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Lunedì, 29 Aprile 2024
Tra strategie e propaganda

Dove apriranno e a cosa serviranno i nuovi centri per migranti voluti dal governo Meloni

Aumentare fino a 18 mesi i tempi di permanenza dei migranti nei Cpr, come da annunci del governo Meloni, servirà a qualcosa, in concreto? Regioni e Comuni intanto si mettono di traverso

Aumentare fino a 18 mesi i tempi di permanenza di "tutti i migranti" nei centri di permanenza per i rimpatri, come da annunci del governo Meloni, servirà a qualcosa, in concreto? La realtà è ben più complessa e sfaccettata, la "stretta" vera non c'è e le eventuali novità non riguarderanno mai, nei fatti, la stragrande maggioranza dei 130mila uomini e donne sbarcati nel 2023 in Italia.

I 20 milioni di euro per costruire i nuovi centri per migranti (che costeranno poi un milione e mezzo l'anno)

La maggior parte delle persone recluse nei Cpr non viene rimpatriata perché mancano accordi di rimpatrio con i paesi d'origine. Detenerle per 18 mesi, in concreto, non serve a nulla nella gestione del fenomeno migratorio né, tanto meno, ha un effetto deterrente sulle partenze. La moltiplicazione dei centri servirà, sulla carta, solo a permettere un più efficiente rimpatrio di pochi migranti. I Cpr non avranno un ruolo decisivo nella risoluzione della attuale "emergenza" sbarchi.

Meloni si trova davanti a un bivio

Meloni si trova davanti a un bivio, tra la necessità di governare un fenomeno epocale e quella di non mollare "spazi di consenso" alla Lega di Salvini nella lunga campagna elettorale alle porte che inasprirà il clima. In sintesi: la vaga promessa al suo elettorato che chiunque sbarchi in Italia debba essere detenuto è, ovviamente, impossibile da mantenere. 

Basta leggere la norma varata lunedì dal Consiglio dei ministri per capire che l'allungamento da tre a 18 mesi (il massimo consentito dall'Ue) dei tempi di detenzione amministrativa riguarda solo chi nei Cpr entra già con un decreto di espulsione in tasca, in attesa di rimpatrio: pochissimi immigrati denunciati o condannati per reati di vario genere. I 130mila (e gli arrivi continuano senza sosta, anche la scorsa notte, a Lampedusa) arrivati in Italia nel 2023 saranno ancora ospitati come ora in attesa che le commissioni esaminino le loro richieste di asilo. Non cambia dunque nulla per la stragrande maggioranza di chi sbarca. Il trattenimento prolungato, anche se l'esecutivo riuscisse a costruire in tempi rapidi nuovi centri (molti governatori fanno già muro), riguarderà una sparuta minoranza di persone, non le decine di migliaia di richiedenti asilo già arrivati e che arriveranno nei prossimi mesi.

Regioni e Comuni contro i nuovi Cpr per migranti

Molte Regioni dicono no a nuovi Cpr sul proprio territorio. "Non siamo disponibili a nulla se parliamo di parole al vento. Io sono abituato a discutere di cosa si vuol fare". Così il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini a Radio24 rispondendo a una domanda sulla disponibilità della Regione a ospitare un Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr) per i migranti. "Questo è il Governo che parla di autonomia - sottolinea - e che sta invece centralizzando tutte le decisioni a Roma senza confronto con gli enti locali". Quelle sui Cpr "al momento sono parole al vento. Per me non se ne parla assolutamente". Zaia (Veneto) avverte: "Sull’apertura di un Centro in Veneto non siamo stati contattati. Puntare sui rimpatri è come svuotare il mare con un secchio. La soluzione è far arrivare solo chi ha davvero bisogno". Anche Giani (Toscana) dice no: "Non darò l'ok. Il problema è come farli entrare e accoglierli, non come buttarli fuori". Perplessità arrivano anche da regioni amministrate dal centrodestra come Marche e Molise.

Anche i sindaci non ci stanno: "Siamo all'ennesimo slogan - dice il sindaco di Firenze, Nardella -. Dopo i porti chiusi e il blocco delle Ong. Protrarre da 12 a 18 mesi la permanenza nei Cpr non significa risolvere il problema dell’immigrazione irregolare che delinque. Semmai pone un problema di rispetto dei principi costituzionali". Lepore da Bologna attacca: "I Cpr sono la dimostrazione che i rimpatri non si possono fare perché si allunga la permanenza in centri che in realtà sono carceri. Si vuole far diventare la questione un problema di ordine pubblico".

Nel Cdm di lunedì è stato però dato il via libera, e in autunno sarà comunicato l'elenco delle strutture scelte. I Cpr saranno almeno uno per regione (12 quelle sprovviste, oggi ce ne sono già 10, ma uno è in manutenzione) e saranno considerati di interesse nazionale per la sicurezza, selezionati tra le caserme dismesse in località scarsamente popolate, facilmente recintabili e sorvegliabili. Il Genio militare si occuperà di allestire le strutture, che saranno presidiate dalla polizia. I servizi saranno dati tramite bando ai privati.

Oggi in Italia i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) sono in totale 9, escluso quello di Torino che è chiuso per ristrutturazione. Gli altri attivi sono in Puglia (Bari e Brindisi), a Trapani, Roma, Palazzo San Gervasio (Potenza), Gradisca (Gorizia), Macomer (Nuoro), Milano e Caltanissetta per un totale di 619 posti.

Oggi la premier all'Onu: "Italia non è campo profughi d'Europa"

"Non consentirò che l'Italia diventi il campo profughi d'Europa". Lo dice con forza Giorgia Meloni, prima dell'intervento che segnerà il suo esordio all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la 'prima' di una donna presidente del Consiglio italiana nell'imponente sala oro e blu del Palazzo di Vetro. Lì Meloni solleverà uno dei temi che le sta più a cuore, spina nel fianco del suo governo: l'emergenza migranti, un'onda che non si arresta. Onda per la quale le uniche soluzioni credibili sono quelle concertate e condivise con i partner europei. L'Italia non può essere lasciata sola. E, almeno su questo e almeno in teoria, sono tutti d'accordo.

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