rotate-mobile
Sabato, 27 Aprile 2024
La rete del boss / Trapani

Arrestati tre insospettabili "al servizio di Messina Denaro": uno gestiva decine di progetti del Pnrr

Uno dei tre uomini, l'architetto Massimo Gentile, è parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano e marito di Laura Bonafede, l'amante storica di Messina Denaro

Nuove pedine emergono dalla rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, arrestato dopo 30 anni di latitanza il 16 gennaio del 2023 e morto lo scorso 25 settembre. 

Un nuovo blitz dei carabinieri ha portato all'arresto di 3 uomini ritenuti vicini al boss e complici della la sua lunga latitanza: in manette sono finiti Massimo Gentile, architetto, Cosimo Leone, tecnico radiologo dell'ospedale Abele Ajello di Trapani - dove Messina Denaro venne operato la prima volta dopo aver scoperto di essere malato di tumore, due mesi prima del secondo intervento alla clinica La Maddalena di Palermo -  e un altro uomo, Leonardo Salvatore Gulotta. Tutti, secondo quanto ricostruito dai Ros nel corso delle indagini, avrebbero tutti fatto parte della rete del capomafia.

Dalla cattura del boss sono finite in manette 14 persone accusate di aver favorito in vari modi il capomafia ricercato. Quattro sono già state condannate, tra cui il suo autista, appena due settimane fa.

Condannato l'autista del boss Matteo Messina Denaro

Il radiologo, l'architetto: chi sono i fiancheggiatori

Uno dei tre uomini, l'architetto Massimo Gentile, è parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano e marito di Laura Bonafede, l'amante storica di Messina Denaro arrestata lo scorso aprile per favoreggiamento.

L'architetto finito in manette è originario di Campobello di Mazara, il paese in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza, e risiedeva fino al momento dell'arresto in provincia di Monza, dove ricopriva un incarico amministrativo al Comune gestendo decine di progetti finanziati con il Pnrr. 

Gentile, scrivono i carabinieri, farebbe parte a tutti gli effetti di Cosa nostra e per dieci anni - tra il 2007 e il 2017 - avrebbe ceduto più volte la sua identità a Messina Denaro, consentendogli così di acquistare una Fiat 500 e una moto Bmw, di compiere operazioni bancarie, "insomma di vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di riconoscimento".

Il radiologo Cosimo Leone è cognato di Gentile e sarebbe parte anche lui del sodalizio mafioso. Secondo gli inquirenti, nel novembre 2020 Leone avrebbe garantito al boss di fare una tac al torace e all'addome in sicurezza, fornendogli un cellulare riservato durante il ricovero all'ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni in cui il capomafia venne operato di tumore al colon. Dopo le dimissioni, si sarrebbe occupato di fargli recapitare il cd della tac da mostrare agli specialisti che lo avevano in cura. Per Messina Denaro, dunque, Leone sarebbe stato "oltre che un indispensabile tramite con l'esterno durante l'intero periodo di degenza, anche un importantissimo punto di riferimento all'interno dell'ospedale".

"Messina Denaro fu fermato 7 anni fa senza essere riconosciuto"

Il terzo uomo, Gulotta, è invece accusato di aver messo a disposizione di Messina Denaro, tra il 2007 e il 2017, la propria utenza telefonica per poter ricevere comunicazioni dal rivenditore della Fiat 500 acquistata sotto falso nome e dalle agenzie assicurative presso le quali erano state stipulate le polizze per la macchina e la moto comprate con l'identità di Gentile. Gulotta, a differenza degli altri due fiancheggiatori, "ha concorso, senza prendervi parte, all'associazione mafiosa Cosa nostra". Dunque non un'affiliazione ma un concorso esterno. 

Nessun medico ha parlato ai magistrati: "Ancora oggi c'è omertà"

Ancora oggi, nonostante la cattura e poi la morte del boss, l'omertà "avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità", accusa la procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia.

Messina Denaro, tra miti e complotti cade l'ultimo alibi dei siciliani

"Si tratta di un'omertà trasversale che di fatto ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all'apparenza insignificanti: nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo (alias Andrea Bonafede), ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire ai magistrati o alla polizia giudiziaria di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante o comunque rivelare quanto appreso direttamente, o anche solo indirettamente, sulle cure prestate all'importante capo mafia", spiegano i magistrati. 

Esiste anche oggi "una vasta, trasversale e insidiosissima rete di sostegno" svelata "ancora in minima parte che ha consapevolmente supportato le funzioni di comando del Messina Denaro, consentendogli una latitanza sul territorio, con documenti, auto e moto, esami clinici e contatti nel mondo sanitario". 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Arrestati tre insospettabili "al servizio di Messina Denaro": uno gestiva decine di progetti del Pnrr

Today è in caricamento