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Sabato, 27 Aprile 2024
Spy story tra Italia e Russia

Segreti "da vendere" alla Russia: il caso Biot e il mondo delle spie 

I documenti riservati, i video, gli incontri nel parcheggio di un supermercato di periferia: la ricostruzione di un caso di spionaggio che si intreccia tra Italia e Russia. Dalle dinamiche da 007 ai dossier che scottano: l'intervista all'esperto di intelligence Gianni Cipriani

Da un lato la casa a Pomezia, la famiglia, la carriera prestigiosa nella Marina militare, dall'altro i documenti segreti, la vita da spia e gli incontri con un funzionario russo nel buio parcheggio di un supermercato di periferia. Sono due facce della stessa medaglia, una di quelle che il capitano di fregata Walter Biot poteva esibire sulla sua uniforme militare, adesso sostituita dalla divisa riservata agli ospiti del carcere di Regina Coeli di Roma, dove il 56enne si trova rinchiuso con l'accusa di spionaggio. 

Un 'tradimento' che andava avanti da mesi, e forse anche di più, la cui dinamica è venuta alla luce attraverso le indagini. Un copione sempre uguale, degno del migliore (o del peggiore?) film su 007, in cui il militare fotografava con il cellulare le schermate del pc con i documenti riservati, per poi consegnare la scheda di memoria ad un ufficiale russo accreditato presso l'ambasciata di Mosca in Italia, dietro un compenso economico. Un piano interrotto sul 'più bello' lo scorso 30 marzo dal blitz dei carabinieri del Ros e 'provato' dalle immagini raccolte grazie alle telecamere installate nell'ufficio di Biot. L'uomo al centro di una trama, quantomai complessa e con più domande che risposte. Una spy story in piena regola in cui, ancora, qualcosa non torna.

Chi è Walter Biot

Nel tentativo di scomporre un caso avvolto ancora in una fitta coltre di nebbia, non si può che iniziare dal personaggio principale: Walter Biot. Sposato con quattro figli, 56 anni, residente a Pomezia, in provincia di Roma. La sua carriera nella Marina militare era iniziata molto presto e si avviava ad una conclusione ''serena'', almeno prima che venissero a galla le sue attività segrete. Accuse pesanti, che hanno lasciato increduli familiari e conoscenti, soprattutto alla luce del ruolo che Biot ricopriva nella Marina. 

Prima dell'arresto per spionaggio, il capitano di fregata era assegnato al terzo reparto dello Stato maggiore della Difesa, ufficio Politica militare e pianificazione. Un settore ai vertici, molto delicato, che consente di venire in contatto con documenti, militari e non, classificati con alti livelli di riservatezza.

Lo staff di questo ufficio si occupa di formare le direttive politiche in tema di sicurezza per poi tradurle in direttive militari. Tra i diversi compiti c'è anche la gestione delle relazioni internazionali riconducibili al capo di Stato maggiore della Difesa, l'elaborazione di linee d'azione in materia di distensione e disarmo, e la consulenza nelle trattative internazionali di interesse militare. Un posto in prima fila per entrare in contatto con dossier ''caldi'', come quelli di cui poteva disporre Walter Biot. Come anticipato, il 56enne aveva iniziato presto la carriera militare: prima sottufficiale, poi ufficiale dopo un concorso interno, e il ruolo strategico di ''guida caccia'', un incarico che, in gergo militare, fa riferimento agli addetti alle operazioni aeree, tra cui la gestione radar e la guida dei caccia intercettori. Un ruolo che ha portato Biot a trascorrere molto tempo a bordo dei cacciatorpedinieri e della portaerei Garibaldi.

Nel 2008 passa all'ufficio stampa dello Stato maggiore della Marina militare, prima di arrivare nel 2010 nella sezione internazionale della Pubblica informazione del ministero della Difesa, posizione che manterrà fino al 2015. Poi l'approdo all'ufficio Politica militare dello Stato maggiore della Difesa e l'arrivo ai giorni nostri. Una carriera prestigiosa, su cui adesso incombe una macchia enorme.

La difesa di Walter Biot

Nel frattempo il diretto interessato ha parlato soltanto attraverso il suo legale, l'avvocato Roberto De Vita. Secondo il difensore, Biot sarebbe in grado ''di poter grandemente ridimensionare la vicenda'': ''Non poteva avere accesso a informazioni di interesse strategico o operativo: il suo incarico non gli poteva garantire di avere a disposizione questi dati. Non è possibile visualizzare su un pc il contenuto di documenti ad alto livello segretezza, sono documenti che si possono solo stampare".

"Abbiamo depositato richiesta alla Procura di Roma per potere ottenere copia forense di tutto il materiale sequestrato, compreso i tre video fatti con la telecamera nascosta nel suo ufficio - ha spiegato alla stampa il legale - Per questo abbiamo nominato un consulente tecnico informatico e l’analisi dei video è utile per capire se c’è corrispondenza tra quello trovato nella chiavetta usb e quello che sarebbe stato fotografato".

