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Lunedì, 29 Aprile 2024
La ricostruzione / Latina

Com'è finito il caso Soumahoro

La procura di Latina ha chiuso le indagini sulle cooperative gestite dai familiari del deputato Aboubakar Soumahoro. Ma ripercorriamo i fatti che l'autunno scorso hanno travolto l'ex leader dei braccianti

Spinose questioni di famiglia. Nella giornata del 17 marzo scorso il sostituto Procuratore della repubblica di Latina Andrea d'Angeli ha notificato l'avvio della chiusura delle indagini su Karibu e Consorzio Aid, le due cooperative gestite dai familiari del deputato Aboubakar Soumahoro e finite sotto la lente di un'inchiesta l'autunno scorso. La chiusura delle indagini apre le porte al processo. La vicenda ha fatto scalpore nell'opinione pubblica e politica, tanto da aver portato il deputato ad auto-sospendersi dal gruppo con cui era stato eletto alle elezioni del 25 settembre Verdi e Sinistra Italiana, nonostante lui sia completamente estraneo alle accuse. Cerchiamo di ripercorrere quelli che sono i fatti anche al netto di un turbine mediatico che è stato poco clemente con tutti. 

La ricostruzione

L'indagine che ha portato dentro l'occhio del ciclone Ababukar Soumahoro è partita nel 2019 e ha rilevato un presunto meccanismo di illeciti all'interno di due cooperative legate alla sua famiglia che si occupavano di migranti. Karibu e Consorzio Aid sono i loro nomi e Marie Therese Mukamitsindo, Liliane Murekatete e Michel Rukundo, rispettivamente suocera, moglie e cognato di Soumahoro, invece le persone coinvolte e ai vertici delle due società.

Marie Therese Mukamitsindo - Foto Twitter

Andiamo con ordine. Nel 2019 circa una trentina di dipendenti delle due cooperative (per la maggior parte provenienti da Karibu) denunciano al segretario del sindacato Uilturs - la sezione turismo di Uil - Gianfranco Cartisano la mancanza di retribuzione per dei periodi molto lunghi, di circa 22 mesi, e la richiesta da parte dei vertici della produzione di fatture false come modo per ottenere lo stipendio. Inoltre, fanno riferimento a lavoro nero e "grigio", maltrattamenti e condizioni di vita precarie.

Karibu e Consorzio Aid erano due cooperative che si occupavano di migranti, accoglienza, inclusione sociale e integrazione. Nello specifico, lavoravano nel terzo settore attraverso i progetti Cas e Sprar. I Cas, Centri di accoglienza straordinaria, servono a compensare la mancanza di posti nell'accoglienza dei migranti, aumentando le strutture necessarie alla protezione internazionale. Mentre lo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, è il progetto del ministero dell'interno per l'accoglienza di immigrati irregolari attraverso il quale un'associazione riceve i fondi necessari dallo stato per occuparsi dei rifugiati (sì, i famosi 30 euro al giorno). 

liliane murekatete -3

Secondo le ricostruzioni di questi ultimi mesi, le denunce dei lavoratori sulle condizioni di vita all'interno delle cooperative sono state accolte da Karibu e Aid in un accordo siglato tra le parti il primo di luglio 2022, dove si chiedeva ai datori di lavoro di pagare i lavoratori attraverso un pagamento dilazionato: la somma, in totale, ammontava a 400 mila euro. L'accordo, però, non è mai stato rispettato e ciò ha quindi innescato una serie di denunce e controlli da parte della procura di Latina che ha deciso di avviare un'indagine sui rendiconti delle due cooperative dopo aver trovato dei documenti sospetti nella spazzatura di una delle due sedi a seguito di un trasloco. Questo ha portato alla luce gravi errori e illeciti di natura tributaria. 

Un "collaudato sistema contabile fraudolento"

Nell'autunno 2022 sono iniziate le indagini sui rapporti tra le due cooperative e il fisco. Il risultato dell'inchiesta è stata l'apertura di un fascicolo che indaga Marie Therese Mukamitsindo, Liliane Murekatete e l'altro figlio per il reato di "malversazione". Questo tipo di reato si compie quando qualcuno impiega denaro non di sua proprietà per altri fini, che non siano quelli designati da chi quei soldi li ha dati. 

Per gli inquirenti il quadro era piuttosto semplice: i responsabili utilizzavano delle "società schermo" per falsificare i conti ed effettuare delle fatture per prestazioni inesistenti. Questo avrebbe permesso alle cooperative di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto per il periodo che va dal 2015 al 2019. Inoltre, i procuratori hanno sentito degli ex lavoratori delle due cooperative, i quali hanno riferito anche irregolarità sulla richiesta alla regione di fondi per l'accoglienza: "Molti ospiti del progetto Sprar si allontanavano dalle strutture per ricongiungersi ai familiari e di questi i responsabili della Karibu venivano informati immediatamente, ma non provvedevano a espungerli dalla lista, tenendoli iscritti per tre o quattro mesi, continuando così a percepire il contributo per l’ospite che in realtà si era allontanato", ha riferito un ex lavoratore. 

