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Lunedì, 29 Aprile 2024
"stories - il quiet quitting"

Cos'è il "Quiet Quitting", la nuova tendenza a lavorare il minimo indispensabile. Spiegato da Frank Gramuglia

Due milioni di follower seguono su TikTok i video del creator 35enne, che porta in scena un anti-eroe disilluso e amareggiato, incapace di trovare la voglia di lavorare mentre tutti sgomitano per il successo. E che a Today racconta la sua storia, dal giorno in cui ha lasciato l'ufficio all'obiettivo di "non tornarci mai più"

Nel 2020 Frank Gramuglia ha lasciato il lavoro da direttore d'albergo dopo dieci anni di devota carriera ed oggi produce video su TikTok in cui canzona (proprio) le dinamiche più tossiche legate agli ambienti professionali. Trentacinque anni e quasi due milioni di follower, Gramuglia è contemporaneamente protagonista e satiro dell'epoca del cosiddetto "Quiet Quitting", ovvero l'era in cui il mondo ha imparato - complice una pandemia, che ha concesso ampio spazio alla riflessione esistenziale - a pretendere un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata. Una tendenza, quella di mettere in discussione la frenetica "società della performance", nata proprio sui social - in Cina secondo qualcuno, dove l'hashgtag #TangPing denunciava orari di lavoro prolungati; negli Usa post pandemici, secondo qualcun altro, dove l'insofferenza ha acquisito nome anglofono; tra la svogliata gen z, suppone ancora la borghesia del Financial Times - ed approdata nella vita reale di molti, come un vero e proprio cambiamento d'approccio alla smania della carriera a tutti i costi. 

Qualunque sia origine (e ovunque essa sia da rintracciare), in Italia c'è Frank che, col suo irresistibile cinismo, ne è volto efficace senza la pretesa di esserlo. E che, nei suoi viralissimi sketch, porta in scena un anti-eroe disilluso e amareggiato, immobile mentre tutti sembrano muoversi sui binari giusti della vita, incapace di trovare la voglia di lavorare mentre tutti sgomitano per avere successo. Il suo obiettivo è sì "quello di far ridere e riflettere" ma soprattutto quello di "non tornare in ufficio".

Quand'è che lo hai lasciato?

"Quando c'è stato il Covid, il mio albergo ha chiuso per un periodo e sono rimasto disoccupato. Nel lockdown ero povero come la merd*, perché mi avevano dato una mini liquidazione e non sapevo come reinventarmi. In un momento così delicato per il comparto turistico, non avevo idea di che cosa sarebbe successo agli alberghi ed io, fino a quel momento, avevo lavorato esclusivamente in quel settore. Poi ho scoperto TikTok, un mondo di gente che faceva due milioni di visualizzazioni con due balletti. Quando l'hotel ha riaperto, ero ormai lanciato in questo nuovo ambiente ed ho continuato così. E menomale". 

Un anno prima, nel 2019, avevi già scritto il tuo primo libro ("Il taccuino della vergogna", seguito da "Lavorate voi", ndr). Dove hai trovato il tempo? 

"Nei turni di notte mi capitava di avere momenti liberi, quindi leggevo e scrivevo. Durante il giorno poi mi rendevo conto che scrivere era una vera e propria necessità, lo facevo senza ambizione. All'inizio ho aperto un profilo sui social proprio per promuovere il libro: provavo a pubblicare citazioni, ma non se le cagava nessuno. Tutto ha cominciato a funzionare proprio quando ho iniziato a produrre video". 

Quando hai capito che i social erano diventati un lavoro?

"Quando sono cominciati ad entrare soldi. Ho iniziato un po' per gioco nel maggio del 2020 e già a settembre monetizzavo". 

Quanto si guadagna? 

"Di certo più di quanto guadagnavo in ufficio, molto di più. TikTok paga poco, ma il compenso arriva dalle adv (le pubblicità per i brand, ndr)".

Al netto del fatto che avevi chiaramente un'altra vocazione, quali erano le cose che più ti pesavano del tuo vecchio lavoro?

"Ho dato tutto al lavoro, all'inizio neanche mi dispiaceva. Sono cresciuto in azienda, lavoravo anche tredici ore al giorno. Ho ricoperto qualsiasi ruolo, dal front office al back office fino alla direzione. Ma l'aumento delle responsabilità non valeva il compenso. Non ne valeva assolutamente la pena. Provavo insofferenza per certe dinamiche: dovermi svegliare ad orari prestabiliti, dover chiedere il permesso di ritagliarmi un po' di tempo quando nella mia vita si presentava un problema, dover mantenere con i colleghi un rapporto che, nella maggior parte dei casi, era cordiale ma tutt'altro che spontaneo. Insomma, diciamocelo: chiunque di noi starebbe più volentieri con altre persone, piuttosto che con i colleghi". 