"Ci stiamo confrontando, gli elementi raccolti ribadiscono che lui non aveva accesso ad alcun tipo di documento che riguarda la sicurezza dello Stato o strategico in tema anche di operazioni militari - prosegue il difensore - Dall’analisi dei registri e dei protocolli emergerà proprio questo. Restiamo, comunque, in attesa di essere convocati dai magistrati per l’interrogatorio e della fissazione dell’udienza davanti al tribunale del Riesame". 

I documenti segreti e gli incontri con i russi

Probabilmente non conosceremo mai i dettagli dei documenti ceduti da Biot agli ufficiali russi, ma l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Roma, Antonella Minunni, nei confronti di Walter Biot, parla di ben 9 documenti di natura militare classificati come riservatissimi e di altri 47 dossier di tipo 'Nato Secret'. Nella scheda di memoria sequestrata al capitano di fregata sono state trovate 181 foto di documenti cartacei classificati. Biot è stato anche ripreso mentre era intento a fotografare le schermate del computer: lo scorso 16 marzo lo Stato Maggiore della Difesa aveva fatto installare una telecamera nell'ufficio del capitano di fregata. 

Nei filmati si vede Biot che fotografa documenti cartacei direttamente dal monitor del suo pc in tre diversi giorni: il 18, il 23 e il 25 marzo. Nell'ultimo video, quello del 25, l'ufficiale di Marina dopo aver scattato le foto, toglie la scheda di memoria dal cellulare, la infila in un bugiardino di un medicinale e nasconde nello zaino la scatola, che sarà poi trovata e sequestrata dai Ros dopo l'arresto in flagranza in un parcheggio di Spinaceto.

Il copione degli incontri era sempre lo stesso: il funzionario russo scendeva dalla metropolitana al laghetto dell'Eur, zona a sud della Capitale, prendeva l'autobus a pochi metri dalla metro e dopo alcune fermate scendeva subito oltre il raccordo anulare: a Spinaceto, periferia di Roma. Dopo aver controllato che l'ufficiale italiano non fosse seguito da polizia o servizi segreti, avveniva l'incontro con Walter Biot, in un parcheggio nei pressi del supermercato Carrefour.

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Uno scatto di Alexey Nemudrov, uno dei due ufficiali russi coinvolti nel caso Biot (Foto Ansa)

Gli incontri avvenivano in auto, come testimoniato dalle immagini raccolte grazie alle telecamere nascoste nella vettura di Biot. Scambi che sono andati avanti per mesi, fino alla scorsa settimana, quando il 56enne italiano si è presentato con un'auto differente, insospettendo i carabinieri del Ros che, una volta accertato lo scambio, sono intervenuti ed hanno arrestato entrambi.

Il fatto che gli scambi con i russi andassero avanti da mesi viene confermato anche dal gip: "Modalità esecutive che mostrano in maniera palmare l'estrema pericolosità del soggetto stante la professionalità dimostrata nel compimento delle suddette azioni desumibile dai parecchi strumenti utilizzati (4 smartphone) e dagli accorgimenti adottati. Biot si occupava della proiezione degli assetti italiani della Difesa in teatri operativi esteri e anche di operazioni Nato, Ue e Onu".

"Gli elementi sono sintomatici  dello spessore criminale dell’indagato che non si è posto alcuno scrupolo nel tradire la fiducia dell’istituzione di appartenenza al solo fine di conseguire profitti di natura economica - si legge nell'ordinanza - Tali accurate modalità nell’agire, quali ad esempio l'inserimento della scheda Sd all'interno del bugiardino dei medicinali così come il fatto che dai telefoni in suo possesso non emergono appuntamenti o contatti con l'agente russo. Esistono pressanti esigenze di tutela della collettività stante la pericolosità sociale del soggetto ampiamente desumibile dalle modalità stesse di commissione del fatto".

I problemi economici e la famiglia

L'arresto del 56enne ha lasciato sbalordite molte persone, in primis i membri della sua famiglia. La moglie Claudia Carbonara, nei giorni scorsi, ha provato a giustificare così l'operato di Biot: ''Mio marito non voleva fottere il Paese, scusate la parola forte. E non l’ha fatto neanche questa volta, ve l’assicuro, ai russi ha dato il minimo che poteva dare. Niente di così compromettente. Perché non è uno stupido, un irresponsabile. Solo che era disperato. Disperato per il futuro nostro e dei figli. E così ha fatto questa cosa...''

''Walter era veramente in crisi da tempo - ha spiegato la donna - aveva paura di non riuscire più a fronteggiare le tante spese che abbiamo. L’economia di casa. A causa del Covid ci siamo impoveriti. Tremila euro di stipendio non bastavano più per mandare avanti una famiglia con 4 figli, 4 cani, la casa di Pomezia ancora tutta da pagare, 268 mila euro di mutuo, 1.200 al mese. E poi la scuola, l’attività fisica, le palestre dei figli a cui lui non voleva assolutamente che dovessero rinunciare. Noi viviamo per i figli, abbiamo fatto sempre tanti sacrifici per loro. Niente vizi, niente lussi, attenzione, solo la vita quotidiana che però a lungo andare fa sentire il suo peso''.