La falsificazione delle fatture poteva essere effettuata attraverso una società di promozione sociale che si chiamava Jambo Africa e che aveva la stessa sede legale di Karibu, a Sezze. L'amministrazione della società era, a ruota, ricoperta da gli stessi amministratori di Karibu, cioè i familiari di Soumahoro. Inoltre, sempre secondo chi aveva lavorato nelle cooperative, molti ex dipendenti non conoscevano il nome della Jambo, ne tantomeno avevano stipulato contratti sotto quella società. Questa, dunque, secondo gli inquirenti era necessaria soltanto a eseguire false fatturazioni in modo da evadere i costi delle tasse e intascare maggiori stipendi. In totale, secondo l'accusa, è stata evasa un'Ires pari a complessivi 13.368 euro nel 2019 e di 597.000 euro per il periodo totale sotto indagine che va dal 2015 al 2019. Le fatture false, invece, ammonterebbero a 2,3 milioni di euro. 

Insegna di Karibu da LatinaToday-2

Nel corso delle indagini sulle sei persone coinvolte, a dicembre 2022 sono state mandate le prime misure interiettive da parte della procura ed è stato sequestrato in maniera preventiva un totale di 650 mila euro di proprietà di Karibu. In più a tutti i membri del consiglio d'amministrazione della stessa cooperativa è stato imposto il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche, per la durata di un anno. Secondo la procura è stato messo in piedi deliberatamente un "collaudato sistema contabile fraudolento" con lo scopo di intascare fondi pubblici. 

Caso Soumahoro, gli stipendi da 4mila euro e le false fatture della Karibu

Alla fine dello scorso anno, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Alfonso Durso ha chiesto il scioglimento del Consorzio Aid e la liquidazione coatta per Karibu. Soltanto per quest'ultima è stato nominato a marzo 2023 il commissario che procederà alla chiusura della coop. Dopo questa decisione, la presidente di Karibu Marie Therese Mukamitsindo ha richiesto un riesame delle accuse, ma è stato respinto dal gip. La questione poi si è sviluppata nei giorni scorsi con la chiusura delle indagini da parte della procura e l'avvio della parte processuale della vicenda. Secondo l'avvocato di Liliane Murekatete, l'unica accusa contestata alla sua assistita è quella di aver provocato un danno erariale da 13.368 euro "conseguente all'asserita violazione dell'obbligo di controllo della dichiarazione dei redditi presentata nel 2020 dalla presidente della Karibu" per l'anno di riferimento 2019. Ma l'accusa, oltre a questo, contesta ancora sia gli altri anni fiscali dal 2015 al 2018, sia la "spregiudicatezza" con cui sono stati spesi i soldi "nell'acquisto di beni presso negozi di abbigliamento di lusso tra cui Ferragamo a Roma". 

Il caso Soumahoro non c'entra con Soumahoro

Quelle della procura di Latina restano a distanza di mesi delle accuse molto pesanti. Ma lasciando da parte la questione più giudiziaria della vicenda, è bene precisare come alla fine, Ababoukar Soumahoro, sia estraneo a tutto il polverone alzato dai finanzieri. Mai iscritto al registro degli indagati, mai accusato di aver preso parte alle faccende della moglie, mai sentito o interrogato dalla stessa procura. Il motivo, forse, per cui si parla nonostante tutto di un "caso Soumahoro" è da legare al contesto nel quale tutta la questione è venuta a galla. 

Soumahoro Stivali

Siamo subito dopo le elezioni del 25 settembre 2022 e Ababoukar è appena stato eletto con il gruppo Verdi e Sinistra italiana a palazzo Montecitorio. In occasione della prima riunione delle camere, il deputato si presenta con due stivali al posto di scarpe eleganti ed entra nel palazzo rivendicando le umili origini da cui proviene. Nato in Costa d'Avorio, Soumahoro è in Italia dal 1999, dove si laureato in sociologia e dove ha iniziato a fare il sindacalista. I suoi temi più forti? Migranti, caporalato, lavoro minorile, precarietà, povertà, integrazione. L'approdo in parlamento non può che essere stato il coronamento di una vita fatta di battaglie per i diritti. 

Posto sbaglio e nel momento sbagliato, però. Sono bastati pochi giorni perché una denuncia alla prefettura di Latina si trasformasse in un caso d'interesse nazionale. D'altro canto c'è poco da dire: le accuse mosse ai vertici della coop Karibu andavano contro ogni principio etico che Soumahoro portava avanti e, sebbene lui non fosse direttamente coinvolto, era per forza di cose un in-diretto interessato. Almeno sul versante più politico della faccenda. E la politica, in quei giorni, non si è sicuramente risparmiata nelle accuse e nelle dichiarazioni sul tema. Tra chi lo difendeva e chi lo incriminava, sulle coop di Karibu si è consumata l'ennesima crociata tra giustizialisti e garantisti. Ma questo è un altro tema. 

Il caso Aboubakar Soumahoro non è un caso 

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