentari M5s puntano il dito: “Ci daranno la colpa della crisi governo ma è davvero colpa nostra? O è colpa di quegli alleati che non hanno fatto nulla per difendere le nostre battaglie in Consiglio dei ministri?”. Insomma nel movimento c’è rancore verso il partito di Letta, accusato dai pentastellati non solo di non fare gli interessi dell’alleanza ma anche di essere disposto a sacrificare le battaglie del M5s, al punto da non averli neanche avvisati di quanto ci fosse scritto nel Dl Aiuti.  

Così Conte avrebbe tentato il tutto per tutto per evitare la crisi di governo ma anche ulteriori tensioni interne. Il primo serve a non compromettere l’alleanza con il Partito democratico, di cui il Lazio è il più grande esperimento a livello nazionale. Il secondo serve per evitare altre lacerazioni dopo quella pesantissima di Di Maio. Anche perché ci sono altri politici nel Movimento 5 Stelle pronti a fare le valigie e Conte non se lo può proprio permettere. Una sarebbe proprio Virginia Raggi. Un altro sarebbe il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, quello che da sempre si è espresso contrariamente alla sfiducia sul Dl Aiuti e oggi ha fatto di tutto per evitare la crisi di governo. “Su di lui non ci metto la mano sul fuoco” ha detto una fonte parlamentare direttamente a Today.  

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