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Lunedì, 29 Aprile 2024
"stories" - l'identità di genere

"Chiamatemi uomo, donna, oppure alieno": storia di Samuele Bartoletti, oltre ogni etichetta

Né maschile, né femminile, né asterischi. "Mi rendo conto che il genere esiste, ma per me è irrilevante", spiega il creator 24enne. Che da bambino dipingeva autoritratti in cui si contornava di fiori. E che, per tutta la vita, ha lottato per trasformarli in realtà. Riuscendoci. Nell'intervista a Today si racconta a ritroso, dalle prime sfilate "in abiti tradizionalmente femminili" ai genitori, che all'inizio non hanno capito

Samuele Bartoletti su Instagram si chiama Calipso. Calipso era una dea greca, lui è creator. Sui social network lo seguono in duecentomila. Qualcuno lo ammonisce: "Ti vesti da donna, ma parli di te al maschile". E lui replica: "Potete considerarmi un uomo, una donna, oppure un alieno", assicura, "tanto a me non cambia nulla, non sento di appartenere ad alcun genere".

Altri, invece, lo definiscono un'opera d'arte. E lo fanno in virtù dell'animo con cui lui stesso si racconta al mondo, tra amore per la moda, per la pittura e per il cinema: un viaggio di consapevolezza che ha come fil rouge la passione viscerale per l'espressione creativa. E sono proprio questi ultimi, quelli che hanno capito meglio il 24enne fiorentino. Perché le anime non hanno sesso dai tempi di Lucio Battisti. E continuano a non averne oggi su TikTok, dove la generazione zeta sta ragionando più delle altre, più delle precedenti, sull'identità e sui ruoli di genere. Samuele è libero.

Che cos'è per te il "genere"?

"Non mi piace identificarmi in un genere, perché sento che non mi rappresenta né il maschile né il femminile. Non mi cambia considerarmi maschio o femmina, né mi viene spontaneo, anzi significherebbe costringermi in qualcosa a cui non appartengo completamente. Poi mi rendo conto che il genere esiste, ma per me è irrilevante. Tantomeno mi interessa l'attenzione ai pronomi: di solito uso il maschile per abitudine ma, quando penso a me, penso ad una persona con mille sfaccettature". 

Su TikTok sei creator ed attivista sui temi della moda e del costume, in passerella sfili in abiti che, tradizionalmente, sono femminili. A chi parli? 

"Ho iniziato a raccontarmi sui social per potermi esprimere liberamente, senza pensare al giudizio altrui: in me le persone trovano un esempio sul quale contare per trovare coraggio. Quando indosso un abito, non considero se è maschile o femminile: lo indosso e basta, perché mi piace e mi fa stare bene, a prescindere. Del resto c'era un tempo in cui le gonne erano indossate dagli uomini. Ed io a volte sento di appartenere ad un'altra epoca, oppure ad un multiverso in cui queste distinzioni non sono fondamentali". 

Quindi non c'è stato per te un vero e proprio "coming out", magari da persona non binaria (con la definizione "non binario" si identifica chi rifiuta lo schema binario maschile-femminile nel genere sessuale, a prescindere dal sesso attribuito alla nascita, ndr)? 

"Non mi piace parlare di coming out, sebbene capisco che è necessario in un contesto in cui molte espressioni di libertà non vengono accettate. Ma io, col tempo, ho semplicemente mostrato quello che volevo essere, senza doverlo specificare. Se conosci il rispetto puoi essere ciò che vuoi. Siamo tutti unici e diversi e, anziché discriminare le diversità, dovremmo valorizzarle". 

"Più che il mio corpo, era la maschera che indossavo a farmi sentire inadeguato, ho sentito che dovevo toglierla", hai raccontato in un video, in merito all'infanzia e all'adolescenza. Che maschera era? 

"Solo ripensarci mi mette a disagio, mi fa provare angoscia. A volte la mia maschera era salda. A volte lo era meno. E, in quest'ultimo caso, qualcuno vedeva ciò che ero e provava a prendermi di mira. Motivo per cui io, di riflesso, cercavo di nascondermi ancora di più. E' stato un periodo difficile". 