Oggi qual è la tua giornata tipo, ovvero qual è la giornata tipo di un creator? 

"È molto variabile, poiché segue il flusso della creatività. A volte scrivo tre video in una sera, altre non riesco ad ideare nulla. Se dovessi dare una stima, il mio tempo medio di utilizzo dell'iphone è di nove ore e mezza al giorno. In ufficio devo andare per realizzare i video, ma decido io quando. C'è maggior flessibilità nella gestione del lavoro e della vita privata, tanto che finiscono per mischiarsi. Proprio in virtù di questa autogestione, posso dire che il mio è un 'non lavoro' h24". 

Ridefinire il proprio approccio al lavoro in termini meno maniacali, ovvero slegare la propria identità dalla carriera, oppure legarsi ad attività extra capaci di soddisfare una passione, sono proprio i concetti alla base del cosiddetto "Quiet Quitting". Qualcosa che, emerso come tendenza virale, è ormai un vero e proprio fenomeno. Un vero e proprio "risveglio collettivo" dalla cultura del sacrificio. A cosa è dovuto? 

"La pandemia - in particolare - ha abituato la gente ad avere un'altra vita, tra pause forzate dal lavoro e smartworking, e molti hanno fatto fatica a rientrare, anche in ufficio. Di pari passo dovrebbe andare un ripensamento delle dinamiche nel mondo del lavoro". 

Quale credi debba essere questo ripensamento? In pochi anni siamo passati dall'avere confidenza con termini come burn-out e woraholism all'ascesa delle "Grandi dimissioni".

"Proprio oggi leggevo la storia di una azienda che ha riorganizzato il lavoro sui principi dello smart working e del lavoro per obiettivi. Bisogna andare alla radice del problema e chiedersi perché spesso le dinamiche professionali non sono gratificanti né simpatiche. Poche volte l'ambiente di lavoro è accogliente e sereno, poche volte si ragiona su come migliorare la comunicazione all'interno delle aziende. Anche perché non è che i datori di lavoro se la passano meglio, conosco anche io ristoratori alle prese con la mancanza di personale"

(Secondo un rapporto recente, in Italia soltanto il 4 per cento delle persone si dichiara coinvolto dal proprio lavoro: è la percentuale più bassa dei 38 paesi europei presi in considerazione, ndr).

Tu che tipo di evoluzione immagini per il tuo lavoro in futuro, editoriale o teatrale magari?

"Voglio continuare così finché sarà possibile. Non ho l'idea di esibirmi, non mi appassiona. Ho rifiutato proposte da programmi molto molto importanti, trasmissioni comiche e reality show: mi hanno dato del pazzo, ma accettare avrebbe significato adeguarsi a dinamiche imposte da altri. Qualora dovesse smettere di funzionare sui social poi si vedrà come reinventarsi". 

@frank_gramuglia #lavoro #capo #operativo #giornolibero #dayoff #mannaggia ♬ River flows in you - 居易

A diventare virale non ci si mette nulla, ma la vera sfida su TikTok è tenere alta l'attenzione. Come ci si riesce?

"Bisognare stare sempre sul pezzo, guardarsi intorno, mantenersi al passo con le notizie, leggere i giornali. E poi studiare i dati dei video andati meglio e provare a capirne le ragioni, provare a capire le ragioni dell'algoritmo. Nel mio caso, la creatività legata ai video è tutta a carico mio: l'ideazione, il montaggio, le riprese; mi affido ad una agenzia solo per le questioni burocratiche e solo saltuariamente, quando cioè il lavoro si fa più carico. Non è facile, ma TikTok è una piattaforma incredibile in piena ascesa: a volte l'algoritmo sembra conoscermi meglio di me, talmente é precisa la scelta dei video che mi propone". 

Ci sono dei modelli comici a cui guardi? Oppure qualcuno della cosiddetta "comicità tradizionale" che ha fatto endorsement in apprezzamento al tuo lavoro? 

"Guardo un po' di tutto, anche il lavoro degli altri creator, ma racconto cose che ho vissuto in prima persona. La prima comica che mi scrisse fu, anni fa, Debora Villa, che mi invitò anche ad un suo spettacolo, gli ultimi sono stati Pio e Amedeo". 

A volte ai tuoi video partecipa anche la tua compagna Elisabetta. Dopo il licenziamento, è migliorato anche il rapporto sentimentale? 

"Era già buono ma sì, ha sicuramente liberato il tempo e, di conseguenza, abbiamo avuto molti più punti e momenti di incontro. Anche lei si è licenziata il mese scorso, lavorava in un ufficio ed ha iniziato una attività imprenditoriale da sola: non so se ho influito io". 

@frank_gramuglia Lascia un like e un commento se avresti voluto dirgliene almeno una. #capo #ufficio #lavoro ♬ Einaudi: Experience - Ludovico Einaudi & Daniel Hope & I Virtuosi Italiani

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