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Venerdì, 26 Aprile 2024
Giorni di tensione

Come finirà lo scontro sui migranti

Parte una sorta di differenza di trattamento tra le diverse Ong: mossa "diplomatica" per dimostrare all'Europa che gli obblighi sui salvataggi vengono rispettati con organizzazioni non troppo autonome. Prima di chiudere "la partita" facendo sbarcare tutti, il governo Meloni cerca segnali concreti di trattativa con i partner sui ricollocamenti

Sul modo in cui finirà lo scontro in corso sui migranti tra governo e navi Ong, non ci sono molti dubbi. Prima o poi sbarcheranno tutti. Ma l'esecutivo ha deciso di portare avanti una battaglia politica, quella degli "sbarchi selettivi", che vuole coinvolgere tutta l'Unione europea, nonostante le condizioni delle persone a bordo siano sempre più insostenibili, dopo settimane trascorse in mare. 

Lo scontro sui migranti tra governo Meloni e Ong (spiegato facile)

L'Italia deve avere "il sostegno dell'Europa" per risolvere la questione dei migranti, ha detto ieri sera il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tg2 Post. "La questione immigrazione è una grande questione da risolvere a livello comunitario", ha continuato. Tajani ha ricordato che c'è "un flusso mediterraneo", ma c'è anche quello balcanico. "L'Europa deve sedersi attorno a un tavolo per decidere cosa fare insieme", ha detto il capo della diplomazia italiana. "Non sempre c'è la consapevolezza" in Europa sulla necessità dell'unità europea sul tema. "O affrontiamo la questione e troviamo delle soluzioni tutti insieme, o le questioni non le risolveremo mai". "Intendiamo porre politicamente il problema dell'immigrazione a tutta l'Ue", ha detto ancora Tajani. "L'Italia non può essere il luogo dove vengono trasportati tutti i migranti. Salviamo le vite umane, ma l'Europa deve intervenire per affrontare in maniera strategica la questione".

Qualcosa si muove

Centinaia di migranti sui ponti delle navi umanitarie, in condizioni meteo complesse, attendono di conoscere il loro destino. Dall'Europa è partito un pressing per far sì che Roma permetta lo sbarco di tutti i passeggeri recuperati in mare durante le diverse operazioni di salvataggio: "C'è un obbligo giuridico e morale di salvare vite in mare - commenta una portavoce della Commissione - e c'è un obbligo giuridico per gli Stati di farlo a prescindere dalle circostanze che hanno portato le persone a trovarsi in difficoltà". Per l'Italia il coinvolgimento europeo non è più rinviabile: tra una settimana, il prossimo 14 novembre, al vertice europeo dei ministri degli Esteri, Tajani riproporrà ai partner europei le criticità più urgenti secondo il governo Meloni. Provando a portare "a casa" impegni concreti almeno a livello diplomatico.

Qualcosa si muove però. Tutti gli 89 migranti a bordo della nave Rise Above, della ong Mission Lifeline, sbarcano nel Porto di Reggio Calabria. A differenza di quanto avvenuto a Catania per Humanity 1 e Geo Barents poiché nel caso della Rice Above si tratta di un evento Sar. Ovvero, la nave battente bandiera tedesca non avrebbe violato la regola fondamentale secondo il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi: in pratica si è rapportata fin da subito con il centro di soccorso italiano. In sintesi, il fatto che ci sia una sorta di differenza di trattamento è una mossa diplomatica dell'esecutivo per dimostrare all'Europa che gli obblighi della Convenzione sul Mare vengono rispettati, benché solo con Ong non troppo autonome (sempre che si possa definire "autonomia" il rispetto di tutte le convenzioni internazionali sui salvataggi di persone in difficoltà in mare aperto). Come andrà a finire, al Viminale "lo sanno già - scrive oggi la Stampa -. È questione di giorni, ma alla fine scenderanno tutti. Non prima, però, di avere portato a casa qualche segnale di trattativa con i partner sui ricollocamenti e sulla questione giuridica della bandiera".

Un nuovo scontro legale è inevitabile

Cresce intanto la tensione nel porto di Catania sulla Humanity 1 e sulla Geo Barents, le due navi delle Ong con il loro "carico residuale" a bordo, i migranti che non sono stati considerati in condizione di fragilità e ai quali è stato impedito di sbarcare. E poi ci sono quelli in alto mare da più di venti giorni, come i 230 che si trovano a bordo della la Ocean Viking, per ora fuori dalle acque territoriali italiane. "La situazione a bordo è esplosiva. Il disagio mentale tra i naufraghi è esploso e ha raggiunto il limite" avverte la Ong Sos Mediterranee che sta prestando cure anche a tre malati gravi. La nave resta ancora in acque internazionali perché nei giorni scorsi ha chiesto un porto sicuro, oltre all'Italia, anche a Spagna, Grecia e Francia. Attende un segnale.