È stato un periodo in cui hai conosciuto l'arroganza del bullismo, come lasci intendere su TikTok. Quelli sono gli anni in cui si è circondati da genitori, insegnanti e compagni di scuola. Da chi ti sei sentito supportato, tra tutti? 

"Da nessuno. Ma perché io stesso non ne parlavo con nessuno. Tenevo tutto per me, mi chiudevo e cercavo di nascondere quelle parti che consideravo difetti perché la società mi faceva credere che erano tali. Neanche i miei amici affrontavano l'argomento, perché vedevano che io stesso non volevo, anzi mi mostravo offeso se succedeva di parlarne. Poi ho capito che quelli non erano difetti. Ed ho trasformato le debolezze in forza. Quella è stata la svolta". 

«I miei genitori? Non c'è stato un momento in cui gli ho detto 'questo è quanto'. Io gli ho fatto capire, attraverso piccole dimostrazioni, che ciò che volevo essere non costituiva niente di sbagliato. Ero semplicemente io»

E i tuoi genitori come hanno reagito? 

"Non c'è stato un momento in cui gli ho detto 'questo è quanto'. Io gli ho fatto capire, attraverso piccole dimostrazioni, che ciò che volevo essere non costituiva niente di sbagliato. Ero semplicemente io. All'inizio hanno fatto fatica a comprendere, perché erano abituati ad una realtà diversa rispetto alla mia. In particolare mia madre aveva paura che qualcuno potesse ferirmi ancora di più rispetto a come era accaduto in passato. Ma io le ho spiegato che quel Samuele del passato non ero io. Ancora oggi ripenso a lui e mi sembra di ricordare un'altra persona". 

Ricordi la tua prima sfilata in abiti "femminili"?

"Ricordo che mi rispecchiavano, ricordo che è stato bellissimo. Ero a Firenze, la location era stupenda. Ma la cosa che più mi ha emozionato è stata vedere che le persone intorno erano felici di vedermi, mentre sfilavo. Gli stessi stilisti erano felici di farmi sfilare. Il fatto di sentirmi apprezzato mi ha dato ulteriore forza per continuare ad esprimermi. Lì ho capito, ancora una volta, che quei difetti che la società considera tali non valgono più, quando sei felice di te stesso". 

In basso, la prima sfilata di Samuele 

samuele bartoletti prima sfilata 1-2

Nel viaggio alla scoperta di noi stessi, sono fondamentali le icone da cui troviamo ispirazione. Quali sono le tue?

"Ce n'è stata una in particolare, intorno ai vent'anni. E' Frida Kahlo. Lì è iniziato il mio viaggio di consapevolezza. Grazie a lei ho scoperto che la diversità non è un difetto. Guardavo i suoi autoritratti, in cui si immortalava in modo prepotente in tutta la sua bellezza e diversità, ed ho cominciato a dipingere anche io autoritratti in cui mi rappresentavo contornato da fiori, proprio come volevo essere. E mi chiedevo perché non poteva accadere nella realtà. Da allora ho fatto in modo che avvenisse". 

Ed oggi sei riuscito a diventare quell'autoritratto? 

"Sì". 

Una creatività, la tua, che oggi prende forma nei video che pubblichi su TikTok e Instagram. Qual è la giornata tipo di un creator?

"L'ispirazione arriva dal quotidiano, anche facendo una passeggiata, oppure ascoltando musica. Nasce da qualsiasi cosa. Poi mi metto a scrivere, faccio un brainstorming, realizzo la sceneggiatura e disegno uno storyboard. C'è poi uno studio sul modo in cui il messaggio può arrivare alla gente con più efficacia. L'ideazione dei miei contenuti è tutta mia, non ho autori". 

In basso, alcuni autoritratti di Samuele 

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autoritratto samuele bartoletti 2-2

Come immagini il tuo futuro? Banalmente: cosa vuoi fare da grande? 

