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Lunedì, 29 Aprile 2024

L'opinione

Giulio Zoppello

Giornalista

Alla fine la serie su Rocco Siffredi è stata una grande occasione persa

Quando Supersex era stata annunciata, subito vi erano state grandi attese domande, curiosità soprattutto, per il fatto di avere un interprete del calibro di Alessandro Borghi, trasformista come pochi, ad interpretare lui: Rocco Siffredi. Ma la realtà, è che la serie su Netflix è stato il classico caso di una montagna che partorisce un topolino, è un'occasione mancata clamorosa per la nostra narrazione televisiva, per utilizzare il fenomeno Rocco Siffredi, per parlarci finalmente in profondità del porno, della sua centralità nel nostro immaginario, di quanto lui abbia giocato un ruolo chiave nella nostra società. 

Supersex: dove è stata girata la serie su Rocco Siffredi

Una serie sul porno che non parla assolutamente del porno

Supersex ha una struttura narrativa in cui la classicità del film di formazione, va di pari passo con la volontà di illuminare la vita di Rocco Siffredi di una luce elevata, autoriale, in cui il porno arriva nella sua vita come una sorta di folgorazione artistica, per riscattare un'esistenza anonima, segnata da dolori, dubbi e anche povertà. Tutto bello, bellissimo, se non fosse per il fatto che, oltre ad avere una recitazione inutilmente sopra le righe, una scrittura in cui si pretende moltissimo da dei dialoghi abbastanza raffazzonati, alla fine di Rocco Siffredi il porno attore arriva poco. Siffredi è l'idolo di intere generazioni (non solo di maschi), il simbolo di una certa virilità che a torto o a ragione, è tuttora viva e vegeta.

Ma del suo essere totem di tutto questo qui non vi è traccia. Supersex di Rocco Siffredi decide di esaltare la figura umana, la sua visione di sé stesso, l'interiorità o supposta tale, ma la slega in realtà dal porno, ci priva della possibilità di capirne struttura e significati. Siffredi il porno da noi lo ha fatto uscire dalle sale cinematografiche per guardoni o depravati, con lui era diventato quasi elemento culturale pop se non addirittura domestico. Chi se ne intende, vede nel ragazzone di Ortona uno dei principali motivi per cui la nostra visione del sesso e del porno è diventata più normalizzata e realistica, è uscita dal recinto del privato per diventare pubblico. 

Se guardiamo la nostra società del XXI secolo, dobbiamo ammettere una cosa: Rocco Siffredi ha anticipato la dittatura del porno, o meglio dell'uso di elementi del porno nei media, quello che regna su Internet, nella moda, nel nostro presente, condiziona persino il modo in cui tantissimi influencer, soprattutto donne, gestiscono la propria immagine. Alessandro Borghi è un buon Rocco Siffredi, ma non ha potuto evitare di finire in un binario cieco, con cui parlarci (ma non mostrarci) la dimensione di incredibile successo, iconicità, con cui questo ragazzo si è depositato nelle nostre menti. Per Rocco Siffredi è nato una sorta di culto fallocentrico laico, con cui ha spezzato però il concetto di scandalo, di oltraggioso, assieme a Moana Pozzi ha cambiato anche la nostra concezione del sesso, se in meglio o in peggio, ancora oggi è oggetto di discussione.

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Tra dialoghi imbarazzanti e un inutile moralismo all'acqua di rose

Supersex soprattutto ha avuto il grande torto di prendere Rocco Siffredi, mostrarcene i passaggi d'età e i personaggi del suo mondo, ma senza una vera evoluzione o complessità oltre la facciata. Fatto ancora più grave, non ci mostra assolutamente nulla riguardante la sua famosa dipendenza dal sesso, dramma paradossale e assieme coerente con ciò che è stato e per il mestiere che faceva. La serie diventa una serie di scene da videoclip, confessioni, dialoghi gridati, ma manca lo sguardo dall'interno reale e analitico del Rocco che è simbolo testosteronico, in quell'italia che si addentrava nella modernità post muro di Berlino, delle tv commerciali, della donna oggettificata dalle reti del Cavaliere. Il sesso è arrivato nelle nostre case come un terremoto e Rocco Siffredi era al centro.

Perché non parlare di questo e invece perdersi in un racconto sull'amore come se fosse questo per tutti Siffredi. Rocco non è stato un simbolo dell'amore, Rocco Siffredi è stato un simbolo del sesso, ha reso ancora più marcata la differenza tra le due cose e la portata di totale rottura di ciò che egli è stato in questo mondo, Supersex  la mette totalmente nell'ombra. Le difficoltà, il dolore, la pena e la tragedia dentro la sua storia, apparentemente la fantasia realizzata di ogni maschio etero, non sono minimamente affrontate, in una serie paradossalmente rassicurante, che si rifiuta di esplorare fino in fondo la drammaticità di quel mondo, di cui abbiamo sempre avuto e continuiamo ad avere una visione distorta.

Dietro l'apparente perfezione di quei corpi, di quegli orgasmi falsi, si è fatta strada la depersonalizzazione dell'atto sessuale e della persona, resa performance egoistica e agonistica. Manca poi, ed è forse il problema più grave, una visione d'insieme che ci parli del rapporto tra questa industria e la società italiana di quegli anni, che era ancora soggetta a bigottismo, una visione della donna arretrata, che il porno aiutò come non aiutò a riformare. Rocco Siffredi in realtà ha diviso e continua a dividere la società italiana, dove tutto è sesso ma nulla lo è. Forse solo Shame di Steve McQueen è riuscito ad essere ciò che serviva, il vero film su Rocco Tano. Rocco Siffredi è stato da molti odiato, osteggiato, visto come un essere alieno. Nel bene e nel male però, ha avuto un impatto unico che però qui purtroppo si è scelto di non affrontare veramente. 

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