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Domenica, 28 Aprile 2024

Roberta Marchetti

Giornalista

Il caso Mario Biondo è l'ennesimo (grave) revisionismo de Le Iene

Tre anni fa vidi uno speciale de Le Iene su Mario Biondo, il cameramen palermitano trovato senza vita, il 30 maggio del 2013, nell'appartamento di Madrid in cui viveva con la moglie, Raquel Sànchez Silva, famosa conduttrice spagnola. "Un suicidio inspiegabile" era il titolo della puntata dedicata e firmata Cristiano Pasca, arrivata in prima serata dopo una serie di servizi in cui si è provato a ricostruire la morte del trentenne. Ricostruire, appunto. Ma torniamoci dopo su questo. 

La tesi portata avanti da Pasca nella sua inchiesta, sintetizzando, era (ed è) questa: Mario Biondo non si è suicidato, ma qualcuno lo ha ucciso e ha inscenato l'impiccamento con una pashmina alla libreria del salotto. Una tesi, questa, sostenuta con forza fin dall'inizio dalla famiglia Biondo che da dieci anni lotta per arrivare a una verità ben lontana - secondo loro - da quella processuale, che dopo tre autopsie e la conferma degli esami che si trattò di un suicidio archiviò il caso, prima in Spagna e infine anche in Italia. A onor del vero va detto che il gip di Palermo nel provvedimento emesso ad agosto 2022 parlò di "indagini sommarie e lacunose", condotte dagli inquirenti spagnoli, che non hanno reso possibile l'eventuale individuazione di presunti responsabili ipotizzati dalla famiglia del cameramen. Un nulla di fatto, dunque, che ha portato a mettere un punto anche nel nostro Paese.  

Il confezionamento de Le Iene, un thriller perfetto

Torniamo adesso sulla "ricostruzione" de Le Iene, o almeno questo era l'intento dichiarato dal programma. La ricostruzione giornalistica - l'unica che dovrebbe essere condotta quando si tratta di fatti di cronaca, a maggior ragione se ci sono vittime - non deve omettere fatti o dettagli essenziali, ma fornire tutte le informazioni per avere un quadro completo della vicenda. Questo è scritto sulla Carta dei Doveri del giornalista ed è il comportamento auspicabile per chiunque tratti sui media casi così delicati. L'onestà intellettuale e il senso di responsabilità dovrebbero prevalere sul senza dubbio proficuo - in questo caso in termini di share - sensazionalismo che suscita una storia del genere. Gli elementi del giallo alla Agatha Christie nel caso Biondo ci sono, da lui che indaga sulla moglie famosa scoprendo cose scottanti alla presunta simulazione del suicidio senza lasciare tracce, ed è su quelli che si è basata tutta la lunga - e per certi versi ridondante - inchiesta de Le Iene. Questo diventa lampante dopo la visione del documentario Netflix "Le ultime ore di Mario Biondo", dove la ricostruzione di quanto accaduto è certamente più fedele. Guardando la mini-serie, che vede tra i testimoni la famiglia Biondo al completo - con mamma Santina agguerritissima al timone, protagonista principale delle tre puntate -, il manager di Raquel Sànchez Silva (lei non ha voluto parlare) e altri personaggi chiave della vicenda, a sostegno della tesi suicidaria ma anche omicidaria, si resta sbalorditi fin dai primi minuti per gli elementi completamente 'nuovi' messi in luce, al contrario di quanto già visto nei vari servizi di Pasca, che si concentravano principalmente sui dubbi - o meglio sulle illazioni - dei Biondo, che da dieci anni puntano il dito contro la conduttrice spagnola, secondo loro "protetta" dal suo Paese perché "influente" e complice della morte del marito. Conclusioni approssimative e cieche, che in alcuni tratti arrivano a negare le evidenze e le prove - come quella che Mario facesse uso di cocaina, dimostrato dagli esami effettuati sul corpo e da alcune ricerche fatte al pc sul nesso tra infertilità e consumo di droga, e che la notte in cui è morto era stato in un locale a luci rosse di Madrid, come confermato da testimoni - oltre a deduzioni piene di pregiudizi, tra cui la certezza che Raquel c'entri qualcosa perché non era abbastanza addolorata al funerale del marito e una settimana dopo ha deciso di partire lo stesso per la vacanza a Formentera che avevano prenotato insieme, prima con sua madre e poi raggiunta dagli amici più cari. La solita retorica del dolore che prevede il rispetto di un preciso codice comportamentale - ancora di più se la persona in questione è famosa - per non subire impietosi giudizi su come si soffre e soprattutto se si soffre abbastanza. Senza contare il fatto che in questo caso il livello di sofferenza, per i Biondo, è direttamente proporzionale alla responsabilità per la morte di Mario. 

A questi elementi del tutto personali, dettati dal dolore e dalla rabbia che un evento così traumatico può provocare, Pasca ha aggiunto qualche perizia sul pc, esami tossicologici ed evidenziato dubbi sulla condotta delle autopsie. Dubbi appunto, non dati comprovati o, soprattutto, processualmente rilevanti. Insomma, quella de Le Iene più che una ricostruzione è stato un confezionamento della storia, servendo al pubblico il thriller perfetto. Una teoria complottista che ancora oggi infanga Raquel Sànchez Silva.

Verità processuale e sentenza televisiva

Tre autopsie hanno confermato il suicidio. Nessun indagato, zero condanne. Che Mario Biondo si è tolto la vita lo dicono le sentenze e lo dicono le prove. Si può arrivare a capire l'accanimento della famiglia, che vuole trovare un colpevole a tutti i costi pur di non vedere distruggersi l'immagine di un figlio o di un fratello - anche se qui si sfocia spesso nella diffamazione - ma Le Iene si dimostrano ancora una volta riprovevoli per aver fatto un racconto parziale, a tratti fazioso, impacchettando una realtà a cui una volta che si hanno tutti gli strumenti necessari per comprendere si fa fatica a credere, inconfutabile solo all'interno del dolore di una famiglia. 

La differenza con il revisionismo avvenuto per l'omicidio di Garlasco, con l'obiettivo di scagionare quantomeno in tv Alberto Stasi, o per la strage di Erba, con Antonino Monteleone che sosteneva l'innocenza di Rosa e Olindo, è che il caso Biondo, mediaticamente meno noto in Italia, dopo l'inchiesta di Pasca poteva essere tranquillamente bollato da chi non lo conosceva (e per molti lo è tuttora) come un enorme e imperdonabile errore giudiziario, non avendo altri elementi a disposizione per farsi un'idea. Una grave sentenza televisiva. L'ennesima del solito programma a cui evidentemente, quando si parla di cronaca nera, andrebbe messo un freno. 

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