"Su questo sono un po' problematico, perché mi piace fare tante cose. L'unica certezza è che voglio continuare ad esprimermi attraverso un mezzo artistico, ma non so individuare un campo preciso. Più che la recitazione però amo stare dietro alla telecamera, occuparmi quindi di regia e sceneggiatura".  

Hai detto che il futuro ti fa paura. 

"Lo temo se penso alle tematiche sociali ed ambientali, non in senso personale". 

Nelle scorse settimane si è parlato molto dell'ascesa dei politici su TikTok. Ti senti rappresentato?

"E' un tasto dolente. Sento discorsi che mi fanno rabbrividire anche nelle modalità in cui vengono pronunciati. Nel 2022 mi fa impressione pensare che bisogna ancora lottare per far sì che tutti possano godere della stessa libertà. Poi, ovviamente, so che c'è chi sta peggio, fuori dall'Italia: ci sono zone del mondo in cui alcune forme di libertà vengono ancora condannate con le pene peggiori. Mi mette angoscia pensare che, dall'altra parte del mondo, c'è una persona come me che non può esprimersi liberamente". 

«Un bambino deve essere cresciuto da una persona che lo ama, che gli insegna il rispetto verso se stesso e verso gli altri. E non è detto che questo arrivi per forza da un padre o da una madre. Questo deriva da una persona buona, senza guardare al genere»

Quali traguardi dobbiamo ancora raggiungere, in Italia? 

"Alcune forme di libertà vengono soppresse perché bollate come anomale. Entrando nel merito di un tema delicato come l'adozione, ad esempio, nel nostro Paese c'è ancora molta confusione, perché deve essere legato ad una figura paterna e ad una materna. E' giusto così, ma bisogna riflettere sul fatto che un bambino deve essere cresciuto da una persona che lo ama, che gli insegna il rispetto verso se stesso e verso gli altri. E non è detto che questo arrivi per forza da un padre o da una madre. Questo deriva da una persona buona". 

Credi che questi pregiudizi siano responsabilità della politica oppure appartengono ai cittadini stessi? 

"Nascono dalla mentalità, perché la diversità rischia di spaventare, di allontanare. Spesso ciò a cui non siamo abituati ci spaventa, quindi spaventa l'idea che l'adozione possa riguardare due uomini o due donne. Un bambino deve essere cresciuto da una persona che gli vuole bene. Cosa che non tutti i genitori peraltro sono in grado di fare". 

Percepisci ancora pregiudizi anche sulla tua pelle? 

"Sì, ma la vivo con enorme tranquillità. Non mi faccio scalfire dagli sguardi che si posano su di me quando cammino per strada. L'altra sera, ad esempio, ero a ballare e, accanto a me, c'erano dei ragazzi che mi guardavano e scherzavano provando ad indovinare da che cosa si capisse che ero un uomo. Uno di loro diceva dalle vene, l'altro dai polpacci".

E che cosa hai provato?

"Mi guardavano fregandosene del fatto che io stesso mi ero accorto delle loro risate, fregandosene del fatto che potevo soffrire. Questo mi fa stare male, ma solo perché penso che potrebbero fare la stessa cosa a qualcun altro più fragile. Io sono fiero di quello che sono e nessuna offesa, neanche la peggiore, potrebbe allontanarmi dalla persona che sono adesso, perché sono io, nel bene o nel male. Non posso piacere a tutti, non tutti mi accetteranno, ma io so che sono una persona educata, rispetto gli altri e soprattutto rispetto anche me stesso. E quindi, una volta chiarito questo, io posso essere ciò che voglio, perché non faccio male a nessuno. E quindi, anche se gli altri non mi accetteranno, mi va benissimo: gli farò un sorriso comunque, ma di certo non cambieranno quello che sono". 

«Non posso piacere a tutti, non tutti mi accetteranno, ma io so che rispetto gli altri e soprattutto rispetto anche me stesso. E quindi, una volta chiarito questo, io posso essere ciò che voglio, perché non faccio male a nessuno. Anche se gli altri non mi accetteranno, mi va benissimo: gli farò un sorriso comunque, ma di certo non cambieranno quello che sono»

autoritratto samuele bartoletti-3

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