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Venerdì, 26 Aprile 2024
RIFORMA DEL LAVORO

Riforma del lavoro, il governo incassa la fiducia al Senato

Dopo ore di caos - libri lanciati a Grasso, monetine gettate a Boschi e banchi occupati - all'una di notte è arrivato il via libera. E' la fiducia più alta del governo Renzi: minoranza Pd sconfitta. Ecco cosa cambia col Jobs Act

ROMA - L'arbitro Rocchi, al secolo il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha fischiato tre volte quando mancavano otto minuti all'una della notte fra mercoledì e giovedì. In quell'esatto momento - dopo ore di monetine lanciate, di libri scagliati verso lo stesso Grasso, di insulti, di paragoni "fantasiosi" e di banchi occupati - il governo ha ottenuto la fiducia di Palazzo Madama sul Jobs Act. Una fiducia sofferta, stentata: la ventiquattresima dall'inizio dell'esperienza Renzi. Sofferta sì, ma più nei modi che nei numeri. Perché se è vero che l'esecutivo ha dovuto superare le proteste dell'opposizione in Aula, Lega Nord e Movimento cinque stelle in primis, è altrettanto vero che il via libera al governo, e di conseguenza alla riforma del lavoro, è arrivato con numeri importanti, che hanno sgonfiato - e non poco - il ruolo e la forza della minoranza Pd. Quasi inaspettati. Il maxiemendamento interamente sostitutivo della legge di delega sulla riforma del lavoro ha infatti ottenuto l'ok con 165 "sì", 111 "no" e 2 astenuti: evidentemente - hanno fatto sapere i Dem - la "fiducia più alta dal discorso programmatico del premier Renzi". 

FIDUCIA AMPIA - Una nota lieta per il presidente del Consiglio, che giovedì mattina ha esultato: "I senatori hanno fatto un grandissimo passo avanti. Il margine dei voti della maggioranza è molto forte, 165 a 111: sono molto contento anche del risultato numerico". Un po' meno, con ogni probabilità, lo sarà del clima nel quale si è svolta la battaglia in aula. 

LIBRI E MONETINE - La tensione è esplosa nel pomeriggio di mercoledì dopo il no al rinvio dello scrutinio, come richiesto dall’opposizione. Dopo che Lega e M5s hanno occupato i banchi del governo, c’è stato anche il lancio di un libro e fogli del regolamento all’indirizzo di Grasso. A tirarlo è stato il capogruppo della Lega Nord Gian Marco Centinaio, che poi ha provato a minimizzare: "E' stato un momento di nervosismo, ho buona mira e sapevo che non l'avrei colpito". Ma Centinaio non è stato l'unico a perdere la testa. Poco prima era toccato al senatore grillino, Petrocelli, esternare tutta la sua rabbia: lancio di monetine verso i ministri Boschi e Poletti e immediata espulsione dall'aula decisa da Grasso, da quel momento in poi diventato Rocchi, l'arbitro di Juventus-Roma. 

ARTICOLO 18, COSA CAMBIA - A esacerbare gli animi, e non poco, era stato anche il piccolo giallo sull'articolo 18, durato più o meno mezza giornata. Il maxiemendamento del governo non faceva esplicito riferimento all'articolo, ma si limitava ad un più generico "emendamento sostitutivo della legge di delega sulla riforma del lavoro". Poi, nella mattinata di mercoledì era arrivata l'ammissione di Palazzo Chigi: "Il voto riguarda evidentemente l’articolo 18 - aveva scritto in una nota la presidenza del Consiglio -. La delega  attribuisce al Governo il dovere di superare l’attuale sistema e il presidente del Consiglio ha indicato con chiarezza la direzione". "Il Governo - ha spiegato il ministro del Lavoro Poletti - intende modificare il regime del reintegro così come previsto, eliminandolo per i licenziamenti economici e sostituendolo con un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità". Quindi: addio articolo 18 e addio obbligo di reintegro per il lavoratore licenziato, per la rabbia del segretario Fiom Cgil, Maurizio Landini, che ha minacciato "l'occupazione di tutte le fabbriche". 

I "NUOVI" CONTRATTI - Per l'articolo 18 che va, "aiuti" agli imprenditori che vengono. Tra le misure che emergono dal testo diffuso del maxi-emendamento, ci sono infatti sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato. L’intento, si legge, è farne "forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti". Mentre, per ridurre la precarietà, e dare certezza alle imprese ci sarà "un drastico riordino delle tipologie contrattuali con l’abolizione delle forme più permeabili agli abusi e più precarizzanti, come i contratti di collaborazione a progetto". 
 

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