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Domenica, 28 Aprile 2024
Gli scenari

Smart working addio? Chi rischia di tornare in ufficio dal 1° luglio

L'opposizione ha presentato un emendamento che proroga e potenzia la legge attuale, ma il governo non ha ancora deciso il da farsi

Manca meno di un mese, poi per molti lavoratori il ritorno in ufficio diventerà un obbligo. Il 1° luglio scade infatti il diritto allo smart working per i più fragili, sia nel pubblico che nel privato, e per i genitori con figli fino ai 14 anni (in questo caso solo nel privato perché per i dipendenti pubblici non è contemplata questa opportunità). Secondo l'osservatorio smart working del Politecnico di Milano, i lavoratori da remoto oggi sono circa 3,6 milioni, quasi 500mila in meno rispetto al 2021 e rappresentano circa il 14,9% del totale dei lavoratori (dati dell'istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche). Se è vero che in molti casi la possibilità di lavorare da remoto viene concessa dalle stesse aziende sulla base di accordi interni, in molti altri casi a garantire il diritto allo smart working alle categorie sopra menzionate è proprio una legge dello Stato partorita durante il Covid e oggetto di una recente proroga fino alla fine di giugno. L'obiettivo non è più solo evitare il contagio, ma anche quello di dare una mano ai lavoratori più in difficoltà nell'espletare le proprie mansioni in presenza.

Il tema di un ulteriore proroga del provvedimento è all'attenzione del governo, ma al momento la maggioranza non si è sbilanciata. Il che non deve stupire più di tanto, visto che anche dopo la scadenza della scorsa proroga arrivata a fine 2022, l'esecutivo aveva rinnovato la regolamentazione del lavoro agile per le categorie fragili solo nel successivo mese di febbraio 2023.

L'opposizione intanto va in pressing. La proroga dello smart working è stata inserita in un emendamento al decreto legge Lavoro (che sarà votato in Senato il 13 giugno) firmato da un drappello di parlamentari di vari partiti. "Tutelare i fragili non deve essere una battaglia politica ma di civiltà" scrive su facebook il senatore M5s Orfeo Mazzella, tra i firmatari della proposta. Oltre alla proroga dell'attuale regime di smart working, l'emendamento prevede che se il lavoratore esercita una mansione che non può essere svolta da remoto, "debba essere adibito ad altre mansioni che gli consentano di lavorare senza andare in fabbrica o in ufficio" scrive Mazzella. "Per venire incontro al tessuto imprenditoriale" prosegue il parlamentare, "ho già sollecitato il Ministero competente - attraverso un’interrogazione parlamentare - a prevedere delle agevolazioni fiscali o contributive a sostegno dei datori di lavoro che tutelano ulteriormente i lavoratori fragili". Certo, c'è il nodo delle risorse. Prorogare lo smart working per i dipendenti pubblici fino al 31 dicembre del 2023 avrebbe un costo per lo Stato di 16-18 milioni di euro. Non si tratta, intendiamoci, di una cifra esagerata, ma le risorse andrebbero comunque reperite piuttosto in fretta. 

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