Uno scontro legale si aprirà poi a giorni, forse a ore, nelle aule giudiziarie: i legali di Humanity 1 hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento notificato al comandante di lasciare il porto di Catania, ma senza una 'scadenza' temporale, e uno al Tribunale civile affinché il giudice disponga lo sbarco immediato delle persone a bordo in quanto profughi. E potrebbe esserci anche un intervento della Procura di Catania. I divieti ai naufraghi (i respingimenti) non hanno infatti trovato sponde di alcun tipo fino a ora nelle giurisdizioni italiane e internazionali, mai.

Sullo sfondo, restano due grandi temi, decisivi. Primo: l'unico vero "factor" rilevante e che influisce sul numero di partenze dal Nordafrica è il meteo, non la presenza o meno di navi umanitarie al largo. Lo dimostrano i numeri, non da oggi. Secondo, il patto di solidarietà sui ricollocamenti volontari, firmato la scorsa estate da 19 Stati dell'Ue e 4 Paesi associati a Schengen (tra i quali la Norvegia), a cuinel weekend hanno aderito anche Danimarca e Islanda, non decolla. La parola chiave è infatti "volontari". Finora non c'è alcun automatismo, alcun obbligo a livello europeo.

Opposizione all'attacco

Il governo Meloni "si sta macchiando d'infamia di fronte al mondo". Così il vicepresidente del Pd, Peppe Provenzano, al termine della segreteria del partito. I migranti bloccati nelle navi delle Ogn, ha sottolineato, "hanno diritto a scendere perché sono richiedenti asilo. C'è una strategia da parte del governo che usa queste vite umane come arma di distrazione di massa rispetto alle vere urgenze del Paese che sono economiche e sociali. Noi non ci faremo distrarre da queste vere emergenze, ma non permetteremo che si calpestino i diritti umani e anche l'onore dell'Italia perché con quello che sta facendo si sta macchiando di infamia di fronte al mondo".

"Stiamo seguendo la situazione al porto di Catania: ci stiamo comportando con umanità ma fermezza sui nostri principi. In tal senso impronteremo le prossime azioni. Stiamo lavorando sia sui tavoli europei che nazionali", ha detto ieri sera il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi a margine della presentazione del calendario dei vigili del fuoco. "Stiamo accogliendo - ha aggiunto - anche altre navi che arrivano con eventi Sar, non stiamo facendo mancare a nessuno l'assistenza umanitaria cone ci viene internazionalmente riconosciuto". Quanto ai migranti rimasti a bordo delle navi, "sono costantemente monitorati dagli organismi competenti". 

Il diritto internazionale in teoria è però molto chiaro su questo punto: quando una barca chiede di approdare con dei naufraghi a bordo, è il porto più sicuro e più vicino che deve accoglierla.

Cosa significano "carico residuale" e "sbarco selettivo"

Ma cosa significano, in termini tecnici, le due espressioni "carico residuale" e "sbarco selettivo", al centro del dibattito da giorni? "Carico residuale" sono parole ussate dal ministro dell’Interno per i 35 migranti che il governo ha costretto a restare a bordo dell'Ong tedesca Humanity 1. Per Piantedosi, si tratterebbe di uomini che si trovano in buona salute e proprio per questo motivo non sarebbe necessario prestare loro soccorso, visto che il governo ha deciso di far sbarcare, oltre a donne e bambini, solo chi è in cattive condizioni psico-fisiche.

La definizione di "sbarco selettivo" parte sempre dalle parole dette sempre da Piantedosi e da altri esponenti del governo, come l’attuale ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.  Secondo i partiti di opposizione e gli attivisti delle Ong, è stata usata per "dividere" i migranti sulle navi in persone che si trovano in cattive e buone condizioni di salute psico-fisica e dare così la possibilità solo alle prime (dove vengono considerati anche donne e bambini) di essere salvati, mentre gli altri dovrebbero, sempre secondo il governo, restare sulle navi che hanno prestato loro soccorso per tornare indietro o negli Stati di cui le Ong fanno parte.

Nelle ultime settimane e mesi i migranti salvati dalle navi umanitarie sono stati meno del 20 per cento di quelli arrivati in Italia lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Ben oltre l'80 per cento del totale arriva direttamente a terra, sulle nostre coste, con barconi, barchini o su navi della Guardia Costiera che li hanno soccorsi. L'ultimo esempio nelle scorse ore. Proprio la Guardia Costiera ha soccorso un grande peschereggio che era partito da Tobruk con quasi 500 immigrati imbarcati. Divisi tra la stessa unità, un’altra della finanza più altre due a supporto, i migranti sono scesi nei porti di Pozzallo e Augusta.

Quella in corso è una battaglia politica su un fenomeno epocale e difficilmente inquadrabile con regole uniformi a livello globale come quello migratorio: ma secondo le norme internazionali, il soccorso in mare e la gestione dell'immigrazione sono temi non sovrapponibili. Non lo sono stati, non lo sono oggi e difficilmente lo saranno in futuro. Gli sbarchi selettivi sono inconciliabili con il diritto umanitario e marittimo. Se lo stallo in Sicilia potrebbe non durare a lungo, lo scontro politico durerà invece molto di più: oggi a livello continentale viene richiesto uno sforzo troppo grande a quei Paesi che, per ragioni geografiche, si trovano in prima linea, come l'Italia, la Spagna o la Grecia.

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