La moglie ha spiegato di essere all'oscuro delle attività dell'ufficiale della Marina militare: "Se solo me ne avesse parlato ne avremmo discusso insieme, avrei provato a dissuaderlo. Per 30 anni ha servito il Paese, dalla Marina alla Difesa, a bordo delle navi come davanti a una scrivania. Walter si è sempre speso per la patria e lo ribadisco: anche se ha fatto quello che ha fatto sono sicura che avrà pensato bene a non pregiudicare l’interesse nazionale. Non è uno stupido, lo ripeto. Ora temo la gogna mediatica. Chi non lo conosce lo ha già condannato, lo ha già crocifisso. Lui la patria l’ha servita''.

Una pista, quella della crisi economica, rimarcata ai giornalisti anche da uno dei figli di Biot: ''Io sono all'oscuro di tutto. Unica cosa, se mio padre lo ha fatto, è per la famiglia, per mantenere noi e la casa. Non certo per andare contro la patria e lo Stato visto che li ha serviti per 35 anni Mio padre ha fatto la seconda Guerra del Golfo è stato in Afghanistan, in Iraq. Questa è una cosa che ci metterebbe nei guai, io già ho problemi a lavoro e mia sorella anche. Ho un impiego part time, faccio giardinaggio. Se lo congedano siamo finiti, ci tolgono i bambini minorenni perché non possiamo mantenerli e io ho già avuto problemi con la legge". 

I documenti e i segreti ''da vendere''

Ma quali sono i dossier che Biot avrebbe potuto cedere ai russi? Per capire meglio alcune dinamiche legate allo spionaggio, utili per fare chiarezza sul caso Biot, abbiamo chiesto lumi al direttore di Globalist Gianni Cipriani, uno dei massimi esperti italiani su temi come i servizi segreti e il terrorismo: ''Esistono diverse tipologie di documenti che potrebbero essere vendute: dai segreti militari d'arma o su alcuni dispositivi, fino alle informazioni sulle esercitazioni e sulla Marina militare italiana che, essendo integrata con la Nato, è di fatto un competitor della Russia''.

''Ma al di là dei dossier su cui c'è molta attenzione mediatica - spiega Cipriani - ci sono altri aspetti di 'human intelligence' da non sottovalutare, come le informazioni extra, i pettegolezzi interni alle stanze, le tendenze, le situazioni personali e tutte quelle informazioni di cui può essere in possesso soltanto chi si trova dentro quegli uffici''.

Un dettaglio che potrebbe assumere una certa rilevanza, soprattutto alla luce delle modalità con cui si diventa una spia, o per meglio dire, una fonte: ''Nel mondo dello spionaggio in generale - spiega Cipriani - esistono quelle che vengono definite 'fonti di accesso'. Elementi che di fatto non fanno spionaggio, ma restano lì, quasi dormienti, in attesa di essere attivati o in cerca di altre possibili fonti. Infatti, in alcuni casi le fonti possono diventare fonti di accesso, indicando i punti deboli di un soggetto, dai problemi economici a quelli familiari, che potrebbero essere sfruttati per poterlo introdurre nella rete e ottenere informazioni''.

Ma il mondo dell'intelligence è fatto di tanti segreti e un pizzico di verità, un meccanismo complesso fatto di tante variabili: ''Conoscere le persone è il primo passo per organizzare bene una rete di intelligence. I russi, ma non soltanto loro, lavorano su più livelli, includendo sia cittadini che diplomatici. Ma non è così semplice ottenere le informazioni a cui si mira: esistono dei livelli di segretezza e dei gradi di compartimentazione, motivo per cui non tutti possono accedere a determinati documenti o semplicemente al 'puzzle' completo''.

''Non va dimenticato poi il controspionaggio, ossia quel gioco della parti in cui si cerca di capire quali informazioni interessano al 'nemico' e se siano realmente quelle al centro delle sue mire. In alcuni casi – conclude l'esperto – i servizi segreti non avvertono la Magistratura, con le questioni che vengono risolte su un altro piano, senza che la notizia venga divulgata. Il fatto che in questo caso la notizia sia stata data in pasto alla polizia giudiziaria e ai media, ha messo in moto un meccanismo giudiziario che adesso non può più essere fermato. Un fatto che ha tutta l'aria di una scelta politica con cui l'Italia ha voluto denunciare l'aggressività della Russia e, chissà, lanciare un messaggio a Biden''.

Tante domande rimangono ancora senza risposta. In attesa di quelle che darà agli inquirenti Walter Biot, protagonista di questa spy story tra Italia e Russia, che per le sue attività ormai non più "segrete" rischia la condanna all'ergastolo.

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